I Verdi conquistano l’Australia

 

Con la recentissima vittoria alle elezioni generali australiane del candidato del Partito LaburistaAnthony Albanese, sembra aprirsi una nuova fase per lepolitiche climatiche-ambientalinellaprincipale nazione dell’Oceania. Il nuovo primo ministro ha subito affermato che «ora abbiamo un’opportunità permettere fine alle guerre climatichein Australia. Le imprese australiane sanno che una buona azione contro il cambiamento climatico fa bene ai posti dilavoroe alla nostraeconomia, e io voglio unirmi allo sforzo globale». La crisi climatica è stata una delle principali tematiche che hanno dominato lacampagna elettorale, tanto da spingere milioni di australiani a rigettare la rielezione del conservatoreScott Morrison, leader della Coalizione Nazionale-Liberale che negli ultimi 10 anni aveva nettamente sabotato qualsiasi piano di mitigazione, nonostante gliimmensi incendi, le alluvioni, la siccità e le temperature record raggiunte in certi parti del Paese. A causa di questa “inazione” lerinnovabilisono rimaste poco diffuse e il75% dell’elettricità nazionale deriva ancora dal carbone, di cui l’Australia è il secondo più grande esportatore nel mondo e il terzo con le più larghe riserve del Pianeta. Per il professore Mark Howden dell’Università Nazionale Australiana a Canberra «al momento le nostre emissioni non stanno diminuendo». Con la salita al potere del Partito Laburista si prevede un drastico cambiamento nell’approccio, soprattutto in base al piano presentato dal team di Anthony Albanese. Che prevede unariduzione delle emissioni del 43% entro il 2030, grazie a nuovi investimenti negliimpianti solari, nella produzione dibatterie di accumulo, nell’efficientamento delle rete energetica, nella diffusione deiveicoli elettricie nello sviluppo dell’idrogenoeacciaio verde. Un piano giudicato da diversi esperti ancorainsufficiente, in quanto non rispetterebbe i vincoli dell’Accordo di Parigi del 2015che prescrivono delle politiche climatiche atte limitare l’aumento delle temperature globali entro 1,5 gradi, mentre i piani del Partito Laburista portano a temperature intorno ai 2 gradi. Molto più ambiziosi sono i propositi dei partiti minori, come i “Teal independents” (Indipendenti verde acqua) e iVerdi australiani, che propongono unariduzione delle emissioni del 60%(o del 74% i secondi) entro il 2030, ma soprattutto una fortissimadecarbonizzazionedei vari settori industriali e del comparto elettrico che dovrà presentare un mix energetico composto all’80% da fonti rinnovabili entro la fine della decade. È prevista anche una rivoluzione nel settore dei trasporti, con il Partito Laburista che vuole unlinea ferroviaria ad alta velocitànella costa orientale australiana, mentre i Teals spingono per elettrificare almeno il 76% di tutti i nuovi veicoli entro il 2030. I Verdi hanno proposto politiche ancora più aggressive, prevedendo un investimento di 6,1 miliardi di dollari australiani per lafutura industria manifatturiera elettricatanto che il loro leader Adam Bandt ha affermato che «ridurremo l’inquinamento, creando nuovi posti di lavoro e diventando energeticamente indipendenti sefaremo ripartire l’industria automobilisticadell’Australia del Sud,elettrificandola». Un insieme di propositi molto ambiziosi che metteranno pressione al nuovo premier Albanese, specialmentese il suo governo non dovesse avere la maggioranza dei seggi.Ma allo stesso tempo dei propositi che consentirebbero di rimanere in linea con gli obiettivi fondamentali dell’Accordo di Parigi.