Sono presenti in tutte le stagioni e tutte le forme. Lemicroplastiche, quelle che siamo abituati a citare quando pensiamo all’inquinamento dei mari,impattano anche sui laghi. Quanto? In che percentuali? E che tipologie? Sono alcune delle domande che si sono posti i ricercatori del progettoLife Blue Lakes, iniziativa che vede coinvoltiENEA(Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile) e diversi altri gruppi di ricerca e associazioni. Tra gli obiettivi del progetto c’è quello, dopo aver analizzato le acque di alcuni laghi comeGarda, Bracciano, Trasimenoin Italia o Costanza e Chiemsee in Germania, di costruire un processo partecipativo per la stesura dellaCarta del Lago(Lake Paper), “uno strumento volontario per latutela dei laghi dallemicroplasticheche sarà adottato dalle autorità locali e dalle comunità presenti nei principali laghi italiani e tedeschi” scrivono i relatori nella presentazione. Per arrivare a questo passaggio, durante tutte le differenti stagioni dal 2020 a oggi, sono stati studiati nel dettaglio i valori di microplastiche presenti per esempio nel lago diBracciano e Trasimeno, i cui dati sono appena stati diffusi. Dal report conclusivo emerge per esempio cheframmenti, fibre, palline di polistirolo e pelletsono oggi le forme più diffuse nei bacini di Bracciano e Trasimeno, mentre i tipi di plastica più presenti sonopolietilene (PE) e polipropilene (PP).Le analisi riguardano oltre 1000 particelle di plastica analizzate e recuperate dalle aree pilota dei due laghi dove durante le stagioni i ricercatori hanno tentato di comprendere la variabilità di presenza e distribuzione delle particelle a seconda delle differenti condizioni ambientali. Da Enea spiegano che “nei campioni raccolti in entrambi i laghi, sono stati rilevati soprattutto frammenti, come forma predominante, derivante per lo più dalladisgregazione dei rifiuti,presente in tutte le stagioni con valori percentuali dal 90 al 70% sulle microplastiche analizzate” e che “tra le altre microplastiche rilevate i film (che solitamente derivano dalladecomposizione degli imballaggi) mostrano un aumento percentuale nel periodo primaverile; lefibre(associate solitamente al lavaggio degli indumenti) sono in percentuale inferiore (4%) rispetto alle forme predominanti e non sono presenti nei campioni primaverili. Rimane costante infine la presenza deifilamenticon un valore maggiore pari al 9% nel campionamento invernale”. Nel Trasimeno sono inoltre presenti “anche pellet (palline di microplastiche primarie) in ogni campionamento stagionale”. Capire quali forme esatte di microplastiche sono presenti può aiutarea sviluppare le strategie per contrastare le forme di inquinamento nei laghidovute alle attività dell’uomo, ossia “programmare soluzioni praticabili e necessarie a impedire la dispersione di microplastiche nell’ambiente, a partire da una migliore gestione dei rifiuti o dall’adeguamento degli impianti di depurazione” sostengono da ENEA. Secondo Maria Sighicelli, ricercatrice del Dipartimento sostenibilità dei sistemi produttivi e territoriali ENEA, «questi dati sulla quantità e tipologia di microplastiche nei corpi idrici lacustri consentono di colmare il gap di conoscenze rispetto ai numerosi studi condotti neimarie negli oceani in tutto il mondo, di studiare questo fenomeno complesso e ampiamente diffuso e la standardizzazione dei metodi di monitoraggio è fondamentale per confrontare dati, valutare la distribuzione e l’apporto di particelle nella dinamica terra-mare». Soprattutto, l’idea di stabilire un“protocollo” per il monitoraggio e la salvaguardia dei laghipotrebbe rappresentare un grande passo avanti per la tutela ambientale. «La sua definizione è molto importante perché a oggi, se questo inquinamento è monitorato e codificato nelle acque marine, non lo è nei fiumi e nei laghi, dove non solo le microplastiche sono presenti ma spesso si fa un uso importante delle acque ai fini irrigui o idropotabili», aggiunge il direttore generale diLegambienteGiorgio Zampetti. «Per questo ci auguriamo che il progetto Blue Lakes possa contribuire a dare unostrumento utile di monitoraggioe a rivedere la normativa sui controlli, inserendo anche questo parametro. Coerentemente con il raggiungimento dell’Obiettivo di sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite 14, obiettivo 14.1 che prevede, entro il 2025, di prevenire e ridurre significativamente l’inquinamento marino di ogni tipo, in particolare dalle attività a terra tra cui i detriti marini e l’inquinamento da nutrienti» conclude.
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