Donne: leader in 10 anni, oppure mai più

Che ledonneriescano ad arrivare con molta più difficoltà dei loro colleghi maschi in posizioni di comando non è – purtroppo – una novità. Ilsoffitto di cristalloè ancora bello saldo sopra le teste di quasi tutte e, nonostante qualche crepa, infrangerlo richiederà ancora molto tempo (e onde d’urto radicalmente impattanti). Quello che è nuovo, invece, è la scoperta che a influenzare laleadership femminilenon sono solo i bias e le im-pari opportunità, maanche il tempismo. Secondouna ricerca diLinkedIn, infatti, le donne che puntano a ruoli apicali hanno maggiori probabilità di ottenerlinei primi 10 anni della loro carriera. Dopo, le possibilità tendono a precipitare. Le donne costituiscono il 40% della forza lavoro. Nonostante questo, a livello globalesolo il 29% delle posizioni dirigenziali a livello globale sono occupate da donne. Secondo l’analisi diLinkedIn,non c’è alcun Paese in cui la leadership sia condivisa(non si supera il 37% della Svezia, il 36% degli Stati Uniti e il 31% della Francia). La maggior parte di chi riesce a farcela lo fa in pochissimo tempo, spesso più rapidamente dei colleghi uomini. Per chi aspetta troppo a lungo, il rischio è vedere crollare le proprie chances di raggiungere l’obiettivo, più basse anno dopo anno. «Durante il primo decennio della loro carriera, per ogni donna che arriva alla leadership, quasi il doppio (1,8) di uomini ce la fa. Questodivario tra donne e uomini aumenta ulteriormente con l’esperienza lavorativae per ogni donna che raggiunge la vetta dopo 20 o più anni, 2,2 uomini raggiungono la vetta. I nostri risultati mostrano che questo non si sta verificando solo in un paese, ma è un fenomeno globale abbastanza coerente». Il motivo è facilmente intuibile: molte donne si sentonocostrette a correre all’inizio della loro carrieraperché sanno che raggiunta una certa età – che coincide più o meno con i 30 anni in tutta Europa – la pressione sociale (e il desiderio personale) di avere figli e il conseguentecarico del lavoro di cura non retribuitorenderanno loro difficilissimo (quando non impossibile) ogni avanzamento significativo di carriera. Il congedo parentale, mostra la ricerca diLinkedIn, è stato il motivo principale per cui negli Usa le donne hanno affermato di aver interrotto la carriera. E di queste donne, quasi la metà (48%) ha affermato didover scegliere tra dare la priorità alla carriera rispetto ai propri figli. «Questocalo delle opportunità di leadership dopo oltre 10 annicoincide con il momento in cui molte donne lavoratrici iniziano una famiglia e si assumono ulteriori responsabilità nell’assistenza all’infanzia», spiegaKarin Kimbrough, Chief Economist diLinkedInche ha condotto la ricerca. Un problema chela pandemia ha solo esasperato, riducendo il numero diservizi per l’infanzia. Ed è proprio la mancanza di assistenza all’infanzia a rappresentare un grave ostacolo che «ha un impatto sproporzionato sulle traiettorie professionali delle donne ed è probabile che alimenterà ulteriormente ildivario di genere nella leadershipnegli anni a venire se il problema persiste». Gli uomini possono concedersi il lusso del tempo, le donne no. E non è tanto (solo) contro il tempo che devono correre, ma contro quella che viene definita la “motherhood penalty”, il fenomeno per cui a livello di promozioni e retribuzionila carriera delle donne subisce una fase di stallo una volta nati i figlie per cui le madri guadagnano (sensibilmente) di meno. Al contrario,le carriere degli uomini accelerano dopo essere diventati padri. La metà delle donne rispetto agli uomini – il 13% contro il 26% – infatti, viene promossa o trasferita a un lavoro migliore nei primi 5 anni di genitorialità. La maternità influisce sulla percezione delle lavoratrici anche in termini di prestazioni: le madri, infatti, ricevono valutazioni delle competenze che sono, in media, del10% inferiori rispetto alle non madrie hanno 6 volte meno probabilità di essere consigliate per l’assunzione. «C’è un’enorme pressione affinché le donne raggiungano un certo livello di carriera e successo finanziario prima di diventare genitori», conclude Kimbrough. L’alternativa potrebbe essere quella dinon farcela affatto. Anche per chi ce la fa, però,la conquista della vetta non è garanzia di benessere. Le statistiche che mostrano che le donne che lavorano tendono a esserepiù esauriterispetto alle loro controparti maschili: secondoun’altra indagine diLinkedIn, il 74% delle donne dichiara di essere molto o alquanto stressatoper motivi di lavoro, rispetto a solo il 61% degli intervistati uomini. Non solo: le donne erano anche molto più disposte (31% contro 21%) a considerare dirifiutare ulteriori responsabilità, un passo che potrebbe significare sacrificare la propria carriera per ridurre lo stress. Un fattore in cui gioca un ruolo fondamentale proprio questo “sprint” nei primi anni di carriera. «Raggiungere il più possibile nei primi 10 anni di carriera può causare esaurimento e stress nelle donne, […] può portare a una tempesta tossica di stress fisico e sociale, nonché a problemi di salute mentale che possono durare per anni», ha spiegato allaBbcChristine Spadafor, docente dileadershipstrategica presso laTuck School of BusinessdelDartmouth College.