L’impatto della cocaina sull’ambiente
Per l’ambiente l’effetto della polvere bianca è un futuro nero. Mentre in tutto il Pianeta si stanno inseguendo nuove politiche di conservazione e di protezione della biodiversità, ilmercato illegale dellacocainacontinua nel silenzio ad andare nella direzione opposta:deforestando, consumando suolo, inquinando e dimezzando la biodiversitànelle zone in cui viene prodotta la droga e nascono nuove rotte della coca aperte dai narcotrafficanti, i quali senza scrupolo continuano anche a uccidere centinaia di difensori dell’ambiente che si mettono di mezzo. Sulla rivistaMongbayè stato di recente pubblicato un lungo articolo che prova a raccontare l’impatto del traffico di droga e della produzione dicocaina sull’ambiente. Oggi, circa20 milioni di persone consumano cocaina, soprattutto in Nord America ed Europa (dati 2019). Dopo i primi anni Ottanta, in cui le piante di coca venivano lavorate soprattutto in Perù e Bolivia, oggi larga parte della produzione avviene inColombia. Qui, come in altre aree del Sudamerica, la richiesta di coca sta portando a una serie di condizioni estremamente preoccupanti per l’ambiente. Esiste infatti un problema dideforestazione delle foreste tropicali, ma ancheimpatti sugli ecosistemi e i fiumi, così come danni ad alcunespecie. Sono già stati documentati, per esempio, gli impatti dell’inquinamento generato dalla lavorazione della coca suanguille e altre specie acquatiche,così come la lunga serie di tributi – spesso in termini di vite – che hanno dovuto pagarei popoli indigeni, coloro che tentano di salvaguardare aree oggi diventate corridoi dei narcos. Parallelamente anchele strategie di contrasto delle forze dell’ordinemesse in campo finora in alcune aree per esempio della Colombia, comeirrorare con sostanze chimichele zone delle colture delle piante di coca nel tentativo di sradicare il traffico, hanno causato nel tempo sempre piùdannialle foreste e la biodiversità. Solo in Colombia le stime legate al consumo di suolo e le coltivazioni per la cocaina appaiono molto complesse. Perl’UNODC (Ufficio delle Nazioni Unite contro droga e crimine)nel 2020 sono stati utilizzati143.000 ettariper far spazio alle coltivazioni di coca,un calo rispetto agli anni precedenti sebbene grazie a nuovi laboratori, tecnologie e tecniche, si è prodotto comunque l’8% in più di droga (circa 1300 tonnellate). Più alte invece le stime dell’Office of National Drug Control Policyche parla di quasi250.000 ettari coltivati a cocanello stesso periodoin una Colombia che oggi ospita quasi il 10% della biodiversità terrestre. A livello di deforestazione, nel 2020sono spariti quasi 13.000 ettari di foreste per sostenere la coltivazione della coca, pari a quasi l’8% di tutti i 170.000 ettari deforestati nel Paese tra legname, espansione agricola, coltivazioni varie e altre attività. Nei casi delle piantagioni di coca, nel raggio di un chilometro rispetto ai siti di produzione si registrano inoltre profonditagli e cambiamenti del suoloper far spazio a infrastrutture necessarie ai cartelli, tra le quali anchepiste di atterraggio clandestine. Oltre alla deforestazionela produzione della pasta di coca porta poi al rilasciodi diverse sostanze chimiche e tossichein ambiente e soprattutto nei fiumi si trovano tracce diacido solforico, acetone, benzina, per esempio. Per un solo chilo di coca si stima che possano essere necessari anche80 litri di benzina, prima di passare alla raffinazione. Alcune stime suggeriscono anche che fino a 3,5 milioni di tonnellate di sostanze chimiche per ettaro all’anno finiscono in natura con conseguente inquinamento delle acque. In più, c’è una lunga serie diinsetticidi, pesticidi e fungicidivari utilizzati per preservare le coltivazioni che hanno un impatto devastante sui territori per esempio amazzonici. A questo va aggiunto anche che una piccola percentuale (ma in aumento) delle coltivazioni di coca avvienein parchi e aree che dovrebbero essere protette,fattore che per gli esperti significa minaccia per la biodiversità. Di recente anche loIUCN (Unione internazionale per la conservazione della natura)ha ricordato come le attività collegate alla produzione di cocaina in Colombia stiano portando allaframmentazione degli habitataumentando il rischio di estinzione per diversespecie di uccelli, come i falchi, oppure i tucani. Sia la produzione di coca sia quellaillecita del cacaoin aree protette stanno impattando sulla salute della natura, e condizioni simili si stanno verificando oggi anche nell’Amazzonia peruviana e diverse aree dell’Ecuador, Nicaragua, Honduras e il Guatemala, oltre al Messico. Studi condotti dalla dottoressa Kendra McSweeneydella Ohio State University raccontano come ci siano numerosesottostime dei legami fra traffico di coca e il cambiamento dell’uso dei suoli, tanto che è necessario parlare proprio di “narco-deforestazione” e “narco-degradazione”. In alcuni casi, per esempio, terre utilizzate per i traffici illeciti vengono poi convertite a pascoli per il bestiame in attività che fungono da riciclo del denaro sporco. In Guatemala e Honduras le perdite forestali sostenute su larga scala di oltre 700.000 ettari e 420.000 ettari sono legate a “aree soggette a spostamenti di controllo verso grandi proprietari terrieri, spesso legati al narcotraffico” si legge nelle ricerche. Situazione che oggi preoccupa due realtà, quelle diCosta Rica e Panama, zone che stanno diventando nodi del traffico di coca sempre più importanti (lì l’80% dei sequestri di droga in America Centrale nel 2021). Sempre in centro America, si teme poi l’impatto ambientale dei narcos messicani sullasovrapesca e lespecie selvatiche.Più a sud invece, al confine tra Panama e Colombia, altri rischi ambientali collegati alle operazioni dei cartelli si legano oggi a doppio filo anche all‘estrazione mineraria, con tutte le conseguenze immaginabili dell’inquinamento di terre e fiumi, oggi sotto pressione per esempio per ilrilascio di mercurio. Tutti questi danni stanno contribuendo amutare biodiversitàdei territori in cui si produce la coca, mentre i problemi ambientali di dove viene consumata – come negli Usa o l’Europa – appaiono meno visibili, ma ci sono. Per esempionei corsi d’acqua e nelleacque reflue, a causa di quella consumata e poi rilasciata tramiteurine, vengono trovate sempre più tracce di cocaina, di sostanze chimiche e metaboliti collegati. A oggi, ci sono ancorapochi studi completi sull’impatto ambientale della cocaina, dalla produzione e deforestazione fino alle sostanze che finiscono nelle acque reflue, in grado di tracciare i potenziali danni nel tempo, o un quadro completo sulle minacce future. Alcuni studi, come per esempio quelli italiani della professoressa Anna Capaldo dell’Università di Napoli Federico II, si sono concentratisull’effetto della cocaina sulle specie,in questo caso le anguille, raccontando come le sostanze che finiscono nei fiumi possono impattare negativamente sulla vita di questi animali, con ricerche che ora si stanno concentrando anche sugli effetti di riproduzione o funzione cerebrale. In generale, la maggior parte dei ricercatori oggi sottolinea che nonostante le conoscenze sugli impatti della polvere bianca sull’ambiente stiano aumentando,siamo ancora “all’inizio”di “una escalation” continua dei possibili effetti di questa sostanza sulla salute del Pianeta.