In Australia arrivano lezioni sul “consenso” nelle scuole

 

Dal prossimo anno scolastico le scuole australiane sarannoobbligate a inserire nei programmi di studi lezioni sul consenso sessuale.A deciderlo sono stati all’unanimità i ministri statali e federali, spinti soprattutto da unapressione popolare. Nel febbraio 2021, infatti, l’ex studentessa di una scuola di Sindney,Chanel Contos, ha raccontato su Instagram un episodio di violenza accaduto a un amico e successivamente chiesto ai propri follower se loro o qualche persona vicina fossero mai stati molestati o aggrediti sessualmente mentre si trovavano a scuola. Dopo che in sole 24 ore più di 200 persone hanno risposto affermativamente, la ragazza ha iniziato la sua battagliaaprendo il sito internetTeach us consentdal quale ha lanciato unapetizione onlineper chiedere che l’educazione sessuale, e in particolare quella al consenso, fosseinserita nei programmi scolasticidi tutta la nazione. Al momentole firme sono oltre 44.000, affiancati da 6.600 racconti di molestie e violenze che hanno dato vita a una sorta di nuovo Me Too. Numeri che ilGoverno ha deciso di non sottovalutaree che dimostrano come la società, australiana ma non solo, sia ancora fortemente a trazione patriarcale e che la così dettacultura dello stupropossa dirsi tutt’altro che superata. Anche se i vertici del Ministero dell’Istruzione australiano si riuniranno solo il prossimo mese per stabilire come si strutturerannole lezioni,si sa già che saranno pensate in modo da garantire un’educazione completa, che includa anche un superamento deglistereotipi di genere, dellacoercizione e degli squilibri di potere. Per farlo saranno stanziati77 milioni di dollari, indirizzati alla formazione degli insegnanti. Un progetto importante anche dal punto di vista economico dunque, chepone l’Australia distante anni luce dal nostro Paese, dove l’educazione sessuale nelle scuolenon è obbligatoria,e quando esiste è solo grazie alla volontà di singoli Istituti. Ciclicamente qualche timido tentativo di introdurla ufficialmente c’è stato ma finora nessuno di questi si è mai tramutato in azioni concrete, a differenza di quanto avvenuto in altri Paesi europei come Svezia o Germania. Eppure nel2018 l’agenzia delle Nazioni Uniteaveva messo tutti gli Stati membri nelle condizioni di svolgerla nel migliore dei modi,stilando l’International technical guidance on sexuality education, una guida rivolta alle autorità scolastiche e sanitarie su come elaborare in modo congiunto programmi di educazione sessuale che oltre a mettere in guardia sui rischi di malattie sessualmente trasmissibili e gravidanze indesiderate,aiutassero le nuove generazioni a giungere alla maturazione emotivae a un approccio sereno alla sessualità e alle relazioni. Prima ancora, nel2015, unvademecumsimile era stato inserito neltesto della legge 107La buona scuolama anche in quel caso si trattava di unsuggerimentoe non di un obbligo, finito come prevedibile in un nulla di fatto. L’ennesima occasione persa anche alla luce dei numerosi fatti di cronaca, come il recente casodelle molestie denunciate al liceo Majorana-Valentini di Cosenza, che dimostrano costantemente come di educazione sessuale e sentimentale nel nostro Paese ci sarebbe un gran bisogno.