La guerra cambia anche i nostri sogni

 

Notizie e informazioni sulla guerra in Ucraina viaggiano alla velocità della luce. Si insinuano mentre siamo bloccati nel traffico, durante le pause caffè e nei momenti di attesa. Parliamo, e sentiamo parlare, così tanto di guerra e distruzione checi sembra di rivedere le immagini del conflitto anche di notte, durante i nostri sogni. E, infatti, insieme agli equilibri sociali e politici di tutto il mondo, anchela qualità del nostro sonno e dei nostri sogni rischia di cambiare. Molto di quanto elaboriamo durante il sonno attinge proprio da circostanze e avvenimenti della vita quotidiana, unitamente a desideri inconsci: le emozioni penetrano nel sonno, attraversoimmagini, simboli o rimandidiretti alla giornata. Non a caso, in Psicologia si parla diresidui diurni,ossia tracce del giorno appena trascorso, che possono funzionare da stimolo al sogno, riempirlo e dargli espressione. Accanto a questo materiale, le impressioni di ciò che si è vissuto e lasciato in qualche modo in sospeso, non ancora completamente elaborato dal punto di vista emotivo o cognitivo. All’interno di giornate frenetiche e piene di impegni, il sonno diventa quindi, paradossalmente,l’unica occasione per fermarsi,un momento in cui, sebbene si dorma, si crea il tempo e lo spazio mentaleper elaborare angosce, tensioni e conflitti. Sognare è come pensare, scrive lo psicologo junghianoJames Hillman. Una sorta di processo digestivo degli eventi e accadimenti vissuti durante il giorno. Anche quando questi hanno a che fare con il recente conflitto. La guerra in Ucraina va infatti avanti da più di un mese ed espressioni come“Terza Guerra Mondiale”,“Crisi Umanitaria” o“Disastro Nucleare” sono ormai entrate a far parte dei nostri discorsi, generando inevitabilmentesentimenti di ansia, confusione e preoccupazione. L’esposizione continua a eventi e fatti di cronaca mina il nostro benessere ed equilibrio mentale, alimentando ulteriormentestressesovraccarico cognitivoche si protraggono, spesso, anche di notte. Vogliamo sapere,vogliamo capire, e così ci ritroviamo a trascorrere ore e ore a cercare in rete immagini e informazioni sul conflitto, entrando molto spesso in un loop senza fine: quello deldoomscrollingo dell’infodemia. E in questo loop, come già ricordato, manca il tempo per elaborare tutto ciò che si vede, legge, ascolta. La mente è piena e in uno stato di allerta ele conseguenze di ciò possono essere anche molto gravi.Secondo unaricerca britannicala continua esposizione mediatica a eventi violenti e traumatici può provocare infatti sintomi e manifestazioni cliniche simili a quelle riportate in diagnosi didisturbo post traumatico da stress (PTSD). Tale condizione è comune tra persone che hanno vissuto eventi particolarmente traumatici – come rifugiati o veterani di guerra – e presenta una sintomatologia che può influire pesantemente sulla qualità del sonno di chi ne è affetto, anche a distanza di anni dall’episodio scatenante. In queste persone,i traumi del passato tendono a ripresentarsi in incubi vividi e ricorrenti:unostudio statunitenseha mostrato per esempio come in un campione di ex-soldati impegnati nella guerra in Vietnam, circa il 50% dei sogni analizzati raffigurava ambienti, personaggi e oggetti tipici degli scenari di guerra a loro noti. Sebbene tali sintomi rappresentinoun estremo delle possibili conseguenzeassociate alla continua esposizione a immagini e video, ci ricordano quanto la nostra mente – e i nostri sogni – siano sensibili alle tensioni e alle cronache che ci circondano ogni giorno.Alterazioni del sonno e dell’attività oniricasono state infatti registrate più volte all’interno della popolazione generale in occasione di eventi che hanno particolarmente attirato l’attenzione globale. Durante lapandemia, per esempio, unostudiointernazionale ha registrato un incremento significativo della frequenza e dell’intensità degli incubi a livello generale. Incubi, in cui, inoltre, si riversavano stress ed emozioni negative provate durante il giorno, manifestandosi attraverso immagini oniriche legate al lockdown comepaura del contagio, perdita del lavoro o fragilità delle persone anziane. Un andamento del tutto simile è emerso in occasione di un altro scontro ben noto in Occidente:gli attentati dell’11 settembre.Anche in tal caso siregistròinfatti un aumento comune della frequenza di incubi caratterizzati da contenuti chiaramente connessi agli attacchi terroristici qualidirottamenti di aerei, incendi ed esplosioni. Pertanto, anche se ènecessario attendere studi e sviluppi futuri sul recente conflitto,il passato ce lo insegna: ansia, timori, e preoccupazioni legate a eventi traumaticie situazioni minacciose possono influenzare il modo in cui le persone dormono e sognano. Emozioni e percezioni contano, ora come allora. *Palma Scarano è Well-being & Operations Assistant diMindwork,servizio di consulenza psicologica per le aziende