Smartphone a scuola: opportunità, rischio o entrambi?

Si chiama“Smartphone al muro”l’iniziativa lanciata dall’Istituto professionale Luigi Einaudi di Ferrara: consiste neldepositare il proprio telefono in una saccaper recuperarlo, poi, a fine lezione. È solo una delle tante idee che, in tutta Italia, puntano a lasciare i cellulari fuori dall’aula e ridurre le distrazioni. Sembrerebbe una cosa semplice da mettere in atto, ma si tratta ormai didispositivi talmente pervasivi e integrati nella nostra quotidianità, che non è così facile separarsene: né per gli adulti, né per i bambini. Nemmeno a scuola. «Lapandemiaha determinato una bruscaaccelerazione nell’utilizzo delle nuove tecnologie anche a scuola. Prima dell’emergenza sanitaria, gli strumenti digitali erano confinati ai momenti perlopiù di svago o gioco dei ragazzi. Il Covid-19 ha condotto a un punto di non ritorno tra il prima e il dopo: ha fatto entrare, per necessità,lo strumento digitale nella didattica.Non solo per fruire di contenuti e materiali,ma anche per mantenere contatti e relazioni con insegnanti e compagni», ha spiegato aLa SvoltaIvana Barbacci, Segretaria nazionale Cisl Scuola. Una circolare delMinistro dell’Istruzione e del MeritoGiuseppe Valditara, diffusa a ridosso delle vacanze natalizie, ha chiesto un impegno maggiore alle istituzioni scolastiche e haribaditoil divieto dei cellulari in classe se non per finalità didattiche. Nulla di nuovo sotto il sole: si tratta diun’indicazione che esiste dal 2007,contenuta nelladirettiva ministeriale 104del 30 novembre dello stesso anno. Secondoun’indagine di Studenti.itcondotta su un campione di 700 studenti, lo smartphone vieneritirato all’entrata e restituito all’uscita solo nel 26% delle scuole, perlopiù con la classica scatola di cartone sulla cattedra. La circolare ministeriale non prevede ovviamente sanzioni per l’uso degli smartphone. Il documento fa appello più che altro al “senso di responsabilità” di docenti e alunni. Ma vi è un invito indiretto rivolto agli istituti a rivedere i propri regolamenti interni. Impresa tutt’altro che semplice se si pensa chein Italia l’85% degli adolescenti tra 11 e 17 anni usa quotidianamente lo smartphone e il 72% naviga online tutti i giorni.In media, la maggior parte degli adolescenti trascorredalle 3 alle 6 ore al giornoimpegnato sul telefono. Un lasso di tempo troppo lungo per non comprendere anche le ore di lezione. Il tempo trascorso si abbassa leggermente in preadolescenza, tra gli 11 e i 13 anni, quando genitori e docenti riescono ancora a teneresotto controllo modalità e tempi d’uso. «I nuovi device, le chatroom, le chiamate di grupposono strumenti da cui non possiamo più prescindere. Si è sviluppato un vero e proprio linguaggio parallelo, rispetto a quello tradizionale: è un cambiamento che fa parte della Storia della civiltà», continua Barbacci. «È normale che nello sperimentarela didattica a distanzaci siano state delle storture e anche delle involuzioni, cheper colmare dei vuoti, dati dall’isolamento e dalle restrizioni,se ne siano creati degli altri, soprattutto rispetto alle relazioni interpersonali”. Francesca Morpurgo,Consigliera Municipale per la lista Roma Futura Femminista Egualitaria Ecologista, in passatosi è occupata di internet marketing, nuove tecnologie e intelligenza artificiale. «Le informazioni a cui si ha accesso sono potenzialmente illimitate, mal’attenzione è discontinua, distratta, priva approfondimento. È un cambiamento che riscontropersino nei libri di testo: non sono come i vecchi manuali. Le pagine si dividono in minuscoli paragrafi, tabelle, decine di immagini. Tutto sembra studiato per tenere agganciato lo studente, proprio come accade nei blog online. Ancheil cartaceo è influenzato dalle modalità di fruizione digitale». «Naturalmenteè un linguaggio che va governato» incalza Barbacci, «Deve sussistere un certogrado di consapevolezza tra gli adulti nell’introdurre questi strumentie nell’educare i bambini e i ragazzi al loro utilizzo. La scuola, gli insegnanti e i genitori hanno una grande responsabilità in questo senso:devono sempre affiancare al digitale esperienze interpersonali, devono far uscire i bambini dalle loro stanze, spingerli a intraprendere sport, attività all’aria aperta, laboratori teatrali». E aggiunge: «Vietare in assoluto l’utilizzo del cellulare o del tablet a scuola è anacronistico: la scelta più giusta ènormalizzare l’uso di questi strumenti anche in aula,mostrare ai ragazzi i lati più utili e positivi dei dispositivi digitaliper ricerche, video divulgativi, vocabolari online». C’è poi la piaga deldigital gap, il divario tra chi ha a disposizione device digitali e chi invece non ha le stesse opportunità. Secondo l’indice per la digitalizzazione dell’economia e della società (Desi) 2022, nonostante i notevoli progressi,l’Italia si colloca ancora al 18esimo postofra i 27 Stati membri dell’Ue. Un aiuto in questo senso arriva dal Pnrr:nel complesso, sono4.9 miliardile risorse mobilitate dalPiano ripresa e resilienza. Tanti e vari gli interventi previsti: si va dagli800 milioni per la formazione dei docenti nelladidattica digitaleintegrata ai 445 per il potenziamento delle reti locali, cablate e wireless delle scuole. Poi ci sono i455 milioni per gli schermi interattivinelle aule e i99 per la creazione di ambientiStem.