Spina bifida: l’intervento in utero fa la differenza

Alcunibambinilottano per la propria salute ancor prima di venire al mondo. È il caso di quelli affetti daspina bifida,malformazione congenitaprovocata da un difetto nello sviluppo della colonna vertebrale e del midollo spinaleche causa un’incompleta chiusura delle parti che costituiscono il canale spinale.Una condizione che, se non correttamente trattata,può portare a esiti infausti e danni permanenti. La spina bifida è caratterizzata da uno spettro di gravità molto ampio: si passa dalleforme più gravi, le spine bifide aperte,con erniazione all’esterno del midollo e delle radici nervose; a quellemeno gravima difficilmente diagnosticabili in gravidanza,le forme occulte. Nei casi più gravi l’unica possibilitàper abbassare il tasso dimortalitàe diminuire la percentuale di danni neurologici è procedere con undelicato intervento chirurgico, che risulta maggiormente risolutivo se effettuato ancor prima della nascita del bambino, intervenendo quindi direttamentein utero.Operare il feto aumenta infatti la possibilità che il bambino possa poi camminare eriduce rischi di idrocefalo e danni neurologici a lungo termine. Se fino ad alcuni anni fa l’unica opportunità terapeutica per piccoli affetti da spina bifida era l’intervento daneonati, solo a gravidanza terminata,la nuova frontieradella chirurgia fetalepermettequindidi anticipare l’interventoe anche se far operare il proprio figlio prima ancora che nasca può sembrare una scelta estrema, la tempestività è determinante per garantire una prognosi migliore per il nascituro e dar vita a nuove speranze per gli stessi genitori. I risultati conseguiti da bambini operati in utero rispetto a quelli sui quali si è intervenuto solo post partum non sono, infatti, sovrapponibili. Gli studi mostrano chiaramente comequelli con spina bifida operati con chirurgia fetale abbiano riscontrato minori conseguenze neurologiche dopo la nascita e vedano incrementare sensibilmente le proprie possibilità di recupero. Il motivo è che la caratteristica di questemalformazioniè dipeggiorare progressivamente durante il prosieguo della gravidanza, aumentando esponenzialmente la conseguente gravità della connessa disabilità. Intervenire, invece, sul feto permette alla madre di portare a termine la gravidanza ampliando, al contempo, le prospettive future del bambino. Il processo di riparazione posto in essere dall’intervenuto chirurgico continua, infatti, durante le successive settimane di gravidanza, indirizzando le funzioni neurologiche del bambino. L’intervento fetale perspina bifidanon è però cosa semplice:durante la procedura si espone l’utero elo si svuota dal liquido amniotico, per evitare che il feto fluttui durante la procedura. Si arriva poi al dorso fetale, per intervenire sul difetto spinale, e si esegue una correzione della malformazione congenita attraverso l’utilizzo di strumenti di microneurochirurgia all’avanguardia. Quello che conta non è solo la capacità chirurgica dell’operatore ma l’approccio multidisciplinareall’intervento nella sua interezza, la cui buona riuscita è il risultato di una vera e propria sinergia tra professionisti d’eccellenza in campo pediatrico, ginecologico, neurologico e chirurgico. Non esistono certezze granitiche sugli esiti fausti per il feto operato una volta che questo sia nato e cresciuto, ma le evidenze degli ultimi anni sono incoraggianti e la tempestività dell’intervento appare davvero determinante.