I Briganti, la squadra di rugby che combatte la mafia

 

La loro storia ha valicato i confini nazionali. IBriganti Librino RUFC– ilclub di rugby nel quartiere di Librino,a Catania– sono dei briganti solo di nome, loro chetrasmettono ogni giorno ai ragazzi il valore della legalità, il rispetto delle regole e dell’avversario, e lo spirito di squadra.I briganti sono gli altri, quelli con cui purtroppo hanno a che fare. Da qualche tempo la società organizza dei turni di ronda attorno al campo e alle strutture sportive. Precisamenteda quando, mesi fa, Cosa Nostra ha dato alle fiamme il pullman della squadra. Dopo gli allenamenti, i giocatori più grandi si alternano per trattenersi e sorvegliare la zona nelle ore notturne. Tanto accanimento da parte della malavita locale si spiega con il forte impegno sociale del circolo sportivo, che nel tempo è divenuto un punto di riferimento per la comunità catanese, sottraendo i bambini e i ragazzi alla manovalanza e alla criminalità organizzata. La Briganti è stata fondata nel 2006 e gestisce varie squadre, giovanili e senior, maschili e femminili. «Librino è un quartiere complesso», ha spiegato Piero Mancuso, uno dei fondatori. «Sapevamo che non sarebbe stato facile lavorare qui. Questi attacchi criminali rischiavano di distruggere tutto ciò che avevamo ottenuto negli ultimi anni». Oltre alle strutture sportive, una piccola biblioteca, una caffetteria e una cucina. «Offriamo attività di doposcuola per i ragazzi più svantaggiati del quartiere e insegniamo loro il rugby, uno sport che si basa sulla solidarietà e il rispetto reciproco». Librino nasce da un progetto, mai concluso, dell’architetto giapponese Kenzo Tange:la costruzione dei palazzi residenziali, cominciata negli anni ’70, non fu mai conclusa e oggi gli edifici esistenti ospitano circa70.000 persone: nei quartieri regna il degrado e la delinquenza. Le percentuali di abbandono scolastico raggiungono i livelli più alti d’Europa e i clan Cursoti Milanesi e Cappello si sono impadronite dell’area per il traffico e lo stoccaggio di droga.Per un ragazzo di Librino non ci sono molte alternative. Nel 2017, nel corso di un’indagine la polizia aveva scoperto l’impiego di un bambino di 6 anni come spacciatore. In un contesto simile, un’attività come quella del circolo Briganti deve fare i conti con i sabotaggi, la diffidenza e la mentalità mafiosa. Già nel2018si era verificato un primo episodio. Nel cuore della notte era scoppiato unviolento incendio che in poche ore aveva ridotto in cenere libri, palloni, maglie, trofei e computer.Ma i Briganti non si sono arresi, e nel giro di pochi mesi gli impianti sono stati ricostruiti grazie alle donazioni dei privati. Attacchi e furti però non sono cessati, fino al marzo dello scorso anno,quando il pullman che la squadra usa per le trasferte è stato dato alle fiamme. «Per tutta la vita ho sentito persone parlare di mafia, ma quando ce l’hai in faccia è tutta un’altra storia», racconta Gloria Mertoli, che a 22 anni è il capitano della squadra di rugby femminile. «Quando hanno appiccato il fuoco al nostro bus, è stato come se avessero incendiato casa mia. Ti trovi in ​​una situazione difficile perché non sai come gestirla. Non sai se dovresti andare alla polizia. Non hai davvero idea di come reagire». Da quel giorno lei e le sue compagne, quando cala il sole, si alternano per sorvegliare gli spogliatoi, il campo e la biblioteca. «Restiamo lì tutta la notte», dice Mertoli. «Ordiniamo cibo e passiamo il tempo giocando a Rischio o Monopolio. Se sentiamo un rumore, prendiamo le nostre mazze».