Iran: la propaganda di Khamenei e il suo finto progressismo

Mercoledì a Teheran, illeader supremo della Repubblica islamica Ali Khamenei,durante una commemorazione per celebrare il compleanno di Hazrat Fatemeh Zahra (SA), figlia del Profeta Maometto, ha svolto un’assemblea davanti a un gruppo di donne sue sostenitrici. Le dichiarazioni di Khamenei (apparse per primesull’Irna,agenzia di stampa del regime) hanno generato molto eco, con il pericolo, nascosto dietro l’angolo, di fraintendere le sue parole come unapossibile apertura del regime islamico verso le donne. Ma cosa ha detto l’ayatollāh?Tra le asserzioni che hanno fatto più scalpore ci sono quella dinon accusare di irreligiosità le donne musulmane che non indossano l’hijabe quella sull’importanza dinominare e assumere più donne per posti di lavoro di rilevanza. Nulla, nei fatti, di piùfalso. Unarticolo uscito ieri sull’Iran Internationalsmentisceinfatti lapossibile apertura progressistadello ayatollāh, aggiungendo altre parti del suo discorso in cui emerge un’immagine della donna iraniana non certo meno oppressiva da quella che il regime ci ha proposto fino a oggi (in tal merito, si veda anche il rapportoGlobal Gender Gap,pubblicato a luglio del 2022, dove ilWorld Economic Forumcolloca l’Iranal 143 posto, ossia negli ultimi posti della classifica). Iran Internationalriporta cheKhamenei, durante il suo discorso, ha ribadito che,per la donna iraniana, la maternità e la casalinga sono i suoi 2 ruoli principalie primari, ribadendo l’obbligo diindossare lo hijab come un doverereligioso e inevitabile per tutte le donne musulmane. Non sono mancate poi le accuse verso la società Occidentale: «L’assoluta sfacciataggine dell’Occidente emerge quando si presenta come il precursore della difesa dei diritti delle donne, mentre è responsabile di molti di colpi inferti alla dignità e al prestigio delle donne. Ciò potrebbe essere spiegato come totale spudoratezza», definendo alienate e in schiavitù le donne occidentali. Accuse dello ayatollāhnei confronti dell’Occidente che non sono sfuggite nemmeno all’attivista e dissidenteMasih Alinejadche le ha riportate brevemente in un suo post su Facebook. Che il regime islamico non abbia fatto passi di tolleranza verso le donne e i manifestanti, che dall’uccisione di Mahsa Amini invadono, giorno e notte, le strade dell’Iran, e del mondo, per chiedere la fine della dittatura, sono confermate nei fatti: lecondanne a morte,leincarcerazioni, letortureo leviolenzecontro i manifestanti e le loro famiglie, non sono mai cessate. Proprio ieriRadio Fardaha diffuso lanotiziadella condanna allapena di morte per 2 adolescenticon le accuse di “corruzione sulla Terra” e “guerra contro Dio”, un tipo di accuse create ad hoc dalla magistratura per aiutare il governo a sedare i disordini a livello nazionale, e avere quindi un motivo per detenere e giustiziare i cittadini che si ribellano. Mentre oggi l’associazione e agenzia di stampa degli attivisti per i diritti umaniHranaha comunicatola sentenza a 5 anni di carcere e di deprivazioni sociali per il poeta Reza Keshvari. A riprova del fatto che il regime non intende cedere nelle sue azioni repressive sono anche le recentissimeaccuse contro il settimanale satiricoCharlie Hebdoche ha pubblicato ilnumero specialeMollahs, retournez d’où vous venez!(Mullah, tornate da dove venite), con all’internovignette satiriche contro i mullah e Khamenei,a sostegno del grido di libertà sorto dalla popolazione iraniana. Una decisione, questa del settimanale, chehascatento l’ira di Khameneie che ha portato, in queste ore, alla chiusura dell’Istituto francese per la ricerca aTeheran. Sembra quindi che il regime islamico stia provando – per stemperare le accuse che provengono da Occidente e provare a frenare le proteste – apropagandare un’immagine meno autoritariadi sé: si pensi a esempio alla diffusione il 4 dicembre della notizia, poi smentita, dell’abolizione della polizia morale o alle ad altre operazioni “di facciata”, come lascarcerazione- su cospicua cauzione 10 miliardi di rial, circa 225.000 euro – diTaraneh Alidousti,famosa attrice iraniana imprigionata nel carcere per oppositori politici di Evin, a Teheran.Ma la realtà per le donne e gli uomini iraniani resta tragica.