Quanto possiamo odiare?
Spesso sgangherato, disinformato, urlato e un po’ cialtrone, il dibattito sui fatti di attualità che avviene sui social network è tra i pochi spazi di discussione pubblica rimasti. Anzi, è quello più importante: quelli sonoi luoghi nei quali si forma la nostra opinione, nei quali troviamo conferme a opinioni che abbiamo già o – assai più di rado – cambiamo idea. La notizia chele linee guida di Facebook e Instagram sono state modificate, consentendo post normalmente proibiti che inneggino alla morte o auspichino l’uccisione di militari russi, di Vladimir Putin o del dittatore bielorusso Lukashenko, meriterebbe una discussione più ampia. Perché se la centralità di queste piattaforme è indiscutibile, inizia a esseredifficile pensare che un’azienda collocata in un luogo qualsiasi degli Stati Uniti, pur con le migliori intenzioni, debba decidere cosa si possa o non possa scrivere.Perché qua siam tutti d’accordo sul fatto che Putin è un autocrate e che i soldati russi stanno invadendo un Paese democratico e sovrano, masappiamo anche proiettare in un ipotetico futuro decisioni di questo genere. Giochiamo di paradosso: il comitato etico o i dirigenti dell’azienda potrebbero decidere che è lecito augurarsi la morte violenta di Sergio Mattarella o che la lapidazione di un’adultera può essere raccontata come gioioso rituale di qualche tribù o comunità ultrareligiosa. Chi è il detentore della nostra libertà di parola e di espressione nei maggiori spazi pubblici del Pianeta?Spesso sono gli algoritmi, i quali sono addestrati da umani,i quali a loro volta hanno pregiudizi e che ricevono indicazioni da comitati etici e vertici d’impresa i quali sono a loro volta fallaci. È un nodo difficilissimo da sciogliere, tanto chela politica adotta un atteggiamento ambivalente: da una parterichiede alle piattaforme di intervenire contro le parole d’odio, dall’altrosi lamentache la possibilità di parlare viene limitata; da una parteinvoca il suo primato, dall’altrolo lascia nelle mani di chi gestisce i social.E noi qua, in attesa che le ultime linee guida di Menlo Park ci istruiscano su chi si possa insultare e come.