La Nuova Zelanda ha un piano contro la crisi climatica. E noi?

 

Nel mondo la siccità, come in Africa, sta portando milioni di persone a spostarsi in cerca di acqua. Le zone colpite dai monsoni in Asia sono sempre meno vivibili e dagli Stati Uniti al Sudamerica sempre più aree oggi sono attraversate da ondate di calore. Gli effetti della crisi climatica sono ormai così evidenti che ogni Paese, con deipiani di mitigazione e adattamento, è chiamato a prepararsi. Un luogo dove negli ultimi mesi gli impatti del cambiamento climatico sono decisamente evidenti èla Nuova Zelanda. Il Paese dei maori è oggi fra i primi, con un piano dettagliato, a vedersi costretto a correre ai ripari velocemente. Per questo da poche ore il governo neozelandeseha diffuso i dettagli del suo piano per affrontare gli effetti del surriscaldamento globale, tra i quali anche l’innalzamento dei mari. Il Paese intende prepararsi a quelle che ormai stanno diventando condizioni che si ripetono con frequenza ma soprattutto con maggiore intensità: le inondazioni, gli incendi boschivi, le tempeste devastanti. Sul piatto della prevenzione hanno deciso di mettere alcuni punti fermi:costruzioni lontano da aree ad alto rischio e protezione dei siti naturali e culturali. Le proposte, pubblicate per poi passare a una fase di consultazione, prevedonoleggi per evitare di costruire in aree pericolose, piani per migliorare le risposte ai disastri naturali ma anche metodi per proteggere il sistema finanziario dagli shock di futuri disastri, oltre che riformare industrie tra cui turismo, pesca e agricoltura. «Il clima sta già cambiando e ci saranno alcuni effetti che non possiamo evitare. Proprio negli ultimi mesi abbiamo assistito amassicce inondazioni,come quelle di Tairawhiti; tempeste, come quelle sperimentate di recente a Westport;incendinelle zone umide di Waituna nel Southland; esiccità in tutto il Paese» ha ricordato con preoccupazioneil ministro del cambiamento climaticoJames Shaw, sostenendo che questi eventi dimostrano la necessità di azioni urgente per proteggere vite, società e infrastrutture. Di recente le inondazioni che hanno colpito il Paese sono state così pesanti che i residenti hanno stimato almeno un anno di lavori per ripulire tutto e quasi500 abitazioni sono risultate così danneggiate da essere abbandonate. Circa1 abitante su 7della Nuova Zelanda oggivive in zone soggette a forti rischi alluvionalie oltre 70.000 persone dovranno fare i conti con l’innalzamento del mare. Solo tra il 2007 e il 2017 si stima che il contributo del cambiamento climatico per inondazioni e siccità sia costato ai neozelandesi circa840 milioni di dollari in danniassicurati e perdite economiche. La questione delle case colpite dalla crisi climatica è talmente delicata che il governo sta pensando di includere nei piani un codice per l’edilizia in modo che tutte le nuove costruzioni tengano conto dei rischi climatici, così come creare incentivi per lo sviluppo lontano dalle aree ad alto rischio. Inoltre, c’è l’idea di rendere obbligatoriala divulgazione di informazionisu rischi climatici per potenziali acquirenti e costruttori. Per prepararsi ai nuovi effetti del surriscaldamento il piano nazionale include diverse azioni che vanno dallaprotezione dei siti maoria proposte per riformare ilsistema turistico:una di questa èuna sorta di tassa per i turisti in arrivo, in modo che “contribuiscano a infrastrutture resilienti e adattabili e all’ambiente naturale che utilizzano” si legge in un passaggio. Molti punti del Piano sono legati anche a un discorso economico: quando il clima fa sfaceli,chi paga?Il governo sta dunque cercando di trovare sistemi per evitare ulteriori perdite. Adesso, dopo una prima fase di pubblicazione, il piano sarà aperto alla consultazione pubblica prima di essere finalizzato. Come chiosa il ministro Shaw «la Nuova Zelanda avrà presto un Piano perridurre le nostre emissionie aiutare a prevenire gli effetti peggiori dei cambiamenti climatica. Ma dobbiamo anche sostenere le comunità già colpite da eventi meteorologici più estremi e più frequenti. Dobbiamo prepararci».