Chi investe nei biocarburanti?

Chi investe nei biocarburanti?

 

Arriva a Rotterdam ilpiù grande impianto di biocarburanti: specializzato in combustibile per aviazione, rappresenterà uno dei progetti più importanti nel contesto della transizione energetica a livello europeo. Un progetto che ha alla base una sinergia tra potenze del settore, ma che porta anche la firma italiana: alla realizzazione, oltre la franceseTechnipe alla finlandeseNeste, prenderanno parteEnicon le sue raffinerie riconvertite e la friulanaRizzani De Eccher. A entrare in scena sono quindi diversi attori sul panorama europeo. La parte tecnologica viene allora affidata al colosso franceseTechnip, che lavorerà per riuscire a inaugurare la prima parte dell’impianto entro il 2025.A portare il tricolore nel progetto è inveceRizzani De Eccher, che si occuperà delle opere civili e infrastrutturali. «Il Nord Europa è sicuramente più avanti nello sviluppo di progetti per la decarbonizzazione» affermaGiovanni Cerchiarini, amministratore delegato diRizzani De Eccher. E prosegue: «Si tratta di un processo in corso che ci accompagnerà nei prossimi decenni e sarà un volano importante per l’occupazione non appena verranno sbloccati gli investimenti importanti anche in altri Paesi». A fare da traino, è infatti la finlandeseNeste, società che nel corso degli ultimi anni ha saputo adattarsi piuttosto velocemente ai cambiamenti in corso: nata come società petrolifera attiva nella raffinazione, si è specializzata in biocarburanti fino a diventareprotagonista nel mondo dei carburantigreen. Una scommessa, quella in direzionebiofuel, che sembra avere ottime possibilità di successo. Guardando i numeri, secondo lo studio dellaPrecedence Research, una società di consulenza e ricerca,il giro d’affari dei biocarburanti sembra destinato a raddoppiare nel corso dei prossimi 10 anni,passando da un valore di 109 miliardi di dollari del 2021 ai201 miliardi previsti per il 2030. «Il diesel rinnovabile rappresenta la quota maggiore di questa espansione annua, grazie a politiche interessanti negli Stati Uniti e in Europa» fa sapereIea, l’Agenzia Internazionale dell’Energia. E prosegue: «I requisiti di miscelazione e gli incentivi finanziari sostengono la crescita della domanda in India e in Brasile, mentre l’obbligo di miscelazione del 30% di biodiesel in Indonesia ne incrementa l’uso». Ma come nasce il biocarburante?Il carburante del futuro o di seconda generazione viene prodotto dagli scarti agricoli. Oli alimentari esausti, semi non alimentari, terreni dismessi: tutto può essere utile per la sua produzione. Più nello specifico, ilbiodiesel tradizionalesi ottiene dalla transestertificazione di olii vegetali con alcol metilico o alcol etilico; ilbiodiesel avanzato, invece, è ottenibile a partire da biomasse derivanti da residui agricoli o colture energetiche non alimentari. «Per questo motivo» spiegaLuigi Ciarrocchi, direttoreForestry & Agro-Feedstockdi Eni «stiamo sviluppando una rete di agri-hub nei Paesi africani, ma anche in Italia insieme aBonifiche Ferraresi, con una serie di accordi in Kenya, Benin, Congo, Angola, Mozambico e altri Paesi per lo sviluppo di colture oleaginose». Proprio inKenya, infatti, l’azienda ha apertoil primo agri-hubnel luglio dello scorso anno, cui ne seguirà un secondo. Ancora, inCongoè prevista per il 2023 l’apertura di un impianto di spremitura di semi per la bioraffinazione, che andrà ad alimentare le bioraffinerieEnidi Marghera e Gela. Enidunque ha già investito in biocarburanti, ma sembra voler proseguire in questa direzione. Per il 2024, infatti, la società ha previsto l’avvio della produzione diEni Biojeta Gela e Venezia, in attesa di autorizzazione, al fine di riuscire a produrrefino a 500 mila tonnellata di biocarburante all’anno, partendo proprio damaterie prime rinnovabili. E ancora, come quando si parla di sostenibilità, si torna dunque a parlare dieconomia circolare, una delle principali protagoniste nel raggiungimento della decarbonizzazione.