169 milioni di bambini lavorano per noi

169 milioni di bambini lavorano per noi

 

Nelle foreste tropicali diGhana e Costa d’Avorio, ibambini vengono sfruttatiper riuscire a prendere le fave di cacao avvolte dai baccelli della pianta. Hanno bisogno del machete, le loro mani sono piccole e veloci, il caldo e l’umidità li sfiancano. Illavoro minorilelegato alla produzione di cacao è solo una delle tante sfaccettature dello sfruttamento lavorativo dei bambini, uno di quei fenomeni che la pandemia ha contribuito a rafforzare. Oggi, 12 giugno, si celebra laGiornata Mondiale contro lo sfruttamento dellavoro minorile: di che cifre parliamo? Secondo le ultime stime diUnicefeIlo(l’International Labour Organizationche promuove la giustizia sociale e i diritti umani) delle 7,9 miliardi di persone al mondo circa160 milionisono bambinitra i 5 e i 17 anni soggetti al fenomeno. Di questi circa la metà,79 milioni, sono costretti a svolgere lavori duri e pericolosi non solo per la loro salute, ma ancheper il loro sviluppo psico-fisico. Queste cifre risalgono a prima della pandemia e senza dubbio sono state aggravate dall‘impatto dellacrisi sociale ed economicasuccessiva all’emergenza Covid-19.Le stime parlando di ben9 milioni di bambini in più. Il lavoro minorile legato allaproduzione di cacaoha avuto origine dal colonialismo e da lì, in determinati Paesi, non è più cessato. Comespiegal’antropologo Robert C. Ulin, all’epoca gli inglesi introdussero le piante di cacaoinAfrica occidentale, dove le condizioni di coltivazione erano l’ideale: le foreste tropicali in Ghana e Costa d’Avorio avvolgevano le foglie di cacao del caldo e dell’umidità tipici delle foreste tropicali ed essenziali per la sua crescita. Le fattorie di caco sono ancora operative, piccole e in mano a proprietari poveri: per la raccolta e la lavorazione ci vorrebbe molta manodopera che, però, questi agricoltori non possono permettersi perché non hanno i mezzi finanziari o un lavoro familiare adeguato. Ed è qui che entrano in campo i bambini: spesso hanno5 anni, più tipicamente sono di età compresatra i 10 e i 12 anni. Molti dei bambini che lavorano in queste realtà provengono dal Mali, tra le regioni desertiche di Niger, Mauritania e Algeria, e quelle più verdi di Burkina Faso, Senegal, Guinea e Costa d’Avorio. Vengonoavvicinati daitrafficantiche gli promettono una paga dignitosa, e accettano per aiutare le proprie famiglie. Il documentario “The dark side of chocolate”, disponibile su Youtube, mostra come i bambini vengano poi portati in Costa d’Avorio e Ghana dai trafficanti, supportati dalla polizia locale, e poi venduti ai contadini. Non è chiaro quanti lavorino in queste realtà: secondo Ilo, potrebbero essere 1,56 milioni solo in questi due Paesi dell’Africa. E in Italia?Come spiegaSave The Children, non esiste una rilevazione sistematica in grado di definire i contorni del fenomeno. Secondouna ricercadella Fondazione Studi Consulenti del Lavoro pubblicata nel 2021, circa il 10,7% degli occupati nel 2020 hanno iniziato a lavorare prima dei 16 anni, una situazione più diffusa al nord Italia che al sud. L’ultimaindaginesul lavoro minorile condotta da Save The Children e Fondazione Di Vittorio risale al 2013, quando i minori tra i 7 e i 15 anni toccati dal fenomeno erano 340.000. L’obiettivo 8.7dell’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile delle Nazioni Uniterichiama proprio alla necessità di eliminare le peggiori forme di lavoro minorile entro il 2025. L’anno scorso Ilo ha lanciato, insieme a varie organizzazioni, tra cui Save The Children, l’Alleanza 8.7, un’iniziativa mondiale che riunisce Stati membri, organizzazioni regionali e internazionali, società civile e imprese, perdire basta al lavoro minorile, alla schiavitù moderna e alla tratta degli esseri umani. Un altro progetto, “MAP16”, gestito dall’Organizzazione internazionale del lavoro e finanziato dal Dipartimento del lavoro degli Stati Uniti, è partito nel 2017 e durerà fino a settembre di quest’anno: mira a accelerare l’azione contro il lavoro minorile e il lavoro forzato. Cinque anni fa i bambini toccati dal fenomeno erano 151,6 milioni, nel 2000 circa 246 milioni. Segno chela cooperazione internazionale sta dando i suoi frutti.La pandemia, però, non era prevista.