Il solare dell’avvenire

 

Dal 2011 a oggi, la Cina ha investito oltre50 miliardinel fotovoltaico, 10 volte più dell’Europa, superando Giappone e Stati Uniti e creando più di 300.000 posti di lavoro. Oggi la Repubblica popolare detiene l’80% della filiera produttiva, una quota che nei prossimi anni potrebbe raggiungere il 95%. A fare il quadro di quello che si presenta come un regime di quasi-monopolio è l’ultimorapportodell’Agenzia internazionale dell’energia (Aie), secondo il qualefino al 2025 il mondo dipenderà “quasi completamente” dalla Cinaper la produzione dei componenti essenziali del fotovoltaico come polisilicio, lingotti, wafer, celle e moduli. La sola regione delloXinjiang, nel nord-ovest della Cina, è responsabile del40% della produzione mondialedi silicio policristallino, opolisilicio, la principale materia prima per la produzione di celle fotovoltaiche. Una concentrazione del mercato che, secondo l’Aie, rappresenta un fattore di «considerevole vulnerabilità». «La Cina è stata determinante nel ridurre i costi del fotovoltaico a livello globale, con molteplici vantaggi per le transizioni di energia pulita», ha affermato il direttore esecutivo dell’AieFatih Birol. «Allo stesso tempo, il livello di concentrazione geografica nelle catene di approvvigionamento globali pone anche potenziali sfide che i governi devono affrontare». L’impennata dei costi dellematerieprimee i colli di bottiglia delle catene di fornitura hanno visto crescere il prezzo dei pannelli solari del 20% nell’ultimo anno e determinatoritardinei tempi di consegna con effetti critici per il commercio su larga scala. La questione però non è solo geopolitica, ma anche legata a possibilifattori di rischiocome terremoti, incendi, inondazioni o guasti tecnici. «Le catene di approvvigionamento globali del fotovoltaico dovranno essere ampliate in modo da garantire che siano resilienti, convenienti e sostenibili», ha aggiunto Birol. Il rapporto mette in luce come la produzione di elettricità del fotovoltaico è ancora alimentata per lo più daicombustibili fossili, a causa del ruolo del carbone nelle regioni della Cina in cui si concentra la produzione.Decarbonizzareediversificarel’indotto sono le parole chiave per ridurre l’impatto ambientale del comparto e renderlo più stabile. I vantaggi sono anche economici. Secondo lo studio, infatti, i nuovi impianti di produzione potrebbero attrarreinvestimenti per 120 miliardidi dollari entro il 2030. Per lo stesso anno, inoltre, il settore avrebbe il potenziale di generare fino a1 milione di posti di lavoro, 1.300 unità per ogni gigawatt di capacità produttiva. A incentivare la transizione, in seguito all’invasione dell’Ucraina, è anche la necessità di emanciparsi dalgas russo. Il recente pianoREPowerEUvarato dalla Commissione europea per far fronte all’emergenza energetica punta a raggiungere320 GWdi solare fotovoltaico di nuova installazione entro il 2025, circa il doppio rispetto ai livelliattuali, per arrivare a quasi 600 GW entro il 2030. Questa capacità supplementare consentirà di evitare il consumo di 9 miliardi di metri cubi di gas naturale l’anno entro il 2027.