Migranti: i nuovi piani europei per rafforzare i controlli

Tra le acque del Mediterraneo ci sono due navi che stanno solcando le onde per raggiungere al più presto i porti sicuri assegnati dalle autorità. LaGeo Barentsdi Medici Senza Frontiereè diretta a La Spezia, a 660 miglia nautiche – più di 1.000 km – dalla zona di ricerca e soccorso in cui ha salvato 237 persone di 22 nazionalità diverse, tra cui 87 minori. Tra loro, 74 hanno tentato la traversata nel Mediterraneo da soli. La nave diSos Méditerranéeche ne ha soccorse 95, tra cui una trentina di minori, che si trovavano a bordo di un barcone in acque internazionali al largo della Libia è diretta verso Marina di Carrara, a 1.500 km, dove è attesa per lunedì: i naufraghi sullaOcean Vikinghanno raccontato che almeno in quattro sarebbero caduti dall’imbarcazione prima dell’arrivo dei soccorsi: «Li abbiamo cercati per ore, da soli, sino al sopraggiungere del buio», spiega il team. Ma non hanno trovato nessuno. Lanuova strategiadel Viminale sui soccorsi in mareobbliga le Ong a effettuare un solosalvataggioalla voltae sbarcare in un porto che dista più giorni di navigazione. I costi del carburante stanno diventando insostenibili. Le navi sono costrette ad avviare campagne di donazione straordinarie, come ha fatto ierilaSea Eye 4, o a fermarsi: è il caso della spagnolaOpen Arms, dell’italianaMediterraneae dellanuova nave di Emergency,Life Support,ferma nel porto di Livorno dal 14 gennaio. In una lettera ai capi di Stato e di Governo dell’Unione europea, la Presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen ha definito le migrazioni “una sfida europea, alla quale dobbiamo dare una risposta europea”. Lo ha sottolineato in vista del Consiglio Europeo straordinario del 9 e 10 febbraio, in cui si discuterà, tra le altre cose, anche della gestione dei fenomeni migratori. In un allegato alla lettera, von der Leyen ha indicato un piano in 15 punti per “rafforzare le frontiere esternecon il dispiegamento coordinato delle risorse dell’Ue nei punti strategici, tenendo conto delle differenze tra confini terrestri e marittimi, nonché sostenere il nostro lavoro con migliori informazioni e allerta precoce”, collaborando con “i partner del Mediterraneo e dei Balcani occidentali, per consentire di affrontare le questioni più vicino alla fonte”. Chiede ai 27 dell’Ue diaccelerare le procedure di frontiera “per sbloccare i rimpatri di chi non ha diritto all’asilo, intensificando il sostegno agli Stati membri maggiormente sotto pressione, anche attraverso un’efficace ricollocazione mediante il meccanismo volontario di solidarietà, che dovrebbe fungere da precursore di un meccanismo permanente” e mobilitando “fondi Ue per aiutare gli Stati membri a rafforzare le infrastrutture per il controllo delle frontiere”. La Commissione Ue cambia posizione rispetto alla costruzione di muri e barriere, questione su cui era sempre sembrata intransigente finora. Ora Von der Leyen definiscela costruzione della barriera tra Bulgaria e Turchia“una priorità” che costa cara, però: circa 2 miliardi di euro, che l’Austria chiede all’Ue di finanziare per arginare l’ingresso di migranti via terra. Ma il portavoce capo della Commissione Europea Eric Mamer, durante un briefing con la stampa a Bruxelles, chiarisce che la Commissione europea non finanzia «muri» alle frontiere, ma solo «infrastrutture fisse e mobili» che aiutino gli Stati membri a proteggere i loro confini, prevenendo gli ingressi di migranti irregolari. «Spetta agli Stati membri determinare i mezzi migliori per proteggere la frontiera e l’Ue è lì per sostenerli», ha spiegato Mamer. Dalla lettera di Von der Leyen emerge che Bruxellespunta su confini, ricollocamenti e rimpatri, attraverso 4 aree di intervento: i confini esterni dell’Ue, i ricollocamenti, i movimenti secondari attraverso la registrazione di tutti gli arrivi ai confini esterni e i rimpatri, rafforzando gli accordi con i Paesi di provenienza e transito. Il ministro dell’Interno italianoMatteo Piantedosipropone un terzo modello europeo sui rimpatri,il «rimpatrio forzato accompagnato», che parta dal superamento della contrapposizione tra quello dei rimpatri forzati e quello dei rimpatri volontari assistiti: «Un’operazione di ritorno che sia associata a progettualità di reintegrazione, anche in caso di rimpatri forzati, può infatti agevolare la collaborazione dello straniero, stimolare i Paesi terzi di provenienza a rafforzare la cooperazione e concorrere a contrastare le cause profonde dell’immigrazione».