Le invenzioni sono spade a doppio taglio

Come spesso accade di fronte ai nuovi fenomeni, il mondo si divide tra coloro che tentano disminuirne il carattere innovativo, riconducendolo a quanto sino allora conosciuto (secondo il noto detto “non c’è nulla di nuovo sotto il sole”), e altri chegridano al miracoloe vedono nuovi e radiosi orizzonti. L’innovazione tecnologica non sfugge al paradigma.Le contrapposte opinioni sull’innovazione derivante dalla blockchain, ne sono un esempio. Alcuni arrivano a ipotizzare di fatto il superamento di molti sistemi digovernancee di attestazione della pubblica fede, che sostituiranno gli schemi di certificazione sinora conosciuti, altri vedono nellecriptovalute, legate come sono alla blockchain, lo strumento che finalmente emanciperà il mondo dallo strapotere degli interessi finanziari. Di contro c’è chi lamenta lainsostenibilità energetica di tale tecnologia, la possibilità di aggiramento della pretesa immutabilità, e chi teme l’utilizzo fraudolento delle criptovalute, come se il denaro non si prestasse anch’esso al fenomeno del riciclaggio. Altri ancora, come il sottoscritto, si chiedono se dall’innovazione possadiscendere l’attuazione di quel diritto di naturada sempre vagheggiato dai cultori del diritto e dai filosofi senza mai giungere a un’effettiva validazione pratica che vada oltre il mondo delle idee. Il campo di prova nella specie è quello del riconoscimento dell’identità di ogni individuo, il riconoscimento della sua peculiarità e del suo essere unico, che spesso è rappresentato dall’attribuzione di un nome e cognome. Del resto cos’è un nome se non lo strumento che distingue l’individuo dalla specie cui appartiene? Quel nome che negli episodi cruenti dell’umanità è trasformato in numero proprio al fine di annichilire la persona e la sua individualità. Ilriconoscimento della personalitàdi ciascun individuo è principio contenuto nella Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo, così come approvata dall’assemblea generale delle Nazioni Unite, non fonte di diritto ma strumento disoft lawche dovrebbe essere universalmente riconosciuto per la fondatezza della ragione che lo sostiene. L’articolo 6, in italiano, testualmente recita “ogni individuo ha diritto, in ogni luogo, alriconoscimento della sua personalità giuridica”, traduzione che non regge la versione in inglese “everyone has the right to recognition everywhere as a person before the law”: il diritto a essere riconosciuto ovunque come persona davanti alla legge. Macosa accade quando il principio non trova recezionenei singoli ordinamenti nazionali? Per esempio perché si fa parte di minoranze non riconosciute e, anzi, avversate dal potere dello stato cui si appartiene? Cosa succede quando è lo stesso ordinamento cui si appartiene a non volere riconoscere il soggetto? La negazione sovrana di quel soggetto che a mente della dichiarazione e del diritto naturale e, ancor prima, della ragione pura, esiste prima e a prescindere dal fatto che il diritto positivo lo riconosca come tale. Il tema non è peregrino se si pensa alla sorte che perseguita i Rohingya in Myanmar e si tiene presente che, tra gli obiettivi dello sviluppo sostenibile, si giunge a includere il riconoscimento di una identità legale per tutti (SDG 16.9). In questo casola tecnologia dovrebbe in effetti aiutarea sostituire attraverso sistemi decentrati, ovvero non basati su un sistema centralizzato di controllo e validazione, l’assenza di riconoscimento da parte di un singolo stato. Da qui al passo dell’utilizzo di registri distribuiti decentralizzati, lo spazio è davvero breve. In questo senso, in linea teorica, lablockchainpotrebbe assurgere veramente asistema di attuazione di quel diritto di naturache non richiede la forza di uno stato sovrano per essere riconosciuto. Il tema è affascinante o almeno affascina chi scrive. Da qui è sorta la discussione e gli approfondimenti nati dal confronto con la mia amica Aileen Schultz, senior manager a Thomson Reuter e fondatrice e presidente del World Legal Summit, organizzazione con la quale spessoThe Thinking Watermill Society(della quale sono vice presidente) si confronta per affrontare i temi giuridici e anche etici relativi all’innovazione tecnologica: quell’innovazione tecnologica che può essere strumento di controllo di massa ma anche fonte di certezza volta a superare i confini degli ordinamenti nazionali per una tutela rafforzata deidiritti umani. Sul tema in particolare del diritto all’identità rinvio, quindi, al capitolo scritto a quattro mani con Aileen Schultz dal titoloHuman Rights in the Digital Era: Technological Evolution and a Return to Natural Law, parte del libroDigital Humanism, Human-Centric Approach to Digital Technologiesa cura di Marta Bertolaso, Luca Capone e Carlos Rodríguez-Lluesma, edito da Springer. Mi piace qui solo soffermarmi sul concetto che riguarda un poco tutte le invenzioni umane, il fatto che esse siano spade a doppio taglio. Sta a noi regolarne l’uso e proporci gliinterrogativi eticia esse connesse: la mera negazione o rifiuto non impediranno mai l’uso scellerato delle medesime, ma ci priveranno di strumenti di tutela e controllo e anche della possibilità di migliorare davvero il mondo.