Quanto vale l’addio di Draghi?

Uno vale uno, predicava il vangelo dei5 Stelle. Forse è stata questa, fin da principio, laficheche infine ha fatto saltare il banco dell’esecutivo guidato da Mario Draghi. Il movimento che ha imparato a fare di conto sul pallottoliere dei fuoriusciti dal partito non ha mai tollerato che qualcuno indossasse la maglia numero 10 del capitano, neppure ai calci di rigore allestiti mercoledì al Senato. A partire dall’investitura coatta diGiuseppe Contea leader di partito, fino all’imputata lesa maestà nei confronti dello stesso da parte del premier uscente. Ritenuto colpevole, nel profondo, di non essere “uno” come gli altri o un primo tra pari. Di essere, alla lettera, una personalità egregia, un fuoriclasse a cui l’Italia ha in sostanza esternalizzato la gestione del governo. Nessuno è profeta in patria, men che meno se prima è stato profeta all’estero.Finisce così il terzo governo della XVIII legislatura, con una scena madre senza padri legittimi néfavor veritatis, un dramma senza agnizione in cui tutti, a turno, hanno disconosciuto qualcuno. Ma ora l’Italia potrebbe doverpagare il prezzodell’ormai proverbiale “whatever it takes” con cui lo stesso Draghi salvò l’euro dalla crisi del debito sovrano. Mentre la Bcealzaitassi di interesseper la prima volta dal 2011 e vara loscudo anti-spreadper riportare l’inflazione al 2% nel medio termine, il differenziale dei titoli di stato italiani rispetto a quelli tedeschi di riferimento è schizzato oggi a 243 punti rispetto ai 221 di ieri per poi stabilizzarsi a 238 punti, ma secondo glianalistipotrebbe raggiungere ei 300 punti. Un indicatore dellascarsa fiduciaattuale da parte degli investitori stranieri nei confronti dell’Italia. «I mercati internazionali hanno sempre visto l’Italia come un potenziale problema a causa del debito pubblico alto -spiegaMatteo Renzi -I nostri genitori e i nostri nonni politici si sono indebitati, hanno lasciato le casse dello Stato piene di debiti, quindi i mercati ti guardano con un occhio sospetto. Abbiamo tolto Draghi che, all’occhio dei mercati, era la garanzia suprema». Ma con l’uscita di scena di Mario Draghi si aprono una serie di incognite ulteriori che toccano l’economia del Paese. Se le misure a sostegno di famiglie e imprese previste daldecreto Aiutiavranno il via libera entro agosto, ha rassicurato Draghi, sul tavolo restano i nodi delsalario minimo, del taglio delcuneo fiscale, lariforma delle pensionie ilrinnovo deicontratticollettivi scaduti («alcuni addirittura da nove anni»). «La politica romana non ha tenuto conto degli appelli che arrivavano dai territori, dai sindaci, dal tessuto produttivo, e quanto è successo avrà effetti molto gravi, specie nella situazione di crisi internazionale che stiamo vivendo»,commentala presidente di Confindustria Vicenza Laura Dalla Vecchia. Entro metà ottobre, l’Italia dovrà presentare a Bruxelles lalegge di bilanciocon le previsioni di entrata e di spesa per il 2023, che dovrà approdare in parlamento entro il 20 ottobre. Se la manovra non verrà approvata dalle Camere entro fine anno scatterà il cosiddetto “esercizio provvisorio”, un periodo fino a 4 mesi durante il quale lo Stato dovrà operare con capacità di spesa ridotte. Per dicembre, inoltre, l’Italia dovrà raggiungere i55 obiettivi delPnrrnecessari ad accedere alla terza rata di finanziamenti europei dal valore di21,84 miliardidi euro. Tra questi ilddl Concorrenza, che approderà lunedì alla Camera dove sarà infine stralciato il decreto sullaliberalizzazionedei taxi, e le riforme dellagiustizia, inclusa quella delfisco,e degli appalti. Insomma, non tutto potrà essere affrontato col cosiddetto “disbrigo degli affari correnti”, la formula in vigore fino alla formazione del nuovo esecutivo che risulterà dalleelezionidel25 settembre. «Il periodo che attraversiamo non consente pause», ha ribadito il Presidente della RepubblicaSergio Mattarellanel discorso tenuto dopo lo scioglimento delle Camere. Occorrono «interventi indispensabili per contrastare gli effetti della crisi economica e sociale e in particolare dell’aumento dell’inflazione -ha aggiunto – che causata soprattutto dalcosto dell’energiae deiprodotti alimentaricomporta pesanti conseguenze per le famiglie e per le imprese». La palla, ora, passa ai partiti. Gli arbitri della partita però, come sempre, saranno gli elettori.