Economia circolare: a che punto siamo
IlCircular Economy Network(la rete italiana per la transizione verso un’economia circolare) ha pubblicato in collaborazione con l’Enea(l’Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile) il quartoRapporto sull’economia circolare in Italia. «La sfida – si legge nel documento – èdisaccoppiare crescita e consumo di risorse»: ma a che punto siamo? Attualmente, a livello globale, dopo due anni di pandemia e con una guerra in corso, siamo davanti a un rialzo dei prezzi di alcune materie prime. Secondo idatidel report, tra il 2018 e il 2020iltasso di circolaritàè sceso dal 9,1% all’8,6%: «Questo andamento negativo dipende dall’aumento dei consumiche, negli ultimi 5 anni, sono cresciuti di oltre l’8%, a fronte di unincremento del riutilizzodi appena il 3%». A cercare di invertire la rotta,Italia e Franciache si posizionano entrambe al primo postonella top 5 delle principali economie circolari europee(seguite da Spagna, Polonia e Germania). Nonostante la classifica, negli ultimi cinque anni l’Italia non ha registrato quel disaccoppiamento tra PIL e consumo di materiali di cui parlavamo prima, indice di una buona performance di circolarità economica.I dati italiani, quindi, risultano buoni solo se comparati con le tendenze complessive: «in un contesto generale negativo – riporta l’analisi – l’Italia è riuscita acontenere i dannie a migliorare alcuni indicatori di circolarità meglio di altri Paesi». Nel 2020, in nessuno dei cinque Stati considerati è stato registrato un incremento dellaproduttività delle risorsema, mentre in Europa per ogni kg di risorse consumate sono stati generati 2,1 euro di PIL, l’Italia ne ha registrati 3,5 (quindiil 60% in più rispetto alla media europea). «Questo andamento viene confermato anche dal tasso diutilizzo circolare di materia» spiega ilCircular Economy Network.La media europea raggiunta nel 2020 è stata del 12,8% mentrein Italia del 21,6%, valoresecondo solamente a quello della Francia(22,2%) precisa il report, ma comunque superiore di quasi ben 10 punti rispetto a quello della Germania (13,4%, terza classificata). Questo dato è il risultato di untrend in crescitain Italia da anni, che è partito dall’11,6% nel 2011 per arrivare al 21,6% nel 2020. Anche riguardo alconsumo di energia rinnovabile, l’Italia si colloca in seconda posizionecon il 18,2%, preceduto solo dal 18,4% della Spagna. Comunque unbuon risultato se consideriamo il dato europeo, 19,7% (raggiunto grazie a un trend crescente del 5% circa tra il 2010 e il 2019). Focalizzando l’attenzione suirifiuti, nel 2018 il nostro Paese ne ha prodotti173 milioni di tonnellate, raggiungendoquasi il risultato miglioretra i cinque Stati (406 per la Germania, 343 per la Francia, 175 per la Polonia e 138 per la Spagna). Parallelamente, la percentuale delricicloha raggiunto quasi il68%, contro la media europea del 35%. Passando aifattori negativi, possiamo menzionare ilconsumo di suolo, l’ecoinnovazione e la riparazione dei beni. Riguardo al primo punto, e considerando che nel 2018 in Europa il 4,2% del territorio risultava coperto da superficie artificiale, l’Italia invece raggiungeva il 7,1%. Anche sul fronteecoinnovazionei risultati non sono buoni, essendosi classificata «dal punto di vista degli investimenti altredicesimo posto nell’Ue». Infine lariparazione dei beni, dove nel 2019 si contavano oltre 23.000 aziende (per la riparazione di beni sia elettronici che personali), un settore nel qualeabbiamo perso circa il 20% delle aziende rispetto al 2010. «L’Italia, dunque, occupa una buona posizione in Europa sul fronte dell’economia circolare – si legge nelle conclusioni del report – male sue performance non le consentono al momento di raggiungere gli obiettivi che il quadro economico attuale richiede». Come agire quindi? La soluzione potrebbe trovarsi nelPiano di azione per l’economia circolare(approvato dal Parlamento europeo nel 2021), che pone particolare attenzione allaprogettazione ecocompatibile dei prodotti e alla circolarità dei processi produttivi. Il Piano punta ad arrivare entro il2030 a un tasso di utilizzo circolare dei materiali di almeno il 30%e aridurre del 50% la produzione di rifiuti entro il 2040. «La conversione verso modelli di produzione e di consumo circolari èsempre più una necessità, non solo per garantire la sostenibilitàdal punto di vista ecologico, ma per la solidità dellaripresa economica, la stabilità dello sviluppo e lacompetitività delle imprese», spiega il rapporto. In Italia, in Europa enel mondo.