Ue: donne nei Cda, finalmente realtà

Ue: donne nei Cda, finalmente realtà

 

«Il soffitto di cristallo che impediva alle donne di accedere alle posizioni di vertice delle aziende è stato infranto. È unmomento davvero storico e commovente». Con queste parole lapresidente della Commissione UeUrsula von der Leyenha commentato l’approvazione da parte del Parlamento della direttivaWomen on Boards, che punta a incrementare laparità di genere nei C.d.Adelle società quotate nei Paesi dell’Unione. Nello specifico, entro la fine di giugno 2026, il40% dei posti di amministrazione senza incarichi esecutivi e il 33% di tutti i posti di amministratoridovranno essere occupati dal sesso sotto rappresentato. Probabilmente è presto per sostenere che sia stato assestato il colpo mortale alglass ceiling, ma indubbiamente si tratta di una presa di posizione storica, arrivata a 10 anni dalla presentazione del testo della normativa, e attraverso la quale l’Europasi carica sulle spalle responsabilità che sarebbero spettate ai singoli Stati. Nel 2021 solo il 30,6% dei membri dei C.d.A. delle maggiori società quotate in borsa nell’Ue eranodonne, con notevoli differenze territoriali, visto che si passa dal 45,3% della Francia all’8,5% di Cipro. Nonostante la rappresentazione sia aumentata, nel 2022 meno di 1 grande società su 10 ha una donna presidente o amministratrice delegata. InItalianegli anni passati qualcosa è stato fatto e i primi risultati effettivamente iniziano a vedersi, anche se la strada per la vera parità è ancora lunga. Nel 2011 il Parlamento ha approvato lalegge Golfo Mosca, che imponevaquote di genere nei consigli di amministrazione e collegi sindacalidelle società quotate in Italia e in particolare la presenza di almeno 1/5 di ciascun genere per la prima elezione degli organi successiva al 12 agosto 2012 e di 1/3 per le due elezioni successive. A dicembre 2019 la legge è stata estesa ad altre 3 elezioni e la quota aumentata al 40%. Questa normativa ha portato alla fine del 2021, secondo un rapporto stilato dallaConsob, al 41% degli incarichi di amministrazione nelle società quotate esercitati dadonne. Anche se leamministratrici delegate sono ancora appena il 2%, l’adozione delle quote sembra dare i propri frutti e a confermarlo sono anche le parole dellacorrelatricedel testo della normativa, la parlamentare olandese membro del Partito del LavoroLara Wolters. «Nei 10 anni in cui questa direttiva è rimasta sullo scaffale, i consigli di amministrazione sono continuati a essere prevalentemente appannaggio degli uomini ma nei Paesi in cui sono state introdotte quote vincolanti, sono state nominate molte più donne. Con questa legge, quei Paesi non saranno più un’eccezione e l’equilibrio di genere nei consigli di amministrazione delle società quotate diventerà la norma in tutta l’Ue». La normativa europea prevede alcune differenze. Lepiccole e medie imprese con meno di 250 dipendentisono infattiesclusedall’ambito di applicazione, mentre quelle quotate non potranno esimersi e dovranno fornire annualmente informazioni sulla rappresentazione di genere nei loro C.d.A. alle autorità competenti, e in caso di obiettivi non raggiunti spiegare come intendono ottenerli. Con l’approvazione formale dell’accordo da parte di Parlamento e Consiglio, la direttiva entrerà in vigore 20 giorni dopo la pubblicazione sulla Gazzetta ufficiale dell’Unione europea.Gli Stati membri dovranno recepirla entro 2 annie mettere in atto misure sanzionatorie effettive per chi non la rispetta, come a esempio multe per le aziende che non seguiranno procedure di nomina aperte e trasparenti. Inoltre, gli organi giudiziari dovranno avere il potere di sciogliere i Consigli di Amministrazione selezionati dalle società qualora dovessero violare i principi della direttiva.