Energia, consumiamone meno. E meglio

 

Alcuni sindaci lo hanno fatto davvero, altri lo hanno minacciato: spegnere i monumenti, lasciare i nostri simboli al buio, per protestare contro il drammatico aumento delle bollette.Tutta Italia in questo momento vive un’emergenza: non solo le istituzioni – anche quelle che non penseremmo: l’immunologa Antonella Viola ha detto a esempio che i costi per il suo istituto di ricerca sono di circa 300.000 euro in più -, ma anche le aziende, messe in ginocchio da bollette impensabili e infine cittadini e famiglie.Di fronte alla concreta possibilità di non poter continuare a mandare avanti un’azienda (o una famiglia), è ovvio che la logica sia quella dell’emergenza. Ovvero quella di chiedere subito fondi al governo, che comunque non saranno, a quanto pare, per nulla sufficienti. Bisognerebbe però approfittare di questo momento – e soprattutto di questo simbolo potente dei monumenti spenti – per fareuna riflessione sul nostro sistema energeticoe dunque sul nostro sistema di vita.Cosa ci dicono questi aumenti insopportabili? Anzitutto, raccontano della nostra estrema dipendenza da altri Stati sul fronte energetico, come a esempio il gas russo. E, tra l’altro, l’essere un momento in cui si potrebbe scatenare una guerra proprio tra Russia e Ucraina ci mostra quanto siamo davvero drammaticamente vulnerabili. Il secondo aspetto riguarda i nostri consumi, ovvero il fatto cheil nostro uso di energia, individuale, nazionale e globale è troppo alto, soprattutto se questa energia viene fatta con fonti fossili, ovvero finite.In altri termini,stiamo consumando in maniera eccessiva materie prime che non si rigenerano: e anche questo è un tema sul quale forse evitiamo di riflettere perché ci mette di fronte a un limite angoscioso. Eppure il tema delle materie prime, non solo quelle per produrre energia, ma quelle che occorrono per fabbricare le cose, è un tema che sarà sempre più al centro dell’agenda delle emergenze, proprio perché finite. E se pensiamo che già oggi mancano a esempio alcuni componenti per produrre oggetti come le macchine elettriche ci rendiamo conto di come questa carenza potrebbe incidere anche sulla stessa transizione energetica.Ma le materie prime sono anche i generi alimentari: anche qui, si grida al dramma inflazione, e giustamente. Anche i generi alimentari sono cresciuti per due motivi. Da un lato, certamente, per gli aumenti del carburante, dall’altro a causa della crisi climatica. Questo secondo fronte non si risolverà, anzi è destinata ad aggravarsi. Dunquei generi alimentari cresceranno ancora di prezzo in futuro- d’altronde, come il costo dell’acqua – e sarà difficile pensare a continui interventi da parte dello Stato.In altre parole, ci stiamo forse rendendo conto – tardivamente – che il mondo in cui siamo è un mondo finito e dunque dalle risorse limitate. Tutto questosi scontracon violenza con la continua, e francamente ormai inutilizzabile, retorica della crescita ma anche, direi,con la nostra idea di continuo progresso, sviluppo, prosperità a costo zero. Tutto questo è certamente molto inquietante, difficile da sopportare a livello psicologico. Per questo vorremmo che quei monumenti venissero subito riaccesi, a segnalarci che nulla è cambiato e che possiamo proseguire come sempre abbiamo fatto. Per questo fatichiamo a tollerare il buio (d’altronde, entriamo in panico anche quando c’è un momentaneo distacco di energia in casa, perché nell’oscurità ci sentiamo perduti).Invece quel buio ci serve a capire come e dove possiamo cambiare. E soprattutto quale nuovo atteggiamento mentale dovremmo prendere, perché altrimentirischiamo di vivere un’eventuale “pandemia” energetica e delle risorseesattamente come abbiamo vissuto la pandemia di coronavirus. Ovvero cercando di risolvere l’emergenza qui e ora, senza chiederci mai – una cosa davvero inverosimile – come mai questa pandemia sia accaduta. Non c’è stata una sola delle trasmissioni tv in cui questa domanda è stata posta e a parte qualche intervista all’autore del bellissimo libroSpillover, David Quammen, sul tema del salto di specie dovuto alla distruzione delle foreste e a una vicinanza pericolosa tra uomo e alcune specie animali, siamo tuttora avvolti nel mistero.Per evitare che ciò accada anche in questa nuova emergenza bisognerebbe arrivare intanto a capire alcune cose. a esempio, che dal punto di vista energetico sarebbe meglio essere quanto più autosufficienti. E questo non significa cominciare a trivellare i nostri mariin cerca di gas– ahimé, non solo Cingolani, il partito Democratico lo ha inserito nei punti contro il caro bolletta, alla faccia del famoso tweet di Letta contro gas e atomo nella tassonomia europea – macorrere su quello che è la nostra risorsa principale, ovvero il fotovoltaico e le altre rinnovabili.Un’altra acquisizione che potremmo fare rispetto alle materie prime è che meno importiamo e meno rischiamo di subire i costi del trasporto (ad esempio per quanto riguarda frutta e verdura).Ma c’è un’altra, importantissima consapevolezza che questa crisi può portarci a capire e interiorizzare, un tema a suo modo semplice e intuitivo, eppure ancora poco conosciuto dalle persone: ovvero l’economia circolare.Solo l’economia circolare, su ogni fronte, da quello energetico e quello alimentare, può salvarci dalla paura di risorse finite,perché in sé la circolarità è virtualmente infinita. Solo l’economia circolare può metterci al