Normalizziamo l’infertilità

 

Sette anni. Sette anni per diventare madre, tracliniche per la fertilità, sensi di colpa e code in istituti in cui, al posto del nome, affibbiano un numero. «In uno dei tanti tentativi che ho fatto, ero la16.816esima. Qualche mese dopo la cifra era triplicata. Mi dicevo: “Possibile che io mi senta sola in questa situazione quando siamo così tanti solo qui?”». A raccontare allaSvoltala sua storia, simile a quella di moltissime coppie in Italia e non solo, èLoredana Vanini, fotografa e ideatrice del progetto“Una delle tante”. «Sono sempre stata una persona molto aperta e cercare dirimanere incinta senza successomi dava un senso di tristezza e riservatezza che mai avevo provato prima. Tre anni fa ho voluto dare un volto a questa situazione, alle persone che come me affrontavano questabattaglia nel silenziogenerale», spiega Vanini. Illibroraccoglie100 ritratti di donne– uno è dell’autrice – che hanno smesso di provare vergogna nel non riuscire ad avere unfiglio, per normalizzare una condizione che, anche se sempre più diffusa, continua a essere vissuta come unararità difettosa. «L’infertilità riguarda3 coppie su 10in Italia», spiega Vanini. Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanitàsi tratta di “una patologia che si traduce nell’assenza di concepimento dopo 12/24 mesi di regolari rapporti sessuali mirati non protetti.Nel mondo interessa circa il 10-12% delle coppie”. «Tra i medici c’è la tendenzaa controllare esclusivamente la donnaperché ha un apparato molto più complesso e dunque si analizzano le tube, l’endometrio, le ovaie. Poi, eventualmente, si fa lo spermiogramma (l’esame a cui gli uomini possono sottoporsi per verificare la propria salute riproduttiva,ndr). E se per noi è motivo di inadeguatezza e ci fa sentiredonne a metà, per gli uomini è ancora peggio, va a intaccare la sfera dellavirilità, anche se ovviamente non c’entra nulla», racconta la fotografa. Ciò che manca sonoinformazione e formazionea riguardo. Vanini cita anche l’esame dell’ormone antimulleriano– un banale esame del sangue – che valuta la fertilità e la funzionalità ovarica: «È da questo test che ho scoperto che stavo messa male, maspesso una donna non se ne accorgeperché il ciclo è regolare e tutto sembra essere nella norma». I 100 ritratti raccolti da Vanini voglionosfatare il mitoche si tratti di battaglie individuali, poco diffuse, impossibili da affrontare: «Quando ricevi ladiagnositi senti sola, ti senti l’unica in questa condizione. Ho riunito le testimonianze ditantissime donne italiane e britanniche, conosciute nelle varie cliniche che ho frequentato e sui gruppi Facebook che ne parlano, che sono tantissimi». La comunità si è allargata quando, durante il primo lockdown, Vanini ha deciso di aprire una pagina suInstagram,One ofmany, e iniziare a parlare con professionisti esperti diProcreazione Medicalmente Assistitaper fare delle dirette: «All’inizio mi seguivano le ragazze che avevo coinvolto nel mio progetto fotografico, ora siamo più di 7.000». Sulla pagina si parla diovodonazionecon genetisti, biologi ed embriologi, di aspettipsicologicicon terapisti di tutta Italia che trattano l’argomento, e di altretecniche di Pma. Vanini spiega che oggi c’è unmercato dellaPma, perché si tratta di tecniche costose e lunghe, in cui è necessario investire tempo e molti soldi: «Nel pubblico tra un tentativo e l’altro può passare anche un anno, mentre privatamente i tempi sono più veloci, ma si parla anche5.000 euro a tentativo». In questo scenario stanno nascendo dellefigure non professionali che possono confonderele coppie, che in quei momenti tentano la qualunque. «Trovi l’ostetrica esperta di Pma – che non esiste, è la ginecologa a dover essere esperta di Pma -, poi la nutrizionista – e anche qui, c’è la biologa o l’embriologa -, lacoachche parla di Pma: non esiste, si tratta di una patologia e come tale bisogna parlarne con uno psicoterapeuta che conosce la materia. Per questo ho deciso di creare un team composto da medici di riferimento provenienti da tutta Italia». Nelle tappe delSocial Tour,Vanini è affiancata da un team di esperti che la aiutanonella divulgazione e nella normalizzazione di queste patologie: “Un appuntamento di condivisione e socializzazione ma allo stesso tempo di informazione e consapevolezza. Perché? Perché non vogliamo più vergognarci” spiegano daipalchi di Roma, Firenze, Torino, Napoli, Milano. Per abbattere tabù di ogni genere sull’argomento e incontrare dal vivo esperti e coppie. E incentivare un dialogo sempre più diffuso sull’infertilità, una patologia che nel 2022 è ancora invisibile.