Musei gratis: sì, no, perché?

«Musei gratis, aperti anche di notte». «Mai più musei gratis!». Non sono due posizioni opposte di un dibattito tra avversari politici, ma l’approccio – che definire “ambivalente” è eufemistico – del nuovo ministero della Cultura. Se per ilneo-ministroGennaro Sangiulianola gratuità dei musei «deprezza le opere d’arte», in una delle prime dichiarazioni dasottosegretario Vittorio Sgarbiha spiegato che – oltre a voler assoldare Morgan come capo dipartimento musicale – si batterà permodificare orari e prezzi dei musei, aperti «almeno fino alle 21. La gente che lavora non può andarci di giorno, quindidovrà andarci, gratis,nelle ore in cui sono liberi di andare». Quello sulla gratuità dei museinon è un dibattito nuovo,nato in seno alla nuova legislatura: mai come prima d’ora, però, la spaccatura è stata evidente, poiché si consuma all’interno non solo dello stesso governo ma addiritturadello stesso ministero.Non è una novità, purtroppo, nemmeno il fatto che quello della cultura siaun settore che ha bisogno di interventi urgenti e strutturali, soprattutto dopo due anni di pandemia e restrizioni che hanno eroso ulteriormente le già risicate risorse del comparto culturale italiano. Come sta la cultura in Italia? Il report “Io sono cultura 2022” realizzato daFondazione SymbolaeUnioncamererestituisce l’immagine di un sistema che complessivamentedà lavoro a 1,5 milioni di personee produce ricchezza per88,6 miliardi di euro. I ricavi del 2021, però,non hanno permesso di recuperare il terreno persoe tornare ai livelli pre-pandemici. Tra i settori più colpiti ci sono ilsettore dello spettacolo (-21,9%, corrispondente a -1,2 miliardi di euro) e delpatrimonio storico e artistico (-11,8%; pari a -361 milioni di euro). Un caso eccezionale è quello delcinema,che corre a due velocità: mentre il lato di produzione va a gonfie vele, il riscontro nelle sale non è altrettanto soddisfacente. Per questo, per riportare le persone al cinema il ministero di Sangiuliano sta pensando a unbonus nella forma di sconti di 3-4 euro(per un totale di 10 milioni di euro) per chi acquista i biglietti attraverso loSPID. Nel caso dei musei, invece, come abbiamo visto la linea è molto meno netta:gratis sempre? Mai? A volte?E, soprattutto,l’unico modo per valorizzare l’incredibile patrimonio culturale italiano è renderlo a pagamento? O è necessario permettere di fruirne gratuitamente anche a chi magari non potrebbe farlo visto i costi sempre più proibitivi dei biglietti – in particolare in un periodo diforte crisi economicae di costo della vita altissimo? Musei gratis: come funziona in Europa? British Museum, National Gallery, Tate Modern: chi ha visitatoLondrapotrebbe essere rimasto stupito dal fatto chenella maggioranza dei musei britannici, anche i più noti e ricchi di tesori artistici,non è necessario pagare un bigliettod’ingresso. Le collezioni permanenti, infatti, sono quasi sempre gratuite, mentre per leesposizioni temporaneepuò essere richiesto il pagamento di un biglietto. La capitale del Regno Unito non è l’unico paese europeo in cui i musei sono gratis, anche se in molti casi ci sono deigiorni dedicati o delle fasce orarie in cui l’accesso è libero: il primo è il caso diParigi,che oltre ad avere alcuni musei sempre a gratis, come ilMusée d’Art Moderne de la Ville de Paris, consente di accedere gratuitamente a tutti i musei pubblici (tra cui ilLouvre,ilMusée d’Orsaye ilCentre Pompidou)tutte le prime domeniche del mese. I cittadini dell’Unione Europea che hanno meno di 26 anni, inoltre, possono accedere gratuitamente a tutti i musei senza limiti di orario o di data. Madridha invece optato per delle fasce orarie a libero accesso: i musei madrileni comeil Prado o il Reina Sofia hanno delle fasce orarie(solitamente le ore che precedono la chiusura o particolari fasce nel week-end) in cui è possibile visitare le collezioni permanenti senza pagare il biglietto. Attualmente, anche in Italia è attiva l’iniziativa dell’ex Mibact (ora MiC) “Domenica al museo”, grazie a cui l’ingresso a tutti i musei e le aree archeologiche statali ègratuito ogni prima domenica del mese(la prossima sarà proprio il 6 novembre), mentre l’accesso è sempre gratuito per gli Under 18 e sono previste speciali tariffe per la fascia 18-25.Le cose, però, potrebbero cambiare.La direzione ce la dirà il tempo, e scopriremo quale visione prevarrà. Con la cultura, parafrasando le parole Sangiuliano in un’intervista aBruno Vesparispondendo al Sgarbi,“si mangia”ed è per questo che «sono assolutamente contrario ai musei gratis.Diverso è fare una politica sociale per i giovani e gli anziani, ma tenere i musei gratis, a parte che non regge sul piano economico, poideprezza il valore delle opere». Ma è davvero così? Accesso gratuito ai musei: cosa dicono gli studi? Diversi studi hanno provato a rispondere alla domanda «musei gratis: sì o no?», concentrandosi in particolare sulritorno di iniziative mirate gratuite(come la “Domenica al museo”) sugli ingressi a pagamento e sull’impatto che la gratuità hasull’affluenza. Diciamo subito chenon c’è una risposta univoca, segno che anche in ambito accademico il dibattito sul tema è tutt’altro che risolto. Unostudio dell’Università di Cataniadedicato al caso italiano