Siamo ciò che mangiamo

Nel corso degli ultimi vent’anni è stato dimostrato che a livello globalela maggior parte delle differenze genetiche si riscontrano tra individui singoli e non tra popolazioni. Più semplicemente, due persone selezionate a caso nella stessa popolazione tendono a essere geneticamente più diverse l’una dall’altra rispetto alla differenza media fra due popolazioni distinte. Ma si potrebbe dire lo stesso se si esaminassero stili di vita, cultura e le preferenze culinarie? Tramite uno studio congiunto pubblicato sulla rivista scientificaPnas,Proceedings of the National Academy of Sciences, alcuni ricercatori delleUniversitàdi Torino, Trieste e Padova hanno cercato di rispondere alla domanda, utilizzando leabitudini alimentari come possibile fonte di differenze culturali fra individui. Nello specifico sono state esaminate le preferenze relative a 79 diversi alimenti in 6 popolazioni lungo la Via della Seta, l’antica rotta commerciale che attraversa tutta l’Asiacentrale. La ricerca ha portato a una scoperta inaspettata: i profili simili risultano non essere riconducibili a un determinato villaggio o nazione, ma invecelegati ad altre caratteristiche individuali, come spiegato daSerena Aneli, prima autrice dello studio e ricercatrice del Dipartimento di Scienze della Sanità Pubblica e Pediatrica dell’Università di Torino: «non importa dove viviamo o dove siamo nati. Le nostre scelte legate all’alimentazione dipendono maggiormente dalsesso biologico, dall’età e da altri fattori culturali». Le unicheeccezioniemerse sonorelative ad alcuni alimenti disponibili solo in determinate aree territorialicome il sulguni, un formaggio in salamoia tipico della Georgia, oppure il kurut, un alimento a base di yogurt essiccato diffuso tra le popolazioni nomadi dell’Asia centrale. Gli studiosi hanno dunque constatato chesoltanto il 20% delle abitudini alimentari sono legate al Paese d’origine. Un valore decisamente alto se paragonato alla sua contropartegenetica, che si aggira intorno all’1%, ma che ancora non è sufficiente a spiegare le differenze osservate, nonostante le migliaia di chilometri che separano le diverse aree geografiche oggetto di studio. Nel corso dell’osservazione sono state anche considerate le differenze tra i Paesi in distanze genetiche e alimentari, confrontate con quelle geografiche reali e rappresentate poi insieme in una mappa. Coerentemente con la scoperta primaria, da questa comparazione è emerso che lalocalizzazione culturale è leggermente più simile a quella geografica, rispetto a quella genetica per gruppi analizzati.