Dei 2 milioni di persone ucrainerifugiate in Poloniaa seguito dell’invasione russa, il 90% è composto da donne e bambini. Stando ai dati e alle testimonianze, il sistema polacco dell’accoglienzasi sta rivelando in grado di sostenere egregiamente i continui flussi in arrivo. Ma non tutto è oro quello che luccica. Ricordiamo, infatti, chele donne polacche, a causa delle restrizioni antiabortiste, sono ormai costrette a ricorrereall’aborto illegaleo a recarsi in altri Paesi per poter portare avanti un’interruzione volontaria di gravidanza in ambienti sicuri. E sfortunatamente, questa legge si applica anche alle donne provenienti dall’Ucraina, che sfuggono alle drammatiche conseguenze dell’invasione ed, in molti casi, alla violazione dei propri corpi che può dare luogo agravidanze indesideratee particolarmente dolorose da portare avanti. Sono donne alle quali, nel proprio Paese, era consentito di abortire fino alla dodicesima settimana. Cosa accadrà loro adesso? Saranno costrette a portare avanti queste assurde gravidanze? Ne parliamo spesso, ma mai abbastanza. Nel mondo, secondo laWorld Health Organization, il 45% circa degli aborti è illegale. Il 97% di essi viene praticato in un Paese emergente E rappresenta una causa ormai tristemente nota di mortalità e infermità delle donne. Oltretutto, nei Paesi in cui l’interruzione volontaria di gravidanza è vietata, contrariamente a quanto ci si potrebbe aspettare, il numero degli aborti non si riduce. Maad aumentare è la mortalità delle donneche incorrono nelle conseguenze talora mortali degli aborti illegali (il cui numero è naturalmente più elevato proprio in quei paesi che hanno applicato rigide normative antiabortiste). Tutto sempre sul corpo delle donne. E mai che le donne possano decidervi in autonomia.Mestruazioni, assorbenti, riproduzione. Del resto, secondo un articolo pubblicato sulBritish Journal of Clinical Pharmacologynel 2018, sebbene rappresentino almeno la metà del mercato potenziale,solo il 22% dei soggetti su cui vengono sperimentati i nuovi farmaci sono donne. Un altro esempio? Secondo le Nazioni Unite, una donna in età fertile su 10 in tutto il mondo soffre a causa dell’accesso insufficiente a prodotti per l’igiene mestruale. Temi che vengono ignorati dal discorso economico e istituzionale per essere relegati all’ambito intimo e personale di ciascuna donna. Lo stigma che accompagna questi argomenti, che imbarazzano i policy makers, ha in realtà ripercussioni sul benessere quotidiano di miliardi di donne, determinando anche quella che si chiamapovertà mestruale. Si stima che 500 milioni di persone al mondo non siano in grado di accedere ai prodotti mestruali. E non solo nei Paesi emergenti: Reuters ha pubblicato di recente una ricerca che rivela come, negli Stati Uniti, circai due terzi delle donne a basso redditonon abbiano potuto acquistare prodotti igienici lo scorso anno e come metà di esse si sia trovata spesso nella condizione didover scegliere tra l’acquistare assorbenti o cibo per sé e per la propria famiglia. Mentre nel nostro Paese, è notizie recente che inPiemontela Regione abbiasospeso la somministrazione della pillola Ru486al di fuori delle strutture ospedaliere, dando invece supporto alle associazioni pro Life. Quantifichiamolo: 400.000 euro per promuovere progetti a tutela della maternità. Ed è notizia di qualche giorno fa che la Commissione Finanze del Senato abbia dato parere non ostativo aldecreto legislativo che prevedeun’esenzione totale dell’IVAe delle accise per quanti forniscono armi e servizi militaria favore di un Paese membro dell’UE che sia protagonista di uno “sforzo di difesa”. E intanto, l’IVA sugli assorbenti rimane al 10%.