Lavoro autonomo audiovisivo ed editoriale: precario e fragile

 

Dilavoratrici e lavoratoridipendenti se ne vedono sempre meno, mentre cresce a dismisura la categoria degli e delleautonome. Proprio il lavoro autonomo è l’oggetto dello studioDietro le quinte. Indagine sul lavoro autonomo nell’audiovisivo e nell’editoria librariacompiuto dallaFondazione Giacomo Brodolinie a cura diSergio Bologna e Anna Soru, che cerca di comprendere meglio un fenomeno sempre più esteso sia in Europa che in Italia. Nello specifico,l’indagine si concentra su due settori: l’audiovisivo e l’editoria libraria, caratterizzati da forti differenze ma anche da alcune affinità. Uno degli scopi che Bologna e Soru si sono posti è di definire una sorta d’identikit di lavoratore autonomo a prescindere dalla professione svolta. Uno dei grandi problemi che, infatti,accomuna i settori del lavoro autonomo è la frammentarietàe l’esistenza di tante piccole sezioni divise tra di loro che condividono molte problematiche che potrebbero essere affrontate a livello collettivo. Se, infatti, è vero che la tipologia di rappresentanza attuale, ovvero quella trasversale, ha funzionato quando si trattava di misurarsi con lo Stato a livellofiscale,previdenzialeoassistenziale; è altrettanto vero che è stata molto meno efficace nel regolare altre dinamiche: la gestione e la valutazione delle competenze; le tutele nel mondo del mercato; l’organizzazione delle risorse tecnologico-organizzative; la gestione delle questioni economiche, in primo luogo quella dei compensi e così via. Stiamo parlando diprofessioniin costante evoluzione all’interno di un mondo in cui nascono nuovi mestieri ogni anno, che sono dunque meno soggette alla rigidità e alla determinatezza delle professioni ordinarie. Nel settore audiovisivo, per esempio, è latecnologiaa determinare il lavoro, dal momento che definisce l’identità professionale, il rapporto tra le diverse figure e il prodotto finale. Ovviamente igrandi cambiamenti a livello tecnologicodeterminano veri e propri traumi in quello professionale: basti pensare alpassaggio dall’analogico al digitaleche ha portato alla scomparsa di intere tipologie d’impresa. Oggi ci troviamo di fronte allo stesso salto d’epoca con l’entrata in gioco delle piattaforme.Per questo, un altro grande obiettivo della ricerca consiste nel tentativo di definire la natura e l’ampiezza del fenomeno. Alivello metodologicol’indagine si è mossa seguendo due livelli complementari: quello qualitativo e quello quantitativo. Il primo si è avvalso di circa100 intervistesemi strutturate, svolte con lo scopo di rintracciare i cambiamenti dovuti all’avvento delle piattaforme, e l’analisi del desk, basata su osservatori europei e italiani, ricerche di settore e fonti giornalistiche per ripercorrere il quadro delle evoluzioni nel mondo audiovisivo e dell’editoria. Il secondo invece è costituito dall’analisi dei dati fornitiIstat, Asia-Istat e Inps. La ricerca è stata condotta prevalentemente tra Lombardia e Veneto, con alcuneeccezioniche riguardano soprattutto i settori della tv pubblica, del cinema e del videoclip che hanno una forte concentrazione aRoma. La questione emersa in modo maggiore èl’esigenza di ripensare la durata della giornata lavorativae il relativo compenso. A differenza di un lavoratore dipendente, infatti, che viene retribuito in base alle ore che effettivamente svolge, quello autonomo si trova di fronte a una prima problematica. Spesso, infatti una giornata lavorativa (per esempio quella sul set di un film o di una serie televisiva) non corrisponde alle ore effettive di lavoro che comprendono anche tutte le fasi di preparazione, memorizzazione e altro. Ad incidere anche la discontinuità della prestazione lavorativa. A tal proposito l’indagine ha evidenziato lanecessità di proteggere quelle che in altri settori di attività costituiscono eccezioni(cosa che si è cercato di fare attraverso l’art 66, comma 7-16 del d.l. 73/2021) e al tempo stesso di valorizzare in positivo i lunghi tempi di preparazione a un lavoro che quasi sempre vengono ignorati. Un altro grande problema emerso dall’indagine èl’assenza del sindacato tradizionalenella percezione dei lavoratori, anche se sia nel settore audiovisivo sia in quello dell’editoria si stanno sviluppando interessanti esperimenti di piattaforme cooperative (come per esempio, Platform Cooperativism) che offrono risposte di tutela ai problemi dell’incertezza e discontinuità, attribuendo ai lavoratoti status giuridici certi. Mal’elemento che più di tutti è fonte di precarietà è il peggioramento delle remunerazioni. Come sottolineato daSergio Bolognanell’introduzione «negli ultimi vent’anni i compensi sembrano essersi ridotti del 50% nel settore dell’audiovisivo; mentre in quello dell’editoria questo problema è così sentito da aver costituito proprio la molla di un processo di aggregazione e di coalizione». Un fenomeno in costante peggioramentoin virtù di alcuni fattori, come gli stage non retribuiti. Inoltre, dal momento che si tratti di professioni scelte sulla base di una grande passione personale,sempre più lavoratori sono disposti a scendere a compromessipur di esercitare il lavoro dei propri sogni; anche perché, con l’aumento della concorrenza, la paura di perdere l’occasione aumenta e al tempo stesso diminuisce lo spazio del singolo individuo di esporre le proprie lamentele. Dunque, quest’indagine ci offre la possibilità di guardare molto più da vicino una realtà sperimentata da una grande quantità di lavoratori e lavoratrici, che con ogni probabilità aumenterà nel corso del tempo continuando a essere, forse non troppo inaspettatamente, estremamenteprecaria.