Israele: cosa significa la vittoria di Netanyahu per ə palestinesi?

L’ex premier israelianoBenjamin Netanyahu, leader del partito nazionalista e liberale Likud, è tornato di nuovo al potere. Dopo una campagna elettorale molto polarizzata, le elezioni del 1° novembre hanno confermato la sua coalizione con una maggioranza assoluta di 65 seggi su 120, grazie anche aivoti portati dalla formazione estremista Sionismo Religioso- dai forti sentimenti anti-arabi – guidata da Itamar Ben Gvir. Sono proprio i14 seggidi questo partito (insieme ai 20 guadagnati dai 2 partiti ultraortodossi Sahs ed Ebraismo della Torah Unito) a preoccupare la popolazione palestinese e quella deə israelianə moderatə. Ben Gvir non ha mai fatto mistero dirifiutare qualsiasi compromessocon la componente palestinese della società (sono note le sue apparizioni armato di pistola nei quartieri arabi diGerusalemme) e il fatto che il suo partito sionista sia diventato la terza forza politica del Paese lascia intuire che potrà esserci uninasprimento della linea contro la popolazione araba, in particolare nel territorio conteso della Cisgiordania. Non che fino a questo momento la situazione fosse rosea, come ben sappiamo. Anche durante il mandato precedente, Netanyahu non aveva promosso rapporti di collaborazione con ə palestinesi, al contrario aveva fatto di tutto per indebolire l’Autorità Palestinese e Hamas contribuendo aaggravare la crisi in Cisgiordania. Oggi però Netanyahu si trova a dover gestire gruppi dalla forte spinta religiosa e identitaria che potrebbero contribuire a far precipitare ancora di più la situazione. La maggioranza della nuova coalizione vincitrice, infatti, è a favore della completa occupazione della Cisgiordania e della sua annessione allo Stato di Israele, si oppone alla possibilità della creazione di uno stato Palestinese e vorrebbe risposte più dure per gli attacchi contro Israele. Hazem Quasem, portavoce di Hamas aGaza, ha affermato che, vista la nuova piega politica, ci si aspettaun aumento della violenza contro la popolazione palestinesee attacchi alla moschea Al-Aqsa a Gerusalemme. Questo porterà a unintensificarsi delle azioni di resistenzae, auspicabilmente, a una maggiore unità tra le varie fazioni palestinesi. Più cauto si è detto Hussein al-Sheikh, segretario generale dell’Olp(Organizzazione per la Liberazione della Palestina), il quale ha dichiarato che prima di agire l’Autorità Palestinese aspetterà divedere quali saranno le decisioni del governo, in particolare rispetto all’occupazione della Cisgiordania, e se ci saranno iniziative per riprendere i colloqui di pace. «Noi non ci immischiamo nella politica interna israeliana – ha affermato -Il popolo israeliano ha votato ed è nel loro diritto scegliere il governo che preferiscono». Naturalmente il fatto che questo governo si collochi così fortemente a destra e su posizioni estremiste, che considerano lacomponente araba-palestinese alla stregua di una razza inferiore,lascia poche speranze di una risoluzione pacifica. Il problema del nuovo posizionamento di Israele però non è solo interno, ma ancheinternazionale.Se dovesse esserci un’escalation di violenza e oppressione contro la popolazione palestineseanche i rapporti con il resto del mondo arabo potrebbero farsi più tesi. Secondo la rivistaLimes, anche se “la causa palestinese è passata da un pezzo di moda, i Paesi arabi non potranno ignorare la presenza di una matrice kahanista nel nuovo governo. Non fosse altro per renderne conto alle proprie opinioni pubbliche, sempre nel mirino del fronte fondamentalista interno”. Gli scenari che si aprono dopo il voto del 1° novembre sono dunque molti, e altrettante le loro possibilità di realizzazione. Sarà importante capire quale ruolo Netanyahu pensa di poter ritagliare per sé stesso, se riuscirà a suon di compromessi e contentini, atenere sotto controllo le spinte estremistedei partiti che hanno contribuito alla sua vittoria o se saranno proprio queste forze a sfruttare le sue debolezze politiche e a trascinare nuovamente il Paese nel caos. In entrambi i casi non sembra che per la popolazione palestinese si possano prevedere tempi rosei.