aveva registrato nel periodo 1996-2015 «un’influenza positivadel numero di visite gratuite a musei e monumenti sulle successive visite a pagamento». Analizzando anche l’effetto del prolungamento della gratuità nel luglio 2014, lo studio dimostrava che la nuova norma «ha comportatoun aumento delle visite sia gratuite che a pagamento». Secondoaltre analisi, però,l’effetto non sarebbe così nettoe, soprattutto, non spingerebbe un numero maggiore di persone ad andare al museo ma inviterebbesolo coloro che già ci vanno a ritornare. Il rischio, anzi, sarebbe proprio quello dimodificare negativamente la percezionedel museo stesso. Un’altraricerca, focalizzata suimusei francesi, ha confermato che «la componente non monetaria del prezzo, nonostante l’ingresso gratuito, è particolarmente elevata: lo sforzo intellettuale, il tempo necessario, l’organizzazione della visita» e che quindiil costo del biglietto non è un elemento primarionella decisione se visitare o meno un museo. Non solo: sebbene effettivamentela percezione del museo sia diversase non è previsto un pagamento per l’ammissione, questo non è necessariamente un aspetto negativo ma, anzi, può innescare un circolo virtuoso eun processo di apprendimento diverso: «l’ingresso gratuito porta a un’esperienza in cui il comportamento è più rilassato, anche più profano, ma al di là di questa decostruzione dei punti di riferimento abituali, la visita gratuita può infatti essere una visita diversa da quella prevista. Lungi dal corrispondere alle percezioni negative generalmente associate a questa politica dei prezzi,la visita gratuita è un’esperienza nuova, nel senso che fa sentire liberi, stimola la relazione sociale, modifica la proprietà del luogo e i propri sentimenti. Cambiano le percezioni di musei e monumenti, gli obiettivi nel visitarli e le modalità di scoprirli. Improvvisamentevengono percepiti come più accessibili». La domanda rimane.È vero chemantenere il sistema culturale ha un prezzo (alto)e che spesso a pagare i mancati investimenti sono proprio gli operatori della cultura. È vero anche chela barriera economica non è l’unica da romperee che“gratis” non è sinonimo di “accogliente”per molte categorie, ma se dobbiamo pensare a una riforma strutturale che valorizzi il patrimonio artistico e culturale non dovrebbe essere in un’ottica di allargare le possibilità? Ricordando che,oltre che un – enorme – business è un dirittoumano, come sancito anche dall’articolo 27 della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, che recita «ogni individuo ha diritto di prendere parte liberamente alla vita culturale della comunità, di godere delle arti e di partecipare al progresso scientifico e ai suoi benefici»? Musei gratis? «Servizio pubblico». Ma manca il personale «Noi abbiamo sempre sostenuto la gratuità nei musei in ottica dioffrire un servizio pubblico alla cittadinanza, che non va a discriminare per censo. La tendenza degli ultimi anni è stata quella di aumentare sempre di più i biglietti che sono diventati un ostacolo economico per molti e molte famiglie».Ester Lunardonè archeologa e attivista del collettivo “Mi Riconosci?Sono un professionista dei beni culturali”, l’associazione nata dal basso che accogliestudenti, precari e professionisti del settore culturale. «Le nuove dichiarazioni vanno in una direzione diversa, verso un’attribuzione di unvalore che è prettamente monetario al museo. Quando si dice “deprezzamento” quello che intendiamo è questo:tutto è calcolato in termini economici, senza valutare i vantaggi a livello economico e sociale che i musei hanno per la cittadinanza. Se parliamo di museiil pareggio di bilancio è un miraggio: lo Stato ci deve mettere dei finanziamenti, non si tratta di un’azienda che può reggersi da sola o addirittura produrre un utile». Del resto, i musei italiani sonoben lontani anche dal pareggio di bilancioe versano in una crisi che si riflette anche nella mancanza di personale. Un fattore che secondo il direttoreEike Schmidtè stata lacausa della chiusura del museo fiorentino degli Uffizi nella giornata del 1 novembre. Una chiusura contro cui il ministro Sangiuliano si è espresso duramente e che, secondo untweetpubblicato proprio stamattina,non sarebbe «ascrivibile a carenza personale». Eppure, ricorda Lunardon «Schmidt segnala da mesi di essere a corto di personale, quindi non è una novità. Questa poinon è una questione che riguarda solo gli Uffizi, che anzi sono uno dei musei che riceve più finanziamenti. Figuriamoci come stanno i musei più piccoli, gli archivi, le biblioteche… è proprio unproblema strutturale». Per il Ministro quello della carenza di personale è «problema reale, ma più generale su cui sono pronto a lavorare». Per chi lavora nel campo della cultura, è necessario chelo Stato si assuma le responsabilitàdi un settore che da questo punto di vista è in crisi da decenni, smettendo di negare l’evidenza: «la carenza di personale non è solo negli istituti culturali aperti al pubblico, si parla davvero di migliaia di risorse che mancano. Ogni anno il personale va in pensione ma non c’è un ricambio, quindi c’è anche un problema diperdita di conoscenze e di competenzeche non vengono trasmesse ai nuovi dipendenti.Questa è la vera emergenza nel settore culturale».