Grindadrap: la tradizione che fa strage di delfini

Grindadrap: la tradizione che fa strage di delfini

 

Esiste un posto, non troppo lontano da noi, dove la tradizione si macchia di sangue. Siamo alleisole Faroe,tra il Mare di Norvegia e il nord dell’Oceano Atlantico, in mezzo tra l’Islanda e la Scozia. Qui, da oltre 400 anni, centinaia dibalene e delfinidalla coda bianca vengono sacrificati ogni anno per il rituale dellaGrindadrap: letteralmente, il macello (drap) delle balene (grind). I primi documenti sulla caccia alle balene risalgono al 1584, 438 anni fa, quando la mattanza era dettata dalla necessità di sostentamento delle popolazioni delle isole Faroe: la posizione dell’arcipelago, infatti, non è delle migliori, trovandosi in uno dei punti più isolati del continente europeo e rendendo difficili i processi di importazione. In più, il clima non ha aiutato e ha reso pressoché impossibile lo sviluppo dell’agricoltura. Così, le popolazioni del posto hanno dovuto trovare, negli anni, strade alternative,arrangiandosi con ciò che il territorio offriva:pesce e carne di balena. È in questo contesto che nasce la Grindadrap. Generalmente la caccia avviene nel periodo estivo, tra maggio e settembre. Ma non esiste nessuna regola che imponga un periodo preciso per dare il via alla mattanza. Esiste invece un regolamento che impone come uccidere i cetacei, chi può farlo e dove può farlo. Esistono dellespiagge ritenute idoneealla strage e sono non più di 20 in tutto l’arcipelago. Esistono dei “cacciatori specializzati” che hanno diritto a entrare in queste spiagge per uccidere le balene e i delfini. Esistono delle modalità di uccisione: colpi secchi sul midollo spinale che causano la fuoriuscita di grandi quantità di sangue per colorare di rosso l’acqua del mare e garantiscono lamorte dei cetaceientro pochi secondi per limitarne le sofferenze. Perché di risparmiarle non se ne parla. La tradizione è tradizione. Anche se oggi la carne di balena non serve più a garantire la sopravvivenza degli isolani, anche se ormai l’importazione ha risolto ogni problema di sostentamento, anche se raramente tutta quella carne di balene e delfini viene poi commercializzata (e non è, dunque, fonte economica),la strage ogni anno si fa. È in un contesto di necessità e sostentamento che nasce la Grindadrap, dicevamo. Ma le situazioni cambiano, i contesti si evolvono e, purtroppo, le tradizioni restano le stesse. A distanza di quasi cinquecento anni, infatti, la mattanza dei delfini è viva più che mai. Letteralmente. Nel2021è stato raggiunto ilrecord di cetacei uccisi:1428 delfini morti in un solo giorno in nome della tradizione. Un numero che spaventa se si guarda al passato: mai un massacro così grande nella storia della Grindadrap. Basti pensare chetra il 1991 e il 2000(10 anni, quindi), in un contesto storico-economico ben diverso da quello attuale, furono uccisi 9212 delfini. Poco più di 900 ogni anno! Questo fa riflettere. 1428 delfini morti in un giorno. Una cifra che non è passata inosservata, come non sono passate inosservate le innumerevoli immagini di cetacei in fila, in pozze di sangue e con tagli profondi. Le associazioni ambientaliste e migliaia di attivisti si sono immediatamente dati da fare per fermare il macello. Quasi un milione e mezzo di firme raccolte con una petizione e, finalmente, il primo piccolo passo verso la tutela dei cetacei: «Unlimite annualedi cattura di500 delfini dalla coda biancaè stato ora proposto dal ministero della Pesca su base provvisoria per il 2022 e il 2023», ha dichiarato con una nota il Ministero della pesca delle isole Faroe. Per lebalene, invece,nessun limiteimposto. Una mattanza autorizzata, ora, visto che nessun documento prima aveva mai regolamentato ufficialmente il numero massimo di animali da uccidere. La petizione aveva richiesto l’abolizione definitiva di questa pratica inutile, legata ancora a un passato ormai remoto. Le autorità hanno risposto con delle limitazioni, forse inutili quanto la Grindadrap stessa: 500 esemplari di delfini troveranno ancora ogni anno morte certa e chissà se, nel 2024, quando lo tsunami di critiche e sdegno che ha travolto le isole Faroe si sarà ritirato, anche al provvedimento accadrà lo stesso e le acque che bagnano l’arcipelago torneranno a colorarsi del rosso sangue di migliaia di vittime sacrificali, in nome di una tradizione che oggi preferiamo chiamarecrudeltà.