Teheran: i poliziotti si uniscono al corteo

Da quasi un mese gli iraniani e le iraniane stanno portando avanti le proteste scoppiate in seguito alla morte diMahsa (Zhina) Amini, 22enne curda arrestata dalla polizia morale (Gasht-e Ershad) lo scorso 13 settembre perché non portava correttamente il velo. L’episodio non è un caso isolato, ma la conferma di unaderiva sempre più violenta e oppressivanei confronti delle donne iraniane. Solo pochi mesi fa, infatti, il presidente conservatore Ebrahim Raisi avevainaspritole norme che regolano l’abbigliamento e la condotta femminile, anche attraverso l’uso di tecnologie di riconoscimento facciale. Il decesso di Amini, che le autorità hanno cercato di attribuire a precedenti problemi di salute della ragazza (smentiti dalla famiglia), ha provocato un’esplosione di rabbia che sta divampando in tutte le principali città del Paese. Al centro della mobilitazione ci sono lerivendicazioni delle donneche scendono in strada senza velo o dandolo alle fiamme, oppure tagliandosi ciocche di capelli. Anche le ragazze più giovani si sono unite alla protesta: le liceali tolgono l’hijab, cantano e strappano dai muri le foto del fondatore della Repubblica islamica Ruollah Khomeini. Uomini e donne, di diverse generazioni, provenienze geografiche e sociali, scendono in strada insieme per chiedere la caduta del regime che li opprime da 43 anni.“Donna, vita, libertà”gridano in persiano e in curdo: uno slogan che sta risuonando anche nelle piazze di tutto il mondo per mostrare solidarietà al popolo iraniano e alla sua rivolta. Sui social si moltiplicano le condivisioni dei video delle proteste per cercare di superare ilblocco di Interneta cui, anche questa volta, il regime è ricorso. Così come nelle proteste del 2019, dove persero la vita almeno 1500 persone, anche in questa occasione le autorità stanno reagendo con violenza e al momento sarebbero185 le vittimeaccertate secondo l’OngIran Human Rights,tra cui altre giovani donne comeNika Shakaramie Sarina Esmailzadeh e 19 minori. La repressione ha colpito in particolare le città diZahedan,nella provincia del Sistan e Baluchistan, eSanandaj(Kurdistan), da cui nonostante la censura stanno arrivando informazioni diattacchi indiscriminati contro la popolazione.Migliaia anche le personearrestate, tra cui giornalisti, attivisti e avvocati. Nel mirino è finitaNilufar Hamedi, la giornalista che aveva portato alla luce il caso di Amini. Anche nelle università, storico luogo di contestazione, la situazione si sta aggravando. Dopo la decisione delle autorità di sospendere le attività accademiche gli studenti hanno riportato la protesta negli atenei. La repressione è stata feroce. Nel campus dellaSharif University of Technologydi Teheran i manifestanti sono stati rinchiusi e attaccati con lacrimogeni e proiettili di gomma dalle milizie basij. Nonostante la brutalità con cui le autorità stanno reagendo alla mobilitazioneil popolo iraniano sta continuando a manifestareil proprio dissenso in diversi modi. Non soltanto scendendo in strada: c’è chi urla dalle finestre slogan come “Morte al dittatore!” e chi è riuscito adhackerarela tv di stato per mostrare per pochi secondi l’immagine della Guida Suprema Ali Khamenei in fiamme. Nel quartiere Nazi Abad di Teheranalcuni poliziotti si sono uniti al corteo di manifestanti.Anche i lavoratori del settore petrolifero, di enorme importanza strategica per l’economia iraniana, stanno partecipando al movimento con scioperi in diverse zone nel Sud-Ovest del Paese. Il presidente Raisi ha lanciato un appello all’unità nazionale e ha minimizzato la portata delle proteste, attribuendole a un manipolo di cospiratori finanziati dainemici stranieri, a cominciare dagliStati Uniti. Washington ha respinto l’accusa e approvatonuove sanzioniper colpire i responsabili della repressione, tra cui 2 ministri e 5 ufficiali. L’Unione Europeasta valutando misure analoghe, comerichiestodalla ministra degli Esteri tedesca Annalena Baerbock. Anche il governo britannico haannunciatonuovi provvedimenti che colpiranno il corpo della polizia morale. La preoccupazione della comunità internazionale riguarda inoltre gli stranieri che al momento si trovano in Iran. La Francia e altri Paesi hanno consigliato ai propri cittadini di rientrare il prima possibile. Al momento sarebbero 9 gli stranieri detenuti, tra cui l’italianaAlessia Piperno. Non è la prima volta che gli iraniani scendono in strada. In particolare, dagli anni ’90 le proteste si sono succedute ciclicamente. Nel 2009 dopo la rielezione del conservatore Mahmoud Ahmadinejad, nel 2019 per la crisi economica e l’aumento del prezzo della benzina e, più recentemente, per la gestione delle ricorrenti crisi idriche. Il carattere specifico delle proteste a cui stiamo assistendo sembra essere il ruolo trainante delle donne, ma anche un’unione più solida tra i manifestantie una volontà trasversale di mettere fine al regime della Repubblica islamica. Allo stesso tempo, diversianalistihanno rilevato come un movimento mediamente molto giovane e senza una leadership politica forte rischia di essere facilmente spazzato via senza costruire un cambiamento concreto.