Welfare, Italia non ci siamo

L’Italia è la prima delle Big Four (Italia, Francia, Germania e Spagna) per incidenza della spesa pubblica sul Pil in merito allaprevidenza– pari al 17,9%, +4,5% rispetto all’Eurozona – e ilpenultimo Paese europeo per tasso di occupazione nella fascia 20-64 anni: 62,7%, oltre 10 punti percentuali in meno della media europea. È la fotografia scattata dall’ultimo rapporto annuale del think tank “Welfare, Italia”, presentato il 22 novembre in collaborazione conUnipoleThe European House – Ambrosettie da un comitato scientifico composto da Veronica De Romanis, Giuseppe Guzzetti, Walter Ricciardi e Stefano Scarpetta. La spesa previdenziale In termini relativi, infatti, la previdenza continua ad assorbire circa la metà della spesa in welfare(48,4%), seguita dalla sanità (21,8%), dalle politiche sociali (18,2%) e dall’istruzione (11,6%). Un primato, quello italiano rispetto alle vicine sorelle dell’Eurozona, che determina uno sbilanciamento tale che il nostro Paese è ultimo o penultimo in tutte le restanti voci di spesa. L’aumento di oltre 20 miliardi di euro osservabile tra il 2019 e il 2022 (+8,2%), secondo l’osservatorio, è dovuto principalmente all’incremento del ricorso a ‘Quota 100’ – pensionamento anticipato con 62 anni di età e 38 anni di contributi – in vigore dal 2019, che ha inciso sull’aumento per il28,4% della spesa in previdenza nel 2019e per il74,4% nel 2020. Sanità e istruzione A farne le spese sono in primo luogo la sanità e, vero calimero della nostra penisola, l’istruzione, introdotta dal think tank a partire dal Rapporto 2021 come «strumento di welfare essenziale per ridurre le disuguaglianzee risolvere i problemi strutturali del Paese». Dal 2009 al 2020 la spesa in istruzione si è ridotta di 800 milioni di euro (-1,2%), e a eccezione del 2009 «l’Italia è sempre stata ultima per rapporto tra spesa in istruzione e Pil» rispetto ai principali Paesi europei. Se le spese sanitarie hanno subito un incremento a fronte dell’emergenza pandemica, +6,4% solo nel 2020, nel decennio pre Covid-19 l’Italia riporta una crescita del settore pari a +4,5% contro il +24,3% dell’Eurozona, e mostra in generala una certa staticità se confrontata al trend delle Big-4 europee. Al contrario nel 2021 laspesa sanitaria privataha raggiunto i 41 miliardi di euro (+7,4% rispetto al 2020), rappresentando il 24,4% della spesa sanitaria totale. L’Italia è anche «il primo Paese tra i Big-5 europei per spesaout-of-pocketsostenuta dalle famiglie italiane sul totale della spesa sanitaria privata (89,1%)». L’evoluzione demografica Alla radice di questi problemi troviamo ledinamiche demografiche, vera e propria cartina al tornasole della salute del sistema Paese. Nel 2021,per la prima volta nella storia italiana, il numero di nati è sceso sotto la soglia dei 400.000, contribuendo a un saldo naturale negativo di 214mila persone. Il tasso di natalità è di6,8 nati per 1.000 abitanti, il valore più basso dell’Unione europea(9,1 nati). Ma a incidere sull’età anagrafica della popolazione, oltre ai non-nati che rendono l’Italia una sorta dizombie moviea rovescio, è anche la famigerata “fuga dei cervelli” e dei portafogli. ‘Welfare, Italia’ ha stimato che se tutti gli emigrati nel 2020 non tornassero in Italia durante la loro vita lavorativa, il Paese perderebbe circa147 miliardi di euro, pari alla somma tra il costo della spesa in istruzione perso, 10,5 miliardi di euro, e i mancati redditi guadagnati dagli emigrati, 136,5 miliardi di euro. L’inflazione A tutto questo si aggiunge lo zampino acuminato dell’inflazione, che rischia di portareda 2 a 2,3 milioni il numero di famiglie in povertà assoluta, per un totale di 6,4 milioni di persone. Secondo le stime Ocse, nel 2022 il valore dei salari reali in Italia subirà una contrazione del 3,1% (rispetto alla media Ocse di -2,3%), in un contesto in cui l’Italia è statol’unico Paese dell’area Ocse che negli ultimi 30 anni ha visto una diminuzione dei salari(-0,1% annuo tra 1990 e 2020). «Sul finire della prima ondata pandemica, circa un anno fa, diversi Istituti previsivi attribuivano all’Italia le potenzialità per avviare un ciclo virtuoso di crescita e intervenire su alcune criticità strutturali del Paese e del suo sistema di welfare», ricostruisceCarlo Cimbri, presidente di Unipol Gruppo. «Purtroppo – aggiunge Cimbri – ilconflitto russo-ucraino, l’aumento del costo dellematerie prime, ilcaro energiae la conseguentecrescita anomala dell’inflazionehanno indebolito il percorso di