Cina: caccia al dna dei tibetani

Cina: caccia al dna dei tibetani

 

In molte città e villaggi della regione autonoma delTibet(Tar), le autorità cinesi stanno intensificando le attività di controllo tra cui laraccolta massiva deldnadella popolazione, inclusibambinieresidenti temporanei, in modo arbitrario e senza collegamenti diretti con minacce o reati. A dichiararlo è unrapportodell’organizzazione non governativaHuman Rights Watch, secondo cui «le informazioni disponibili indicano che le persone non possono rifiutarsi di fornire il proprio Dna e che la polizia non ha bisogno di prove credibili di alcuna condotta criminale». «Il governo cinese stava già sottoponendo i tibetani a unarepressione pervasiva– ha affermato Sophie Richardson, direttrice cinese diHuman Rights Watch– Ora le autorità stanno letteralmente prelevando sangue senza consenso per rafforzare le loro capacità di sorveglianza». Secondo un’analisidell’Australian Strategic Policy Institute(ASPI), a partire dal 2013 le autorità di Pechino «hanno ottenutocampioni biometrici da circa l’intera popolazione della Tar (3 milioni di residenti) con ilpretesto di esami fisici annuali gratuiti». Ad aprile di quest’anno la polizia ha avviato unacampagnache ha coinvolto almeno tre asili nido della contea di Nyêmo nella prefettura di Lhasa, la capitale della Tar, giustificandola con la volontà di «fornire una solida base di dati per prevenire, combattere i crimini illegali emantenere l’ordinee la stabilità sociale». La Ong ha identificato segnalazioni analoghe in 14 località distinte (una prefettura, 2 contee, 2 città, 2 comuni e 7 villaggi), e stima che la raccolta dei campioni di sangue riguardi tutte le7 prefetture in cui è diviso il territorio della Tar (2 prefetture e 5 città prefettura). «Costringere le persone a fornire campioni di sangue o prelevare campioni di sangue senza una giustificazione o un consenso informato, significativo e liberamente fornito può violare laprivacy, ladignitàe ildiritto all’integritàfisica di un individuo – sostiene la Ong –. In alcune circostanze può anche costituire un trattamento degradante». La raccolta e l’indicizzazione dei campioni di sangue però non riguarda solo il Tibet, ma è parte di unpiano di sorveglianza genomica ideato sin dai primi anni 2000,quando il Ministero di pubblica sicurezza cinese ha progettato ilSistema di database del Dna delle scienze forensi, unabanca datinazionale parte di un sistema informativo più ampio noto comeGolden Shield. Nel 2016 il programma è stato esteso anche alla regione delloXinjiang, e dalla fine del 2017 la rete comprende tutta la Cina con l’obiettivodi «migliorare in modo completo la capacità degli organi di pubblica sicurezza di risolvere casi, e gestire econtrollare la società». «La Cina sta spostando il suosistema orwellianoa livello genetico – ha commentato Richardson, secondo cui – la raccolta del DNA può avere usi legittimi di polizia nelle indagini su specifici casi criminali, ma solo in un contesto in cui le persone hanno una protezione della privacy significativa». Altrimenti, conclude, è «unatempesta perfettaper gli abusi».