Forse avevamo ragione, con questa storia del maschile femminile?

Forse avevamo ragione, con questa storia del maschile femminile?

 

Pensando aidizionarispesso la mente evoca immagini di libroni enormi, il più delle volte impolverati, e infarciti di parole una in fila all’altra. Strumenti preziosi per lo studio ma quasi mai percepiti come emblema di innovazione e modernità. Come a voler sovvertire un luogo comune mai come in questo caso errato, arriva però proprio da un vocabolario unanovità importante, che ha come obiettivo accelerare la marcia, ancora lunga va detto,verso ilraggiungimento dellaparità di generee l’abbattimento degli stereotipi. Treccani, infatti, nella nuova versione del suo dizionario presentata in questi giorni ha deciso di non privilegiare più il genere maschile ma di registrare anche ilfemminiledi nomi e aggettivi, anche nei casi in cui fino a ora erano state usate parole al maschile per indicare la forma neutra. Particolare attenzione ai mestieri, che non sono più solo avvocato ma ancheavvocata, notaia, medica, soldata, architettae via discorrendo. Non mancherà nemmenodirettrice, con buona pace diBeatrice Veneziche ha sempre detto di volersi far chiamare direttore d’orchestra e che, forse, adesso dovrà arrendersi e abbracciare le nuove regole linguistiche. Così come dovranno fare molti uomini, restii a perdere l’esclusività linguisticadelle proprie professioni. Come si legge sulsito ufficiale, “Il vocabolario Treccani è lo specchio del mondo che cambia e il frutto della necessità di validare e dare dignità a una nuova visione della società, che passa inevitabilmente attraverso un nuovo e diverso utilizzo delle parole”. Parole che per molti non sono altro che lettere una in fila all’altra prive di reale potere, ma delle quali, invece, sottovalutare la potenza è un grave errore perché forma e contenuto spesso viaggiano a braccetto. E se è vero chemolte parole ferisconofino al punto di innescare episodi di violenza e bullismo, è anche attraverso un linguaggio corretto che possono prendere slancio piccoli o grandi cambiamenti culturali. Proprio per questo, iniziative come quella della Treccani sono preziose, anche se la strada della verauguaglianzaè ancora costellata di ostacoli che la politica in primis dovrebbe cercare di rimuovere, invece di essere sistematicamente battuta sul tempo e sulla volontà da altri. A farlo stavolta sono stati la linguistaValeria Della Vallee il linguistaGiuseppe Patota, che hanno diretto l’edizione 2022 della Treccani inserendo tra le parole nuove ancheministra, assessora e senatrice, in contrapposizione alla decisione del Senato di qualche mese fa di non approvare l’emendamento presentato dalla senatrice del Movimento 5 Stelle Alessandra Maiorino, che prevedeva l’introduzione nel linguaggio istituzionale scritto, proprio dei termini ministra, senatrice, e presidente. Allora la richiesta di abbandonare il genere unico era apparsa ovvia e l’esito della votazione scontato visto che donne che ricoprono quelle cariche già esistono da tempo. Non è stato però così ma mentre il Parlamento pensa di poter ancora chiamare una ministra ministro, chi di linguaggio e delle sue evoluzioni se ne intende ha manifestato il proprio disaccordo decidendo fortunatamente di andare nella direzione opposta. Il Treccani è il primo vocabolario della storia della lessicografia italiana anon privilegiare il genere maschilee oltre ai nomi delle professioniha cambiato anche il modo di registrare gli aggettivi. «Cercando il significato di un aggettivo come bello o adatto – si legge sempre sul sito – troveremo lemmatizzata, ovvero registrata e quindi visualizzata in grassetto, anche la sua forma femminile, seguendo sempre l’ordine alfabetico; bella, bello; adatta, adatto». Il contenuto del dizionario punta anche asmantellare gli stereotipi di genere, evitando di descrivere le donne come angeli del focolare divise tra fornelli e prole; e gli uomini businessman sempre impegnati e con giacca e cravatta d’ordinanza. Per spiegare il significato di alcune parole non sono quindi più usate frasi come «La mamma stira», «Il papà va al lavoro», «La mamma cucina», «Il papà legge il giornale» spesso tristemente riportati anche in molti testi scolastici tuttora in dotazione alle scuole elementari. «Saranno invece presenti nuovi esempi di utilizzo e contestualizzazione e sarà evidenziato il carattere offensivo di tutte le parole e di tutti i modi di dire che possono essere lesivi della dignità di ogni persona». Passi avanti importanti che registrando i cambiamenti della società nella quale viviamo puntano a smantellare pregiudizi e luoghi comuni e a crescere nuove generazioni, a cui il dizionario è principalmente rivolto, più consapevoli e libere.