ripresa e messo ancor più sotto stress il sistema di welfare, chiamato a gestire le nuove sfide congiunturali». Una «tempesta perfetta», la definisceValerio De Molli, managing partner e amministratore delegato di The European House – Ambrosetti, che sottolinea come «il reddito disponibile delle famiglie meno abbienti è già stato più che decimato, riducendosi del 20,7%», e dallo Spazio Field di Palazzo Brancaccio di Roma dov’è stato presentato il rapporto lancia un appello accorato a tutti gli attori del settore:«Fate presto». La ricetta: istruzioni per l’uso Il think tank ha quindi individuato quindi6 priorità di azioneper far fronte a questo scenario. In primo luogo quella di integrare il tema della natalità all’interno dellaTassonomia sociale europea, da collegarsi alla promozione di misure finalizzate asostenere la genitorialitàe ad accrescere l’occupazione femminile. Ad oggi l’Italia èpenultima nell’Unione europea per tasso di occupazione femminilee prima per tasso dipart-time involontarioconpercentualipiù alte per le donne. In Italia, inoltre, il 27% del reddito familiare è destinato aaccudire i figlicontro il 25% del Regno Unito, 15% della Francia e il 2% della Germania. Serve poi mitigare iflussi migratoriin uscita e rendere più efficiente il mercato del lavoro anche per i cittadini stranieri. «Oggi il saldo migratorio italiano è caratterizzato dalla fuga di cervelli e da un’immigrazione poco “qualificata”», osserva il think tank. Da un lato, nel 2020 sonoemigrati circa 40.000 giovani tra i 25 e i 34 anni, un terzo degli emigrati totali, con un costo per emigratotra 939.000 e 1,5 milioni di eurosulla base del titolo di studio, dall’altro latosolo il 6,4% dei permessi di soggiorno rilasciati è per lavoro– contro il 56,9% per motivi famigliari –, anche a causa di un mercato del lavoro poco attrattivo: l’Italia è 22° tra i Paesi Ue per tasso di occupazione degli immigrati (57,8%) esolo il 13% degli stranieri in Italia è laureato, il valore più basso tra i Paesi Ocse. Per questo “Welfare, Italia” propone dipotenziare i centri per l’impiegotramite la creazione di banche dati nazionali e il tracciamento puntuale di ogni offerta di lavoro formulata, l’integrazione delle agenzie di intermediazione private nella selezione delle offerte e il rafforzamento del matching tra i fabbisogni professionali delle imprese e le competenze, anche tramite specifiche piattaforme digitali. Necessario anche valorizzare il contributo della componente previdenziale integrativa. «L’aumento della spesa previdenziale non potrà essere gestito senza un adeguatocontributo del settore privatoche, tuttavia, a oggi risulta sotto-valorizzato», sottolineano gli esperti di Welfare Italia. In Italia la partecipazione alle forme diprevidenza integrativaè pari al 34,7% dei lavoratori rispetto al 55% della Germania e all’88% nei Paesi Bassi, e se si considerano gli individui che nel 2021 hanno versato contributi nei fondi previdenziali, il tasso di partecipazione si ferma al 25,4%. A questo si aggiungono importantidifferenze territoriali– dal tasso di partecipazione del 57,5% del Trentino-Alto Adige al 25,2% della Sardegna –,di genere e di età: 23,9% negli under-35 rispetto al 45,1% nella fascia 55-64 anni e del 30,9% per le donne contro il 37,5% per gli uomini. Occorre infine favorire l’allargamento dell’offerta dei servizi di welfare attraverso le soluzioni di welfare contrattuale e aziendale e da ultimo ridefinire ilreddito di cittadinanzacome strumento di inclusione sociale e potenziare i meccanismi di attivazione e inserimento lavorativo. Il think tank registra che «il 56% delle persone povere non ha effettivamente accesso al sussidio e 1 percettore su 3 in realtà non è povero». Il messaggio di Mattarella «Lacollaborazione tra pubblico, privato e terzo settoreè una chiave, nella conferma del carattere universale dei diritti, per potenziare e ammodernare i servizi. Lo squilibrio demografico che colpisce il Paese e incide sulla sostenibilità presente e futura del modello di welfare, propone, a sua volta, interrogativi», ha affermato il Presidente della RepubblicaSergio Mattarellain unmessaggioinviato al Welfare Italia Forum. «Servono, dunque – ha aggiunto Mattarella – unavisione di lungo periodoe uno sforzo congiunto di tutti gli attori sociali che concorrono nel rispondere alla domanda di assistenza, di cura, di prevenzione, di tutela, in un contesto che vede laconcreta minaccia di aumento delle povertàe la follia della guerra moltiplicare i fattori di crisi».