Pesticidi nella frutta: più 53% in nove anni
Mangiare la frutta èsano, si dice sempre. Già, ma quanto? Un nuovo studiocondotto dalPesticide Action Network (PAN) Europeci avverte che la frutta europeanon è in realtà così incontaminata: anzi, per molti aspetti èpiena di residui di pesticidi, di cui alcuni anche tossici. Il report ci allerta sul fatto che negli ultimi nove anni, da quando lo studio tiene conto dei valori analizzati, in Europa la frutta con tracce di “cocktail chimici” potenzialmente dannosiè aumentata del 53%. Un aumento definito “drammatico” e “scioccante” dai relatori. Per esempio in un terzo dellemelee la metà di tutte lemoreanalizzate c’erano sostanze tossiche legate ai pesticidi collegabili anche conmalattie cardiache e cancro. Neikiwila presenza di questi residui ècresciuta dal 4% nel 2011 al 32% nel 2019mentre nelleciliegieè addirittura raddoppiata nello stesso periodo (dal 22 al 50%). L’indagine si è basata su frutta comunementeconsumata in Europa, e in parte importata,coinvolgendo oltre 100.000 campioni. Salomé Roynel del PAN ha spiegato che«ora i consumatori si trovano in una posizione terribile, quando viene detto loro di mangiare frutta fresca, perché gran parte di questa è contaminata dai residui dipesticidi più tossici legati a gravi impatti sulla salute. Ci è chiaro che i governi non hanno alcuna intenzione di vietare questi pesticidi, qualunque cosa dica la legge. Hanno troppa paura dellalobby agricola, che dipende da potenti prodotti chimici». I frutti più contaminati sono risultati lemore (51%), le pesche (45%), le fragole (38%), le ciliegie (35%) e le albicocche (35%). In alcuni casi è stato rilevato che l’87% delleperein Belgio e l’85% di quelle in Portogallo eranocontaminate da almeno un pesticida tossico. Tracce di prodotti chimici pericolosi per la salute sono state trovate anche in alcune verdure come ilsedano (50%) e il cavolo riccio (31%). Se i risultati diffusi dalPesticide Action Network(PAN) descrivono una situazione drammatica, altri attori della filiera agroalimentaresmorzano però l’allarmismo. «La presenza di tracce di sostanze non significa che il cibo non sia sicuro – ha precisato a esempio Anika Gatt Seretny di CropLife Europe – e l’Autorità europea per la sicurezza alimentare(Efsa)ha condotto ricerche approfondite su questo argomento, dimostrando che il rischio per i consumatori derivante dall’esposizione cumulativa alimentare è al di sotto della sogliae quindi non è un fattore di rischio». Sebbene si vada in direzione, come vuole l’Ue, diulteriore taglio del 50% dei pesticidi pericolosientro il 2030, lo studio sottolinea però come molte percentuali siano cresciute proprio dal 2011, anno in cui i governi Ue avrebbero dovuto iniziare a vietare l’uso di diverse sostanze. In attesa di altri studi e indagini che forniscono un quadro completo e imparziale della situazione, l’allarme su un possibile aumento diprodotti fitosanitari, pesticidi, insetticidi e fungicidi oggi potrebbe essere però legato alla necessità di soddisfare una domanda di mercato che trova sempremeno offertaa causa di unaproduzione ridottada effetti dellacrisi climatica e conflitti. Secondo Olivier de Schutter, relatore speciale delle Nazioni Unite su povertà e diritti umani,«purtroppo ora con lacrisi alimentareche si è sviluppata abbiamo una pressione molto forte, in particolare daisindacati degli agricoltoriche affermano che dobbiamoaumentare la produzioneper compensare l’interruzione delle forniture di grano, olio vegetale e mais dall’Ucraina e dalla Russia»e questo discorso “pericoloso” potrebbe spingere, esattamente come avviene con i combustibili fossili per compensare la crisi energetica in corso, a unaumento dell’uso dei pesticidi.