Quando si parla dimostrenon si può non parlare del lungo percorso che vi si cela dietro. Ogni mostra, infatti, si pone un obiettivo, che non è quasi mai solo quello di esibire i quadri o le sculture di una pittrice o di uno scultore. Spesso capita, infatti, che le opere esposte non siano neanche tutte della stessa persona; ciò implicaun’estensione dello sguardo:l’attenzione si sposta dal singolo al collettivo, con lo scopo di indagare una struttura più ampia che spesso determina un certo fenomeno. Ma restituire un fenomeno nella sua totalità è un’impresa pressoché impossibile, dal momento che con ogni probabilità si starà parlando di un fenomeno complesso, che in virtù della sua stessa complessità, potrà essere approfondito e scrutato attraverso punti di vista molteplici. Ebbene se è vero che un tempo la tendenza più comune fosse quella di schiacciare questa stessa complessità, identificando la realtà solo attraverso un punto di vista, è vero anche che, almeno in parte, questa tendenza ha perso il suo fascino. E ciò ha permesso a nuove soggetti di raccontare uno stesso fenomeno attraverso una nuova prospettiva, per cercare direstituire la complessitàche lo caratterizza. È questo lo scopo che si è posta la mostraPainted Cloth: Fashion and Ritual in Colonial Latin America,esposta alBlantonMuseumofArtin Texas, Stati Uniti.L’oggetto d’indagine è stato, come si evince dal titolo,la moda e i codici di abbigliamento tipici del 1700 inAmericaLatinacome spia della struttura sociale, del fenomeno delrazzismoe dellacostruzionestessadell’identità. La mostra è stata divisa in 5 sezioni, tra cui lawearingsocialstatus.Qui si trovavano i cosiddetticasta paintings.Si tratta di un tipo di pittura sorto soprattutto inMessiconelXVIIIsecolo, e consiste nella raffigurazione, spesso attraverso diversi pannelli, di gruppi difamigliecomposti principalmente da madre, padre e prole. L’elemento distintivo che ci permette di interpretare i quadri, ma soprattutto di indentificare lo stato sociale dei protagonisti, è proprio ilmodo in cui sonovestiti. Si tratta di un elemento molto importante; infatti, l’introduzione, o meglio l’imposizione, delsistema delle castein America Latina nacque dall’esigenza politica e economica della Corona spagnola di controllare la popolazione in quei luoghi dal momento che coloni, persone indigene e nere portate attraverso la tratta degli schiavi dall’Africa, vivevano tutte insieme. Fu proprio questo aspetto, lacondivisione dello spazio urbano da parte di persone provenienti da etnie diverse, che permise la combinazione di tradizione e lamescolanzastessa delle etnie. Nacquero, dunque, le persone cosiddette “meticce” che, sulla base della provenienza dei genitori e della distanza dalla presunta purezza di sangue, appartenevano a una casta piuttosto che a un’altra. E un fattore essenziale peridentificare lo stato sociale di una persona, era l’abbigliamento. Ognuno dovevavestirsi secondo le regole che imponeva la propria castasia in virtù di un’esigenza sociale che economica, dal momento che si pagavano letassesulla base della casta di appartenenza. Nel 1700, però, la popolazione meticcia crebbe a tal punto da diventare inferiore solo a quella indigena; dunque, il controllo attraverso le caste divenne sempre più complesso, anche perché le persone capirono che potevanocamuffare il loro stato sociale attraverso l’abbigliamento. Come ha affermato Rosario Ines Granados, curatore della mostra, le persone erano in grado di scegliere quando essere indigene e quando no, semplicemente adattando il proprio abbigliamento. La cosa interessante è che le persone indigene tentavano di modificare la propria casta di appartenenza: spesso, infatti, poteva essere un grande vantaggio non sembrare spagnolә soprattutto se l’Inquisizione era in città, dal momento che non esercitava alcuna giurisdizione sulle personeindigene. Icasta paintingserano, dunque, un modo perrappresentare quella società così eterogeneae soprattutto mostrarla agli spagnoli, che spesso disprezzavano questa mescolanza: raffiguravano donne nere molto povere e vestite con abiti modesti, ma anche molto ricche, agghindate e vestite con abiti europei; famiglie composte da persone indigene e nere, bianche e nere e così all’infinito. Lo scopo era quello di rappresentare in primis lafluidità che caratterizza questasocietàe che sottolinea l’assurdità di creare caste su base razziale. Una fluidità che sembra andare oltre le restrizioni imposte che teoricamente dovrebbero porsi alla base deicasta paintings, dal momento che spesso essi sembrano limitare i soggetti in una specifica posizione. Eppure,alcuni dipinti sembrano sfidare le restrizionistesse come quello che raffigura Chino, un uomo nero che lavora come sarto, una posizione a lui teoricamente inaccessibile. Percorrendo la storia che ci raccontano questi quadri e attraverso un dialogo costante che non mette mai da parte le contraddizioni e le ingiustizie proprie delcolonialismo, questi dipinti ci spingono a riflettere sulla questione delle caste e più in generale sulrazzismoe sulla sua stessa insensatezza. Infatti, come ha dichiarato Granados «proprio come il genere è molto fluido perché non accettiamo che la razza lo sia e cheil colore della tua pelle dica qualcosa di te ma non ti li miti a ciò che devi essere?».
Lascia un commento