È ora di lasciare l’auto in garage
La pandemia ha stravolto le nostre vite,ucciso oltre 6 milioni di persone del mondoe ci ha imposto delle scelte che, per paradosso, hanno dimostrato anchealtre vie possibili verso il futuro, persino per salvare vite umane. Una di queste, ci dice oggi una nuova ricerca internazionale, è stata a esempio la capacità dell’uomo di porre un freno, in un determinato periodo, all’inquinamento atmosferico, che sta causando sempre più malattie respiratorie a esempio nei bambini. Quando i governi hanno imposto i lockdown, la qualità dell’aria di moltissime città europee è migliorata: il motivo principale è legatoal calo degli spostamenti casa-lavoro, anziché a esempio a quelli fra regioni o fra stati. Nello studio appena pubblicato su Nature, e al quale hanno partecipato iricercatori dell’Enea(Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile) sono stati analizzati gli andamenti della qualità dell’aria in 47 città europee come Londra, Parigi, Barcellona, Berlino ma anche Roma e Milano. Il periodo monitorato, quello del primo lockdown, andava dafebbraio a luglio 2020. Dall’indagine emerge che il calo dei livelli di inquinamento atmosferico “è dovuto principalmente alla limitazione degli spostamenti quotidiani in città e all’obbligo di permanenza nelle abitazioni, mentre minor impatto hanno avuto le restrizioni alla circolazione tra le regioni e ai viaggi internazionali”. In generale, ad aver subito un calo maggiore, più che le polveri sottili è statoil biossido di azoto,che in sette città (Milano, Torino, Roma, Madrid, Lisbona, Lione e Parigi) è risultatopiù che dimezzato. «Il calo è dovuto soprattutto aldivieto della circolazione e del trasporto su strada, che rappresenta la principale fonte di emissioni di questo inquinante. Le concentrazioni di biossido di azoto hanno iniziato a precipitare fin dalla prima metà di marzo 2020, quando i governi hanno imposto le prime restrizioni; le differenze tra le città possono essere correlatesolo ai diversi tempi di attuazione delle politiche di blocco e alle variazioni nella severità delle misure», ha spiegatoMario Adani, ricercatore ENEA del Laboratorio Inquinamento Atmosferico.In alcune città questo calo, alimentato dal confinamento e dalle politiche di smart-working, può aver potenzialmente salvato anche molte vite. Un esempio èMilano: qui, nella Pianura Padana dove le concentrazioni inquinanti registrano solitamente valori fra i più alti di Europa, il calo di NO2 «è stato forte così come la riduzione di mortalità prematura», spiega Adani.In generale, prima è iniziato il lockdown prima si sono riscontrati effetti positivi: Londra, a esempio, ha registrato una diminuzione sensibile solo nella seconda metà di marzo. Allo stesso tempo, però, in tutta Europa la maggior permanenza nelle case dei cittadini ha fatto registrareun uso maggiore del riscaldamento e dei dispositivi alimentati a legna.Lo studio tende a sottolineare soprattutto gli effetti positivi del lockdown, quantificando anche le morti premature da inquinamento evitate. Da febbraio a luglio 2020il numero totale di decessi evitati è stato pari a 486per ilbiossido di azoto(NO 2),37 per l’ozono(O3),175 per il PM2.5 e 134 per il PM10. Se si guarda alle città, Milano, Parigi, Londra e Barcellona sono ai primi posti con il maggior numero di decessi evitati da biossido di azoto e polveri sottili. Come chiosaAntonio Piersanti, responsabile del Laboratorio Inquinamento Enea, «la risposta dei governi per frenare la diffusione della pandemia ha offerto un caso di studio senza precedentiper valutare quantitativamente una serie di interventi di riduzione, drastica e nel breve termine, delle emissioni antropiche, intervenendo in diversi settori, dai trasporti su strada alla produzione di energia, dall’industria manifatturiera ai servizi commerciali e pubblici fino ai settori aereo e marittimo. Questa è un’importante indicazione per le amministrazioni italianerispetto alla gestione degli episodi critici di inquinamento atmosferico, in particolare da polveri sottili, che permangono stabili, anche con forti limitazioni delle emissioni, nei giorni successivi ai picchi di inquinamento».