Transizione energetica, promossi e bocciati

Aumentano gli investimenti sul piano dellatransizione energetica. Anche sulla scorta delle necessità indotte dallacrisi energeticaa seguito dell’invasione russa in Ucraina. Mac’è ancora da fare per la lotta al cambiamento climatico. Specie nell’ottica dell’agognatacarbon neutralityentro il 2050. Queste, in sintesi, le evidenze ricavate dal rapporto redatto daBloombergNefsullo stato degli investimenti per la transizione green nel mondo. A guidare la classifica è la Cina, che marca un significativo distacco con gli altri Paesi. Quasi la metà degli investimenti nella transizione verde – secondo i dati forniti da Bloomberg – fanno capo al dragone. Un trend già intercettato dalGreen Future Index 2022, la valutazione effettuata dalMIT Technology Review(rivista delMassachussetts Institute of Technology) sulla capacità delle nazioni di sviluppare un futuro sostenibile. E che in un vasto spettro di indicatori tiene conto anche degli investimenti nelle rinnovabili e delle politiche verdi sviluppate. La Cina, nel rapporto reso pubblico nell’aprile scorso, è risultata 26esima su 76 Stati. Salendo di venti posizioni rispetto alle rilevazioni precedenti. Sintomo di una rinnovata attenzione alle politiche green, confermata a più riprese nei discorsi pubblici dell’establishment di Pechino. In ultimo, anche nel ventesimo congresso del Partito, quello delconferimento del terzo mandato a Xi Jinping. Tornando alla classifica diBloombergNef,alla Cina fanno seguito Stati Uniti e le europee Francia e Germania. Ma è significativoil distacco da Pechino sugli investimenti per policy ambientali. In un anno – non va dimenticato – in cui il conflitto ucraino ha segnato una ineluttabile rimodulazione delle politiche interne per far fronte alla crisi energetica. In generale, però, le evidenze emerse dal report dicono di dati incoraggianti. Specie se si considera la quantità di denaro speso in rinnovabili:sfondato,per la prima volta, il tetto di 1000 miliardi di euro di investimenti in tutto il mondo– più 31% rispetto all’anno precedente – con un dato vicino ai fondi destinati ai combustibili fossili. Sul punto il responsabile dell’analisi diBloombergNef,Albert Cheung, è fiducioso: «Gli investimenti nelle tecnologie energetiche pulite sono pronti a superare gli investimenti nei combustibili fossilie non torneranno indietro», il suo commento. Nonostante l’entusiasmo venga frenato da una considerazione inevitabile:occorre fare molto di più per la lotta al cambiamento climaticose – come stabilito – l’obiettivo è la decarbonizzazione entro il 2050. Sul versante europeo, l’obiettivo di unacarbon neutralityè fissato in due step: unariduzione del 55% entro il 2030, e un azzeramento, appunto, entro il 2050. E l’urgenza di raggiungere questi obiettivi è ormai lapalissiana, se non altro considerando i picchi di temperature che negli ultimi otto anni hanno superato quelle di fine Ottocento. Per questo, le evidenze rispetto a uno slancio nello sviluppo di tecnologie verdi – specie nei settori dell’energia e dei trasporti, come rilevato anche dai rapporti dell’International Energy Agency(Iea) – sono importanti. Come importante è la considerazione emersa nel Convegno del 25 gennaio alCnelorganizzato dalForum Disuguaglianze,Crefe l’Istituto Sant’Anna di Pisaper presentare gli esiti della ricerca delcentro Enrico Fermisullo sviluppo delle tecnologie green: “La trasformazione verde – è stato detto – è un processo già in atto e non è in conflitto con lo sviluppo”. E lo è anche inItalia, quinta, secondo la ricerca, in Europa (la precedono Germania, Inghilterra, Francia e Austria) sul parametro deibrevetti verdi, ossia losviluppo di innovazioni tecnologiche legate alla mitigazione e all’adattamento al cambiamento climatico, seppur con profonde disparità regionali. E con la necessità – propria non solo dell’Italia – di implementare le politiche ambientali per raggiungere l’obiettivo di ridurre le emissioni e far fronte alle sfide incombenti.