Il mondo deve vedere l’orrore della guerra? La parola ai fotografi

 

C’è stato il bambino in lacrime intervistato dalGuardianmentre racconta di suo padre, rimasto al fronte a combattere contro le forze armate russe. Poi i piccoli di 7, 9 e 11 anniarrestati a Moscamentre protestavano contro la guerra,fotografati dietro le sbarre. Coloro chescappavano insanguinati dalle macerie dell’ospedale pediatrico di Mariupol,sulla costa meridionale del Paese, bombardato durante la tregua annunciata e tradita dallo stesso Cremlino. E poi la fotografia che rimarrà nella Storia, simbolo di una guerra che colpisce chiunque: quella diLynsey Addario, pubblicata in prima pagina suNew York Times, Repubblica, la Stampa e El País, conuna famiglia intera che giace a terra,colpita da una bombaa Irpin, non lontano dalla capitale Kyiv. Tutte queste immagini, se non in casi isolati,sono state mostrate senza censura,senza alcun pixel che coprisse i volti dei morti e dei feriti.Neanche nel caso dei bambini.Un articolo delWashington Post,firmato dal giornalista Paul Farhi e pubblicato il 9 marzo, spiega “Come i giornalisti decidono quali immagini dell’Ucraina sono troppo orribili da pubblicare”. Prima di pubblicare la foto di Addario, fotogiornalista statunitense già premio Pulitzer nel 2009, la redazione delNYTne ha discusso. Che si tratti di bambini o adulti,il diritto di cronaca e il dovere di informare prevalgono sul senso di orrore?Sul disagio che i lettori, le lettrici e i parenti delle vittime potrebbero provare nel vedere quelle immagini? La risposta è stataaffermativa, ma non dappertutto: il fotogiornalista torineseFabio Bucciarelli, vincitore del WordPress Photo nel 2020 per un servizio realizzato per il settimanaleL’Espressosulle proteste in Cile, ha fotografato la stessa scena per il settimanale tedescoDie Zeit.Ma stavolta la famiglia giaceva sotto due lenzuoli,con braccia e gambe fuori dai teli e nient’altro di visibile. SecondoCarlo Cozzoli,fotoreporter 28ennepiemontese e collaboratore per l’agenziaFotogramma, raggiunto dallaSvolta, «bisogna sempre avere il rispetto delle persone e della loro dignità, che siano bambini o adulti. Penso che sia necessarioavere una cultura dell’immagine per non cadere nella “pornografia” di guerra e, come per le foto sessualmente esplicite, anche in questo casonon mostrare tutto, a volte, lo rende molto più interessante». Cozzoli è arrivato in Ucraina verso la fine di febbraio.Da lì ha volutoraccontareattraverso la sua Leicala resistenza del popoloimpegnato a far fronte all’avanzata russa, dove si mobilitano proprio tutti,anche i bambini di 4 anni che «aiutano a realizzare le tende per i militari, assistono agli addestramenti»ha detto Cozzoli all’agenzia AdnKronos. Per Cozzoli è tuttaquestione di delicatezza, di riguardo: «Non dico dicensurareil volto di un bambino, perché sono contro questa pratica: bisogna solo avere buon senso. Trovo moltopiù vergognosoquando si pubblicano in prima paginafoto di minorenni prese senza alcun permesso da Facebookin occasione diomicidi e incidenti: per me equivale a mostrare il cadavere di un bambino in una situazione di guerra». Guido Scorza,componente del Garante per la protezione dei dati personali,hascrittosulla Svolta che «c’è un’altra guerra che si sta combattendo in Ucraina, […] quella dei bambini nella dimensione digitale e mediatica». Si combatte su due fronti, spiega, quello della strumentalizzazione inutile dei volti sui giornali, in televisione e sui social network e quella della tempesta di drammatiche immagini che travolgono i più piccoli. «Talvolta, chi usa queste immagini lo fa scientificamente per far leva sul comune senso di umanitàdelle persone e conferire più forza ed efficacia al messaggio o, anche, semplicemente, ed è, naturalmente, ancora più grave,per raccogliere click, tempo, attenzione degli utenti da rivendere ai propri investitori pubblicitari», ha spiegato Scorza. Oliviero Toscani,fotografo italiano di fama internazionale, noto per le immagini e le campagne pubblicitarie di grande impatto per famosi brand come Benetton, Robe di Kappa, Chanel e altri, spiega allaSvoltache «conosciamo la guerra attraverso le fotografie. Ei bambini non sono altro che uno dei tanti soggetti importanti della condizione e della realtà umane: alcuni sorridono perché sono fortunati, altri no perché sono morti.Ma vanno ritratti in tutte queste situazioni, senza distinzione,senza censura alcuna». I disastri di questo genere non vanno nascosti, secondo Toscani: «Perché, se si nasconde non esiste?Anche i giornalisti dovrebbero censurare ciò che scrivono, allora?Non possiamo mostrare e guardare solo quello che piace a noi o che ci fa bene: solo chi sta in quelle zone ha diritto di vederle? Io credo di no». Come ha spiegato alWashington Postla direttrice della fotografia delNYT, Meaghan Looram, la fotografia dellafamiglia di Irpin«erauna fotografia che il mondo aveva bisogno di vedereper capire cosa sta succedendo in Ucraina». La storia della fotografia è piena di immagini che mostrano le crudeltà della guerra, e non solo.Quella diAylan Kurdi, il bambino siriano annegato e finito su una spiaggia turca nel 2015, finì sulla prima pagina diIndipendent, Wall Street Journal, The Sune altri senza alcuna censura. Quella foto scosse l’opinione pubblica, che si chiese perché l’Europa non facesse di più per distribuire equamente i rifugiati che si riversavano nella regione. Efu una testimonianza preziosa. Come potrebbe esserlo la fotografia di una famiglia morta sotto le bombe nella prima pagina delNew York Times.