Giappone: ritorno al nucleare

Agli occhi del mondo sembra che ilGiapponestia intraprendendo un viaggio per il ritorno al passato: dopo anni di una politicapost Fukushima, segnata dal tristemente noto disastro nucleare e improntata sulla volontà di guardarsi bene dal costruire nuove centrali, l’attuale primo ministroFumio Kishidaha recentemente fatto marcia indietro e, per preparare il Paese al meglio in vista di possibili carenze di fornitura energetica, ha annunciato ladecisionediriattivare una serie di reattori nucleari inattiviesviluppare nuove centraliutilizzando tecnologie di prossima generazione. Già lo scorso luglio, Kishida aveva illustrato un primo piano per riattivare fino a 9 reattori nel breve termine e 10 nel medio termine, arrivandoentro l’estate del 2023 alla riattivazione di 17 reattorisu un totale di 33 operabili. Nel piano era prevista, inoltre, la possibilità diallungare la vita operativa dei reattori: secondo la legge attuale, dovrebbero durare tra i 40 e i 60 anni prima della loro dismissione ma, con le nuove decisioni del primo ministro, questi potrebbero dover lavorare di più. Nonostante le idee e i progetti siano ben chiari e delineati, servirà ancora qualche mese per permettere ai funzionari del governo di elaborare misure concrete che tengano conto anche delle carenze strutturali del Paese, oltre che unpiano per guadagnare il consenso del pubblicosull’energia sostenibile e sul nucleare. Compito difficile in un territorio ferito dal disastro di Fukushima solo 11 anni fa. Entro la fine dell’anno, comunque, è certo che il Giappone avrà il suo piano operativo definitivo e un calendario per avviare le procedure di riavvio dell’attività di ciascuna delle centrali. A quel punto sarà tutto nelle mani dei comuni locali che avranno la possibilità di scegliere o meno se procedere con leverifiche di sicurezza per la riattivazione dei reattori. Intanto, a partire dal 2030, l’obiettivo sarà quello di progettare e costruirenuove centrali nucleari di ultima generazione, concentrandosi in particolare su reattori ad acqua leggera, come si legge in una bozza redatta dal Ministero dell’Economia, del Commercio e dell’industria. Se realizzate, queste sarebbero le prime a nascere dopo il disastro del 2011. Dopo questo incidente, scatenato da un terremoto e conseguente tsunami, il Giappone ha infatti mantenuto inattive le sue centrali e intrapreso una strada di rinuncia alla costruzione di nuovi reattori. Purtroppo «L’invasione dellaRussiaha cambiato la situazione energetica globale», ha dichiarato Kishida. Così, mentre i mercati dei combustibili fossili sono sottosopra e lebolletteaumentano in tutto il mondo, il Giappone si è visto costretto a un retro front sul tema nucleare: una mossa strategica e, forse, inevitabile per un Paese che mira a ridurre la sua dipendenza dalle importazioni di energia, soprattutto nel mezzo di una crisi energetica mondiale.