Il tasso variabile è più alto del fisso, per la prima volta dal 2008

La scorsa settimana si è riunito il Consiglio Direttivo dellaEuropean Central Bank(Bce). Obiettivo? Stabilire strategie per lalotta all’inflazione, sostenendo le economie dei Paesi membri, e raggiungendo nel medio termine il 2% di inflazione. LaBceha stabilito l’aumento di 50 punti base dei 3 tassi di riferimento(il tasso relativo alle operazioni di rifinanziamento principali – che raggiungerà il 3% – alle operazioni di rifinanziamento marginali – 3,25% – e quello relativo ai depositi presso la Banca Centrale, 2,50%): un aumento che è previsto in uguale misura anche per la prossima riunione di marzo. L’obiettivo sarà, poi, quello dimonitorare e valutareattentamente la situazioneevitando, se possibile, ulteriori aumenti. Parole promettenti che fannointravedere la fine della stagione del rialzo dei tassi.A far compagnia a questa bella notizia, un miglioramento delle prospettive future anche dallaFederal Reserv System (Fed). IlFederal Open Market Committee(Fomc), ovvero l’organismo dellaFeddeputato alla politica monetaria, ha annunciato unaumento dei tassi d’interesse di 25 punti base,arrivando al tasso più alto dal 2007, pari al 4,50%-4,75%. «Occorrerà tempo perché gli effetti della restrizione monetaria si avvertano, soprattutto sull’inflazione», ha dichiarato il Presidente Jerome Powell durante la conferenza stampa, facendo riferimento alla prospettiva di«un paio»di rialzie mettendo l’accento su comegli aumenti siano diventati più “morbidi” nel corso dei mesi. In Italia a scuotere gli animi è, inevitabilmente, il sensibile aumento dei tassi e, conseguentemente, dellerate dimutuie prestiti.Per la prima volta dal 2008 il tasso variabile risulta essere più costoso del tasso fisso:l’Euribora 3 mesi- ovvero il tasso di riferimento per le banche che si scambiano denaro tra loro, con un prestito che prevede una restituzione, appunto, a 3 mesi – ha raggiunto il 2,56% e gli analisti lo proiettano presto al 3%, mentre il tasso diEurirsa 30 anniè al 2,39%, secondo i dati delSole 24 Ore. Anche in questo caso, però, siamo confortati da dati positivi: è vero che un tasso variabile così alto non lo si vedeva da 14 anni, ma è anche vero chele stime prevedono il raggiungimento del 3,4% entro la fine del 2023 per poi diminuire nei 2 anni successivi tornando al di sotto del 2,5%.Certo è che di strada ne è stata fatta rispetto all’inizio del 2022, quando questo era ancora negativo, fermo a -0,5%. Una situazione che ricalca quella già vissuta nel2008,quando l’aumento dei tassi di interesse ha portato al superamento dell’Euriborsull’Eurirs.Coloro che quell’anno hanno scelto di “rischiare” preferendo un tasso variabile ne sono usciti, in un certo senso, vincitori. Questo perché l’economia rappresenta un cerchio e, dunque,anche prezzi e tassi tendono a ritornare verso i valori di media:è la logica delMean Reverting. Anche in questo caso, quindi, i coraggiosi che accettano untasso variabilepotrebbero esserepremiati in un futuro non molto lontanocon rate più basse. Il tasso fisso, invece, seppur a oggi risulta più conveniente, ha un valore più che raddoppiato rispetto a un anno fa, presentando così un conto piuttosto salato ai suoi mutuatari. Tuttavia, non si ha la certezza di un possibile abbassamento deitassi di interessee, per questo motivo, molti adottano un’altra strategia:scegliere un tasso fisso e puntare a un’eventuale rinegoziazione in relazione agli eventi del mercato. Sicuramente alla base della scelta deve esserci una attenta analisi dei redditi disponibili e una consapevolezza dei costanti cambiamenti a cui è soggetto il mercato, così da trovare il giusto compromesso per le proprie esigenze.