Sanremo. Di outfit e corpi delle donne

Sanremo. Di outfit e corpi delle donne

 

Chiara Ferragniha almeno28,6 milioni di followersu Instagram e qualunque cosa faccia la vedono 28,6 milioni di persone. Sembra banale partire da questo dato ma non lo è perché ogni commento sulla sua persona, e soprattutto sul suo modo di fareattivismo femministaruota intorno a quel numero al quale deve costantemente rendere conto. Per accrescere il suo brand, per alimentare l’ego personale o per lanciare messaggi importanti, decidi tu. C’è chi lo chiama esibizionismo, chi egocentrismo, chi probabilmente centra più il punto e parla dibrand activism. L’influencersi muove con uno squadrone di collaboratori che, nonostante vogliano far credere il contrario, non lascia nulla al caso e ilFestival di Sanremonon ha fatto eccezioni. Aspettarsi qualcosa di diverso rispetto aore di selfie tramutate in presenza televisivaera ingenuo e infatti il copione è stato quello – con qualche buona sorpresa – ma anche molti momenti che hanno lasciato tutti a chiedersi se ce ne fosse bisogno. Spoiler: forse no. Parliamo soprattutto delmonologo. Alcuni spunti buoni ci sono stati ma lo stucchevole accostamentopiccolaChiara non ti abbattere – imprenditrice di successonon ha portato molti nuovi argomenti al tavolo della discussione. Ha portato invece lei,Chiara Ferragni, centrale e centralizzantein ogni mossa, riuscita o meno. Più azzeccata l’idea di parlare attraverso gli outfit,con le dovute puntualizzazioni. La sua prima uscita è di quelle che non ti aspetti a partire dall’hair look, untaglio di capelli corto sopra le spalle, per gli esperti si tratta di unlong bob(nei prossimi mesi vedremo solo long bob, ovunque). Una scelta beauty necessaria per dare risalto all’abito, unDiordisegnato da Maria Grazia Chiuri in collaborazione con ilcollettivo femministaClaire Fontaineil cui pezzo forte è stata una stola con la scrittaPensati libera, rivolta a tutte le donne. Primo capitolo di una serie di abiti manifesti, la scritta ha prestato immediatamente il fianco a unnumero infinito di memein merito e riscritture del claim, dalPensati Poveralanciato da Selvaggia Lucarelli in avanti. C’è chi ha scomodatoAlexandra Ocasio Cortez, paragonando ilDiorsanremese all’abito con la scrittaTax the richindossato dall’astro nascente della politica statunitense alMet Gala del 2021.Ma la realtà è che i due mondi non convergono in alcun modo, nemmeno per un millimetro di stoffa. Non volendo mettere in dubbio la buona fede di Ferragni, è però innegabile chela sua narrazione non tenga conto della situazione di privilegioda dove è partita e nella quale vive e perpetua. Non credo, come molti, che ilbrand activismsia da denigrare e che fare marketing sia necessariamente agli antipodi con il portare avanti istanze sociali, maessere attivista significa qualche volta sporcarsi le mani,dire cose scomode,scardinare anche solo di un soffio quel sistema che invece lei incarna completamente e che la rende agli occhi di molti meno credibile. La moda ha sempre parlato attraverso gli abitie non è certo la prima volta che ci troviamo di fronte a creazioni manifesto: basti pensare alla sfilata diGuccidello scorso settembre che ha portato in passerella una felpa con la scrittaFuori(Fronte Unitario Omosessuale Rivoluzionario Italiano) o alle 1.000 magliette diVivienne Westwoodcontro il patriarcato o la crisi climatica. Anche in quei casi, però, le critiche non sono mancate, perché se da un lato si strizza l’occhio alla rivoluzione, dall’altrosi alimenta un’industria milionaria, fatta per milionari, dalla quale le donne sono spesso escluse, soprattutto se non nate all’ombra del privilegio. Quello del quale non vergognarsi ma nemmeno da nascondere. Parlarne a viso aperto sarebbe stato il vero atto controcorrente,potente quanto il secondo abito,che ricalcando fedelmente il corpo dell’influencerl’ha messa letteralmente a nudo.Un corpo, quello delledonne, sempre al centro di dibattiti e chiacchiericci, discusso e discutibile, del quale raramente si riesce a disporre in piena libertà. La scelta di mostrarlo, anche solo tramite un’illusione, ha voluto dire a tutte che farlo o non farlo non rende una donna più o meno autorevole, e men che menoautorizza gli uomini a disporre di quel corpo a piacimento. Sullo stesso filonel’ultimo look, che Ferragni dedica alla figlia Vittoria e alle bambine che immagina un giorno libere dagli stereotipi di generenei quali spesso ci si sente ingabbiate. La tutina in jersey ricamata di strass è completata da una gonna di tulle ispirata all’opera dell’artista Jana Sterbak e rappresenta la speranza di rompere le maglie imposte dalpatriarcato. Prima del suo ingresso in scena c’era stato spazio per lacreazione Dior contro gli haters, un vestito bianco ricamato con perle nere a formare le frasi ricorrenti sotto i post dell’influencer, soprattutto quelli in cui si mostra in lingerie, costume o con pose giudicate troppo per una mamma e moglie. Il corpo delle donne – ancora lui – sotto accusa. Da sempre protagonista sul palco dell’Ariston, dove soubrette bellissime si sono avvicendate negli anni e le cui immagini sono state scandagliate ai raggi X. Quest’anno il copione si è ripetuto e si ripeterà, ma è innegabile cheFerragni abbia provato, riuscendoci in parte,ad alzare l’asticellacon buona pace per chi denigra il suibrand activism, e a mostrare cheoltre ai lustrini c’è di più. Credit: Giampaolo Sgura Credit: ANSA/ETTORE FERRARI Credit: ANSA/ETTORE FERRARI Credit: ANSA/ETTORE FERRARI