Pizza Napoletana, arriva il bollino di ufficialità Ue

Il 6 dicembre 2017 l’Unesco hariconosciuto“l’arte tradizionale del pizzaiuolo napoletano” come Patrimonio culturale immateriale dell’umanità. E se ogni arte ha le sue regole ecco che a certificarle, a quasi 5 anni esatti di distanza, arriva ora l’Unione europea, che il 25 novembre haapprovatola richiesta dell’Italia di inserire laPizza Napoletananel registro delleSpecialità tradizionali garantite(Stg) con riserva del nome. Ovveroa partire dal 18 dicembrei ristoratori potranno dichiarare di servire Pizza Napoletana solo a condizione che rispettino il disciplinare di produzione in termini di ingredienti, metodi di preparazione e cottura. Tra irequisitile ore minime dilievitazione, lastesura a manodella pasta, le modalità difarcitura, lacotturaesclusivamente in forno a legna allatemperatura di 485 °Ce l’altezza delcornicione di 1-2 cm. Ma i limiti riguardano anche l’utilizzo dimaterie prime di base, spiega laColdiretti, che per le loro peculiarità non possono che essere di provenienza nazionale, come l’olio extravergine d’oliva, il basilico fresco, nonché la “Mozzarella di Bufala Campana Dop” e la “Mozzarella tradizionale Stg”, esclusive per la variante con formaggio a pasta filata. Una vittoria della “sovranità alimentare” per un settore, quello della pizza, che vale oltre15 miliardi di euro di fatturatoe oltre 100.000 addetti a tempo pieno, il doppio nel fine settimana. In Italia, secondo i dati dellaColdiretti, si sfornano circa8 milioni di pizze al giorno, per le quali vengono utilizzati durante tutto l’anno 200 milioni di chili di farina, 225 milioni di chili di mozzarella, 30 milioni di chili di olio di oliva e 260 milioni di chili di salsa di pomodoro. Ma a dover essere tutelata non è soltanto la pizza. Secondo un sondaggio realizzato sempre daColdirettiin occasione dellaSettimana della cucina italiana nel mondoorganizzata dalla Farnesina,quasi 3 italiani su 4 (73%)in viaggio all’estero, per lavoro o in vacanza, si sono imbattuti almeno una volta in un piatto o unaspecialità italiana contraffatta. Un’agropirateriail cui valore è salito a120 miliardi, “anche sulla spinta della guerra che frena gli scambi commerciali con sanzioni ed embarghi, favorisce il protezionismo e moltiplica la diffusione di alimenti taroccati che non hanno nulla a che fare con il sistema produttivo nazionale”, spiegaColdiretti. In testa alla classifica deiprodotti più plagiati, ci sono iformaggipartire da Parmigiano Reggiano e Grana Padano, con falsificazioni che vanno dal parmesao brasiliano al reggianito argentino fino al famigerato parmesan. Ma ci sono anche le imitazioni di Provolone, Gorgonzola, Pecorino Romano, Asiago o Fontina. Tra isalumisono clonati i più prestigiosi, dal Parma al San Daniele, ma anche la mortadella Bologna o il salame cacciatore e gli extravergine di oliva o le conserve come il pomodoro San Marzano. E non mancano i vini come Chianti alProsecco, in assoluto il più imitato. «La mancanza di chiarezza sulle ricette Made in Italy offre terreno fertile alla proliferazione di prodotti alimentari taroccati all’estero dove le esportazioni di prodotti agroalimentari tricolori potrebbero triplicare se venisse uno stop alla contraffazione alimentare internazionale che è causa di danni economici, ma anche di immagine», ha affermato il presidente della Coldiretti Ettore Prandini. Intanto festeggia anche laFrancia, che il 30 novembre ha vistoiscrittala“sapienza artigianale e la cultura della baguette”nella Lista rappresentativa del patrimonio culturale immateriale dell’Unesco. L’annuncio è stato dato a Rabat, in Marocco, nel corso della sessione annuale del Comitato intergovernativo per la salvaguardia del patrimonio culturale immateriale. «La baguette èun rito quotidiano, un elemento strutturante del pasto, sinonimo di condivisione e convivialità – ha dichiarato Audrey Azoulay, direttrice generale dell’Unesco – È importante che queste abilità e abitudini sociali continuino a esistere in futuro».