I nostri dati sono in pericolo?

In dicembreHuman Rights Watchha rivelato che il partito al potere inUngheria, ilFidesz di Viktor Orban,ha acquisito accesso al database contenente i dati dei cittadini, facendo tesoro di una grande mole di indirizzi e numeri e iniziando così una strenua campagna pubblicitaria – o elettorale che dir si voglia – mirata. Orban, cheha quasi completamente realizzato la svolta autoritaria, sta cercando di indurre i cittadini a mettere a rafforzare il riconoscimento nel suo potere, con metodi decisamente non corretti. L’acquisizione dei dati, infatti,viola le leggi ungheresima non solo.Il regolamento Europeo sulla Protezione dei dati Generalenon consente la maggior parte degli usi fatti dal partito – e parrebbe anche dall’opposizione – tra i quali la conservazione delle preferenze elettorali espresse nei turni elettorali precedenti. Si parla addirittura di una lista, riportaThe Economist, risalente al 2004, la lista Kubatov. Tra i dati trafugatie accumulati da Orbanci sarebbero anche quelli sanitari, raccolti grazie a moduli a firma facoltativa durante la campagna vaccinale Covid. In Italia, la Corte Costituzionale ha appena bocciato i ricorsi contro l’obbligo vaccinale esercitato lo scorso anno come misura straordinaria. Lasalute, in quanto diritto pubblico e condiviso è stata consideratapreminente rispetto ad altri elementi. Senza entrare nel merito della discussione, in tempo di crisila salute pubblica ha prevalso su altri diritti, anche se nel dibattitonon tiene conto delle categorie più marginalizzate, che non hanno avuto accesso ai vaccini nemmeno volendolo, come quelle senza documenti che spesso si sono trovate a scegliere se correre il rischio di essere rintracciati per mettersi al sicuro dalla malattia. Allo stesso modo, la discussione dimentical’apartheid vaccinale, ovvero l’iniqua distribuzione dei vaccini nel mondo. I diritti sono importanti sempre e solo quando riguardano chi già ha un margine, anche ridotto, di garanzia degli stessi. Si parla anche in questo caso di diritto allavoro, alla salute, alla sicurezza personale, al lavoro e anche allaprivacy. E quiil nodo tra Italia e Ungheria si stringe, non solo per affinità politica dei governi, ma per un problema sempre più pressante: l’uso dei dati, che diventano strumenti spendibili da aziende e partiti, determinando un’apertura ulteriore della forbisce sociale e l’accrescimento della diseguaglianza. Se le aziende e i partiti sono disposti a contravvenire alle leggi europee per manipolare i comportamenti di consumo e quelli elettorali, infatti, significa chela quantità di persone riconosciuta come rilevante aderisce ancora di più a chi ha potere d’acquisto. Tempo fa, parlando di uno specifico effetto del fenomeno, mi sono trovata a definire ilclassismo digitalecome unanuova forma di discriminazioneumana, ed ecco qui uno dei suoi effetti più atroci: la cancellazione di intere comunità perché, regole di accesso alla cittadinanza alla mano, non è dato loro esprimere un parere formale sull’elettorato passivo. Prendiamo il caso delle comunitàRom, tra le più stigmatizzate in Europa. In Bulgaria, ignorate dalle campagne vaccinali maricoperte di germicida per piantegettato da elicotteri. Ad alcuni ilvaccino, ad altri una tetra messinscena che ricorda il lancio del Napalm. E dunque, i dati di queste persone legittimamente diffidenti nei confronti delle autorità statali e non, hanno un valore di mercato pari a zero, mentre quelli delle persone medio-borghesi risiedenti a Milano sono tutta un’altra cosa. Lo stesso vale per chi possiede lacittadinanzae quindi ilpotere di segnare con una X chi reggerà le sorti del Paeseper un po’. Il diritto alla salute deve andare di pari passo con la tutela della privacyperché se i dati personali raccolti e usati da Orban hanno modificato l’esito elettorale, allora davvero abbiamo un problema di fuga di dati. La loro acquisizione a scopo elettoralenon solo non è lecita, ma è fortementeantidemocratica. Le informazioni di base, non servono solo a raggiungere ilcittadino-elettore, ma anche ainquadrarlo. Una volta compresa la sua categoria di affinità esso assume un valore per chi rispecchia quelle caratteristiche specifiche o le vuole integrare nel proprio messaggio. Peggio ancora, grazie alle modalità di induzione del comportamento umano, le varie categorie possono essere ottimizzate per realizzare uno scopo preciso, come votare un partito piuttosto che un altro, credendo di essersi informate adeguatamente ma essendo invece finite in camere dell’eco fanatico è troppo spesso imbibite difake news. Si è creato un nuovomarketplacein cui la merce in vendita siamo noi, trasformati in forma di dati e ammucchiati su banchetti digitali. E ovviamente, chi non ha un valore al kb in termini di identità digitale non esiste, e con lui le sue istanze. Il conflitto tra diritti non è una novità, anzi. Ma se in questo contrasto ci dimentichiamo di chi diritti non ne ha e di cosa si potrebbe fare a diritto leso, abbiamo perso in partenza.