L’Alzheimer e il nuovo farmaco che dà speranza

Un nuovo farmaco in fase di sperimentazione potrebbe rappresentare un punto di svolta nella lotta contro il morbo di Alzheimer. Si chiamaLecanemab, ed è stato sviluppato dalla società farmaceutica giapponeseEisaiinsieme alla multinazionale di biotecnologie statunitenseBiogen. Secondo unostudiocondotto su circa 1.800 pazienti con Alzheimer in fase inziale,la cognizione delle persone a cui è stato somministrato il farmaco è diminuita del 27% in menorispetto a quelli trattati con placebo dopo 18 mesi. Un risultato ancora esiguo, ma per la prima volta è stato dimostrato che un farmaco è in grado di alterare il corso della malattia. Lecanemab è unanticorpo monoclonaleche aggredisce le cosiddette “placche senili”, aggregati diproteina beta-amiloidecaratteristici delle persone che soffrono di Alzheimer. È ancora dibattuto se tali placche siano responsabili del declino cognitivo delle persone affette da demenza, ma i risultati dello studio sembrano offrire ulteriori elementi a sostegno di questa tesi. Entro marzo 2023, Eisai e Biogen prevedono di sottoporre il farmaco alla Food and Drug Administration (Fda) statunitense e all’Agenzia europea dei medicinali (Ema) per riceverel’autorizzazione alla messa in commercio. «L’annuncio di oggi dà ai pazienti e alle loro famiglie la speranza che il Lecanemab, se approvato, possa potenzialmente rallentare la progressione del morbo di Alzheimer e fornire unimpatto clinicamente significativosulla cognizione», ha affermato Michel Vounatsos, amministratore delegato di Biogen. «Il morbo di Alzheimer non solo rappresenta una grande sfida per i pazienti e le loro famiglie, ma ha anche un impatto negativo sulla società, tra cui la diminuzione dellaproduttività, l’aumento deicosti socialie l’ansiacorrelata alla malattia – ha affermato Haruo Naito, amministratore delegato di Eisai –. Riteniamo che contribuire ad alleviare questi oneri avrà un impatto positivo sulla società nel suo complesso». L’Organizzazione mondiale della sanitàstimache oggi circa 55 milioni di persone siano affette da demenza senile, una malattia che fa registrare circa10 milioni di nuovi casi ogni anno. Considerando la percentuale di anziani in aumento in molti Paesi, si prevede che questo numero salirà a 78 milioni nel 2030 e a 139 milioni nel 2050. Al momento non è ancora disponibile alcun trattamento ufficiale per curare la demenza. Dopo ilfallimentodi diversesperimentazionifarmacologiche e alcuneipotesicontroverse, negli ultimi anni diversi ricercatori hanno riconsiderato l’importanza di unapproccio preventivo. Una commissione scientifica diLancet, tra le più importanti riviste internazionali in campo medico,stimache circa il 40% dei casi di demenza potrebbe essere prevenuto o ritardato eliminandofattori di rischiocome pressione alta, bassi livelli di istruzione o contatto sociale,problemi di vista e udito, fumo, obesità,depressione, inattività fisica, diabete, consumo eccessivo di alcol e inquinamento atmosferico.