Cosa ci insegnano gli aironi guardabuoi

È possibilevalutare la salute dei terrenie l’efficienza dei metodi di coltivazione e allevamento usando come parametro la presenza di alcuni volatili sui campi? Lo stanno facendo in queste settimane gli agricoltori britannici, alle prese con incontri sempre più frequenti con gli aironi guardabuoi. Si tratta di uccelli dal piumaggio candido e dal becco giallo,generalmente avvistabili nei pressi delle mandrie al pascolo. Il motivo è presto detto: gli aironi si nutrono di cavallette, coleotteri e lucertole tipicamente presenti sui manti erbosi, oltre a zecche e altri parassiti che possono stazionare sui bovini. La loro presenza, però, è interpretata positivamente dagliagricoltori che hanno adottato le misure dell’agricoltura rigenerativa:riduzione al minimo dell’alterazione fisica e biologica del suolo, tenuto sempre coperto da vegetazione, eaumento dellabiodiversitàdelle specie vegetali e di quelle animali. La presenza degli aironi sarebbe dunque ilsegno tangibile della salubrità dell’ecosistema. E l’aumento del numero dei volatili registrati negli ultimi anni lo confermerebbe. Gli aironi guardabuoi hanno colonizzato il Nord America all’inizio del XX secolo esi sono diffusi a nord attraverso l’Italia e la Francianegli anni ‘80. Si sono poi riprodotti per la prima volta in Gran Bretagna nel 2008 e,dopo un periodo senza grandi avvistamenti, negli ultimi anni se ne trovanotracce sempre più frequentemente, in particolare in corrispondenza di terreni in cui si pratica l’agricoltura rigenerativa. In Gran Bretagna si sono contate 35 coppie nidificate nel 2020 in 11 siti nel Somerset, Hampshire, Essex, Kent, Sussex, Norfolk e Northamptonshire. Mentre oltre una cinquantina di garzette, uccello della famiglia degli ardeidi, sono stateavvistate nei pressi di terreni e fattorie rigenerative. Intervistato dalGuardian,l’autore e naturalistaStephen Moss si è detto feliceper la presenza dei volatili. Estendendo, però, la riflessione a cosa significhi questa nell’ottica del cambiamento climatico in corso. «È una buona notizia – ha affermato Moss – che i lungimiranti agricoltori dei paesi occidentali stiano dando una mano a uno dei nostri ultimi coloni attraverso l’agricoltura rigenerativa. Ma – ha precisato – mentre amo vedere questi bizzarri uccelli, in particolare mentre si nutrono insieme al bestiame come suggerisce il loro nome, è importante rendersi conto chesenza gli inverni miti a causa del cambiamento climatico non sarebbero in grado di sopravvivere qui tutto l’anno». Proprio iltema dell’agricoltura rigenerativaè stato tra i punti di discussione della quindicesima sessione della Conferenza delle Parti della Convenzione delle Nazioni Unite per la lotta alla desertificazione (Cop15), tenutasi nel maggio 2022 ad Abidjan, in Costa d’Avorio. Qui, attraverso esempi virtuosi riportati nella seconda edizione delGlobal Land Outlook- sui cui esiti si è imperniato l’incontro – si sono ipotizzati gli scenari futuri. Concordando che la lotta alla desertificazione passa anche per la cura dei terreni e del suolo. Per cui l’agricoltura rigenerativa sembra costituire pratica virtuosa.