In Africa la crisi climatica impatta di più sulle donne

In Africa la crisi climatica impatta di più sulle donne

 

A causa del cambiamento climatico in Africa si verificano spesso periodi di immensa siccità. In questi casi, quando le risorse mancano e non è possibile per le famiglie garantirepari opportunità educative, sono le ragazze che per prime devonoabbandonare gli studi. Solitamente sono due gli scenari possibili:rimanere in casaad aiutare con i lavori domestici oppureessere date in mogliea uomini più ricchi, così da portare qualche risorsa in più alla famiglia d’origine. In entrambi i casi,la crisi climatica segna la fine della loro educazione(nonché l’aumento di violenze, di matrimoni precoci e gravidanze forzate). «Il cambiamento climatico aumenta la vulnerabilità di queste ragazze e ostacola il loro accesso a un’istruzione di qualità, amplificando i risultati della radicata disuguaglianza di genere», ha recentemente riportato la Commissione sulla condizione delle donne (CSW) in occasione dell’incontro in corso in questi giorni (14-25 marzo 2022). La crisi climatica è dunque unaquestione di genereche impedisce a molte ragazze africane (specialmente nella regione sub-sahariana) di terminare i propri studi. A denunciarlo èVanessa Nakate, giovane attivista ugandese e primo membro delFridays For Future Uganda.In un suo articolo per l’Economist, Nakate ha raccontato di quando le potenti piogge del 2019 hanno portato allo straripamento del lago Albert e alla distruzione della scuola elementare nel distretto di Ntoroko (Uganda). Così, l’educazione di moltissime bambine della regione è stata interrotta definitivamente. Lei, invece,si è definita fortunata,essendo riuscita a terminare gli studi e a iscriversi all’università, dove ha condotto diversericerche sull’impatto climatico nel suo Paese. Ma «più ragazze africane dovrebbero avere le stesse opportunità che ho avuto io», ha scritto. Nakete ha anche fondato ilRise Up Movement,organizzazione impegnata nella lotta all’educazione di genere paritaria quale soluzione alla crisi ambientale. «L’educazione delle donne rappresentala giustizia climatica», si legge sul loro sito. Secondo la giovane attivista,le ragazze istruite hanno il potenziale per trovare le soluzioni più innovative nella lotta al climate change. E non è la sola. «Le donne in Africa possono essere artefici del cambiamento, quando vengono create le condizioni di accesso a un’istruzione di base»: lo ha dichiarato la ministra italiana per le pari opportunità e la famigliaElena Bonetti, intervenuta la scorsa settimana all’inaugurazione della mostra fotograficaWomen and Girls in Sub-Saharan Africa. Transforming Education for a Sustainable Future,evento organizzato a margine della CSW66. La mostra era collegata all’omonimo incontro, durante il quale la viceministra del MaeciMarina Sereni haribaditol’impegno italiano nell’educazione delle ragazze africane. «L’Italia – ha spiegato Sereni – ha aderito allaDichiarazione del G7 sull’istruzione femminile, ha aumentato del 20% il suo contributo allaGlobal Partnership for Education[partnership focalizzata sulla crescita dell’istruzione nei paesi in via di sviluppo] e ha annunciatoun impegno di 25 milioni di euro per i prossimi 5 anni. Metà del contributo sarà dedicato all’educazione delle ragazze inAfrica, un’area prioritaria per la Cooperazione Italiana. Inoltre, finanzia numerose iniziative per la promozione dell’istruzione femminile nell’Africa Sub-Sahariana, in Paesi come Niger e Senegal». Ma le attuali stime non fanno ben speraree, ora più che mai, l’intervento deve essere immediato, non solo in Africa ma in tutto il mondo. SecondoMalala Fund,ente di beneficenza per l’educazione femminile fondato dal premio Nobel per la paceMalala Yousafzai, entro il2025ilcambiamento climatico impedirà ad almeno 12,5 milioni di ragazze di completare la propria istruzione ogni anno.