Caritas, quasi 2 milioni di famiglie in povertà assoluta

Nel 2021 la povertà assoluta in Italia ha interessato 5,6 milioni di persone, di cui 1,4 milioni sono bambini. È il primo dato che emerge dal 21esimoRapportosu povertà ed esclusione socialepresentato dallaCaritasil 17 ottobre in occasione della Giornata internazionale di lotta alla povertà e intitolato “L’anello debole”. Nessuna inversione di tendenza, quindi, rispetto ai massimi storici raggiunti nel 2020 con la pandemia di Covid-19. Lo scorso anno lefamiglie in povertà assoluta sono state 1.960.000, corrispondenti al 9,4% della popolazione residente. L’incidenza si confermapiù alta nelSud Italia, dove il livello sale al 10% rispetto al 9,4 registrato nel 2020, mentre scende in misura significativa al Nord e in particolare nel Nord-Ovest, che si attesta al 6,7% a fronte del 7,9% monitorato nel 2020. Gli anelli più deboli sono proprio i giovani. a essere in condizione di povertà estrema sono infatti il 14,2% dei minori, con una percentuale che scende all’11,4% per i giovani di età compresa tra 18 e 34 anni, all’11,1% per la classe 35-64 anni e sotto la media nazionale al 5,3% per gli over 65. Solo nel 2021 i Centri di ascolto Caritas hanno effettuato oltre1,5 milioni di interventinei confronti di oltre 227.000 persone, il 7,7% in più rispetto all’anno precedente. Tra questi l’erogazione di beni e servizi materiali (74,7%), attività di ascolto (7,5%), accoglienza a lungo o breve termine (7,4%), sussidi economici (4,6%), sostegno socio assistenziale (2,2%) e interventi sanitari (1,5%). La Caritas nota inoltre come «anche nel 2022 i dati raccolti fino a oggi confermano questa tendenza».Non si tratta sempre di nuovi poverima anche di persone che oscillano tra il dentro e fuori rispetto allo stato di bisogno. Cresce l’incidenza dellepersone straniere, che si attesta al 55%, con punte che arrivano al 65,7% nel Nord-Ovest e al 61,2% nel Nord-Est. Nel complesso lepersone senza dimoraincontrate dalla rete Caritas sono state circa 24.000, pari al 16,2% degli assistiti: si tratta per lo più di uomini (72,8%), stranieri (66,3%) e celibi (45,1%), con un’età media di 43,7 anni e incontrati soprattutto nelle strutture delNord, la macroregione che ha intercettato quasi la metà dei senzatetto in Italia. Si rafforza nel 2021 la correlazione tra stato di deprivazione e bassilivelli di istruzione. Cresce infatti il peso di chi possiede al massimo la licenza media, che passa dal 57,1% al 69,7%. Nelle regioni insulari e del Sud il dato tocca rispettivamente l’84,7% e il 75%. Strettamente correlato al livello di istruzione è il dato sullacondizione professionale. Nel 2021 cresce l’incidenza dei disoccupati o inoccupati che passa dal 41% al 47,1%, mentre il 23,6% di quanti si rivolgono ai Centri di ascolto sono lavoratori poveri, una condizione tocca il suo massimo tra gli assistiti stranieri (29,4%). «È necessario dunque impegnarsi sempre di più, in una logica condivisa e di rete, per restituire dignità al lavoro», sostiene Mons.Carlo Roberto Maria Redaelli, presidente di Caritas Italiana. «Accanto a politiche di contrasto alla povertà comunque accompagnate con interventi di inclusione sociale – aggiunge –, servono misure contro la disoccupazione, diinclusione lavorativa». Dal rapporto emerge infatti come 6 assistiti su 10 rientrino in una condizione dipovertà intergenerazionale, ovvero vivano in una condizione di indigenza che si è tramandata dalla generazione passata a quella successiva. Tra i nati da genitori senza alcun titolo, quasi un beneficiario Caritas su 3 si è fermato alla sola licenza elementare. In Italia, sottolinea il rapporto, occorrono5 generazioniper una persona che nasce in una famiglia povera per raggiungere un livello di reddito medio, un dato superiore alla media Ocse (Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico) di 4,5 generazioni. «L’ascensore sociale è guasto, è rotto da tempo, e pochi sono interessati ad aggiustarlo, mi sembra», ha dichiarato in unvideomessaggioa margine della presentazione del rapporto il cardinaleMatteo Zuppi, arcivescovo di Bologna e presidente della Cei (Conferenza episcopale italiana). Da segnalare, infine, la presenza in Italia di oltre 3 milioni di cosiddettiNeet, ovvero giovani tra i 15 e i 34 anni che non studiano né lavorano o si formano. Si tratta del 25,1% dei giovani, un dato che vede l’Italia al primo posto nell’Unione europeae che genera costi per il sistema-Paese stimati in oltre 21 miliardi di euro.