Lo Spazio ha bisogno di una “ripulita”

“Satelliti defunti, nuclei di razzi abbandonati e altri detriti riempiono l’ambiente spaziale creando problemi per le missioni future”, ha spiegato laFederal Communications Commissionparlando della necessità di mitigareidetriti orbitali nello Spazio: “Alla fine dello scorso anno erano in orbitapiù di 4800 satellitie le proiezioni sulla crescita futura dei satelliti indicano che ce ne saranno molti altri”.E più aumenta il numero di oggetti nello spazio, piùcresce il rischio di collisione. L’agenzia governativa statunitense che regola le norme relative ai diversi tipi di apparecchiature elettroniche, dai dispositivi a radiofrequenza alle apparecchiature scientifiche, ha propostoun pianoperanticipare il rientro nell’atmosfera terrestre di satelliti e altri veicoli spaziali: i 25 anni attuali dal completamento della missione si potrebbero ridurre a 5, “nell’ambito dei nostri continui sforzi per mitigare la generazione di detriti orbitali”. La“regola dei 5 anni”richiede agli operatori della stazione spaziale di completare lo smaltimento non appena possibile, e comunque non oltre i 5 anni dalla fine della missione. Questa norma si applicherebbe “alle stazioni spaziali che terminano le loro missioni nella regione dell’orbita bassa della Terra o che vi transitanoal di sotto dei 2.000 chilometri”. E riguarderebbe i satelliti e i sistemicon licenza statunitensee quelli che vorrebbero accedere al mercato Usa. Si tratta, dice laFcc, di“un primo passo per inaugurare una nuova era per la sicurezza spaziale e la politica sui detriti orbitali”,rientrando nel discorso della spazzatura spaziale che gravita intorno alla Terra. Secondo l’ultimo rapporto annualesullo stato dell’ambiente spaziale pubblicato dall’Agenzia spaziale europea, l’Esa, sono circa36.500 i detriti spaziali in orbitaidentificati e regolarmente monitorati per evitare collisioni, mapiù di 1 milione quelli da 1 a 10 centimetri. Secondo gli esperti Esa, “se non cambiamo significativamente il modo in cui lanciamo e smaltiamo gli oggetti spaziali, il numero di collisioni catastrofiche nello spazio rischia di aumentare”. Nel 1991 un consulente dell’agenzia spaziale americanaNasapropose uno scenario per cuiil volume di detriti spazialiche si trovano nell’orbita terrestre bassa potrebbe diventare così elevato da generare una serie di collisioni che creerebbero una rischiosa reazione a catena: questa teoria prese il nome diSindrome di Kessler. Negli ultimi 2 anni si è verificato un“enorme aumento” del numero di piccoli satelliti commerciali in orbita, spiega l’Esa, molti lanciati per fornire servizi di comunicazione in tutto il mondo, che portano con sé grandi vantaggi, “ma rappresenteranno unasfida per la sostenibilità a lungo termine”. La maggior parte di questi detriti hanno un peso compreso tra 100 e 1000 chilogrammi. Quelli così grandi possono essere osservati e controllati attraversola tecnica radar, inviando un impulso di onde elettromagnetiche verso un detrito e rilevandone “l’eco”. Anche itelescopi possono aiutare a individuare i detriti, specialmente quelli metallici, perché riflettono la luce solare. Nel corso del tempo le tecniche si sono affinate e oggi è possibile rilevare non solo i detriti che misurano da 1 a 10 centimetri di larghezza, ma anche quelli da 1 millimetro a 1 centimetro: questi ultimi sarebberooltre 130 milioni secondo loSpace Debris Officedell’Esa in Germania. Nonostante le dimensioni quasi impercettibili rispetto ai satelliti e aiveicoli spazialiche fluttuano attorno alla Terra, questi oggetti possono provocaredanni gravissimi, da piccole crepe fino alla distruzione di interi satelliti. Per questo le stazioni spaziali come il laboratorio europeoColumbus, così come i moduli della Nasa, sono dotati distrati di protezione, spesso di alluminio, in grado di ripararli dagli scontri più frequenti, quelli con i detriti più piccoli: scaglie di vernice, frammenti di circuiti elettronici, frammenti di acciaio, di alluminio, di titanio. L’Esasta sviluppando deisistemi automatizzatiche usano l’intelligenza artificiale e altre tecnologie per aiutare gli operatori a effettuare manovre di prevenzione delle collisioni e dotare sempre più satelliti di sistemi per deorbitare utilizzando i propri propulsori. L’Agenzia Spaziale Europea si è concentrata anche sumetodidi rimozione dei detriti, e di recente ha annunciato una partnership con due diverse aziende private,OneWebeAstroscale, che opereranno durante la prima missione di “ELSA-M”,prevista nel 2024. Sarà il primo sistema in grado di agganciare i satelliti e riportarli verso l’atmosfera.