Mai più nomi discriminanti per le native americane
Anche i nomi su una cartina geografica sono indicativi del patrimonio culturale di un Paese. Se “antiquati”, vanno aggiornati. Il Dipartimento dell’Interno degli Stati Uniti ha pubblicato un elenco di nomi candidati a sostituire più di660 denominazioni geografiche considerate discriminatorie nei confronti delle donne indigene. Ilsegretario dell’Interno Deb Haaland–primo nativo americano a rivestire questo incarico– già a novembre ha emesso un’ordinanza in cui segnalava l’uso improprio e offensivo dellaparola “squaw”nelle denominazioni dei luoghi. Una decisione che arriva sull’onda di diversi interventi legislativi sul tema. In vari Stati – tra cui ilMontana, l’Oregon, il Maine e il Minnesota-, è stato approvato ildivieto di usare la parola “sq***” nei toponimi. SecondoUrban Dictionary, la parola incriminata deriverebbe dal dialetto dellatribù degli Algonchinie avrebbe significato almeno in origine, semplicemente“giovane donna”. Con l’insediamento dei conquistatori anglosassoni, invece, la sua accezione sarebbe cambiata radicalmente.Nel 1622, il libroMourt’s Relation: A Journey of the Pilgrims at Plymouthlamenzionava per la prima volta, riferendosi allaSquaw Sachem, ossia la Regina, moglie del capo indiano, un appellativo usato dagli stessi nativi con un senso tutt’altro che denigratorio. Pian piano, però, avrebbe finito per assumere una connotazione sempre più negativa, fino a divenire unepiteto razzializzante, volgare, volto a sminuire e declassare le donne native a cittadine di serie B o a oggetti sessuali esotici. Negli anni ‘70, alcuni attivisti amerindianihanno ipotizzato un’origine diversa del vocabolo. Proveniente da una lingua Mohawk (del gruppo delle lingue irochesi), avrebbe implicato sin da subito un riferimento volgare all’apparato sessuale femminile. Tuttavia la maggior parte dei linguisti non concorda con questa ricostruzione filologica. Oggi è assimilabile, in un certo senso, allaN word, che nel 1962 il segretario Stewart Udall chiese alBoard on Geographic Names– l’ente federale incaricato di nominare i luoghi geografici che già in passato ha avuto un ruolo fondamentale nel processo di rimozione dei nomi offensivi e discriminatori – di debellare da tutte le denominazioni dei luoghi. Per l’impresa titanica, Haaland ha istituito unatask forcedi13 membri- compresi i rappresentanti dell’Ufficio per gli affari indiani del Dipartimento, dell’Ufficio per la gestione del territorio, dell’Ufficio per la diversità, l’inclusione e i diritti civili, Office of Surface Mining Reclamation e US Geological Survey- con l’obiettivo di rinominare le località e gli elementi geografici, avviando non solo delle consultazioni con i gruppi tribali ancora esistenti per valutare le proposte avanzate, ma anche un dibattito pubblico sull’argomento. “Le parole contano, in particolare nel nostro lavoro. Bisogna rendere le terre e le acque pubbliche della nostra nazione inclusive e accoglienti per persone di qualsiasi provenienza. Sostituire questi nomi “scaduti” da tempo è un grande passo avanti”, riporta il comunicato stampa. “Un ampio coinvolgimento con le tribù, le parti interessate e il pubblico in generale ci aiuterà a portare avanti i nostri obiettivi di equità e inclusione”. Nel giro di pochi mesi, il lavoro della commissione dovrebbe concludersi. Partendo da5 nomi plausibili per ciascun luogo da ribattezzare, selezionerà una proposta sola da presentare al Board on Geographic Names,che delibererà sulla questione entro la fine dell’anno.