riparo dalle dipendenze. Ma attenzione. L’economia circolare richiede comunque un cambiamento di stili di vita e modelli di produzione, che sta soprattutto a chi ci governa mettere in atto, ma anche a noi.Significa anche consumare meglio ma pure – non c’è dubbio – consumare meno.Entrare in una “psicologia circolare” è certamente uno sforzo, che però ripaga in termini di sostenibilità e, anche, sollievo dall’ansia della finitezza. E dal rischio di rimanere al buio, fragili e a carico di altre economie e altri Stati che non controlliamo. Dunque, ne vale decisamente la pena, anzi forse è un passaggio ineludibile.Tutto questo, però, lo possiamo fare solo uscendo dalla logica dell’emergenza. E lo possiamo fare solo se, mentre da un lato chiediamo giusti aiuti, dall’altro domandiamo con forza a chi ci governa di portarci fuori dalla logica di una crescita che non tenga conto della finitezza delle risorse. Per questo io aspetterei ancora a riaccendere quei monumenti.Lasciamo che quel buio provochi paura.Ma anche che accenda nuove e vere soluzioni su come arginarla. Alcuni sindaci lo hanno fatto davvero, altri lo hanno minacciato: spegnere i monumenti, lasciare i nostri simboli al buio, per protestare contro il drammatico aumento delle bollette.Tutta Italia in questo momento vive un’emergenza: non solo le istituzioni – anche quelle che non penseremmo: l’immunologa Antonella Viola ha detto a esempio che i costi per il suo istituto di ricerca sono di circa 300.000 euro in più -, ma anche le aziende, messe in ginocchio da bollette impensabili e infine cittadini e famiglie. Di fronte alla concreta possibilità di non poter continuare a mandare avanti un’azienda (o una famiglia), è ovvio che la logica sia quella dell’emergenza. Ovvero quella di chiedere subito fondi al governo, che comunque non saranno, a quanto pare, per nulla sufficienti. Bisognerebbe però approfittare di questo momento – e soprattutto di questo simbolo potente dei monumenti spenti – per fareuna riflessione sul nostro sistema energeticoe dunque sul nostro sistema di vita. Cosa ci dicono questi aumenti insopportabili? Anzitutto, raccontano della nostra estrema dipendenza da altri Stati sul fronte energetico, come a esempio il gas russo. E, tra l’altro, l’essere un momento in cui si potrebbe scatenare una guerra proprio tra Russia e Ucraina ci mostra quanto siamo davvero drammaticamente vulnerabili. Il secondo aspetto riguarda i nostri consumi, ovvero il fatto cheil nostro uso di energia, individuale, nazionale e globale è troppo alto, soprattutto se questa energia viene fatta con fonti fossili, ovvero finite. In altri termini,stiamo consumando in maniera eccessiva materie prime che non si rigenerano: e anche questo è un tema sul quale forse evitiamo di riflettere perché ci mette di fronte a un limite angoscioso. Eppure il tema delle materie prime, non solo quelle per produrre energia, ma quelle che occorrono per fabbricare le cose, è un tema che sarà sempre più al centro dell’agenda delle emergenze, proprio perché finite. E se pensiamo che già oggi mancano a esempio alcuni componenti per produrre oggetti come le macchine elettriche ci rendiamo conto di come questa carenza potrebbe incidere anche sulla stessa transizione energetica. Ma le materie prime sono anche i generi alimentari: anche qui, si grida al dramma inflazione, e giustamente. Anche i generi alimentari sono cresciuti per due motivi. Da un lato, certamente, per gli aumenti del carburante, dall’altro a causa della crisi climatica. Questo secondo fronte non si risolverà, anzi è destinata ad aggravarsi. Dunquei generi alimentari cresceranno ancora di prezzo in futuro- d’altronde, come il costo dell’acqua – e sarà difficile pensare a continui interventi da parte dello Stato. In altre parole, ci stiamo forse rendendo conto – tardivamente – che il mondo in cui siamo è un mondo finito e dunque dalle risorse limitate. Tutto questosi scontracon violenza con la continua, e francamente ormai inutilizzabile, retorica della crescita ma anche, direi,con la nostra idea di continuo progresso, sviluppo, prosperità a costo zero. Tutto questo è certamente molto inquietante, difficile da sopportare a livello psicologico. Per questo vorremmo che quei monumenti venissero subito riaccesi, a segnalarci che nulla è cambiato e che possiamo proseguire come sempre abbiamo fatto. Per questo fatichiamo a tollerare il buio (d’altronde, entriamo in panico anche quando c’è un momentaneo distacco di energia in casa, perché nell’oscurità ci sentiamo perduti). Invece quel buio ci serve a capire come e dove possiamo cambiare. E soprattutto quale nuovo atteggiamento mentale dovremmo prendere, perché altrimentirischiamo di vivere un’eventuale “pandemia” energetica e delle risorseesattamente come abbiamo vissuto la pandemia di coronavirus. Ovvero cercando di risolvere l’emergenza qui e ora, senza chiederci mai – una cosa davvero inverosimile – come mai questa pandemia sia accaduta. Non c’è stata una sola delle trasmissioni tv in cui questa domanda è stata posta e a parte qualche intervista all’autore del bellissimo libroSpillover, David Quammen, sul tema del salto di specie dovuto alla distruzione delle foreste e a una vicinanza pericolosa tra uomo e alcune specie animali, siamo tuttora avvolti nel mistero. Per evitare che ciò accada anche in questa nuova emergenza bisognerebbe arrivare intanto a capire alcune cose. a esempio, che dal punto di vista energetico sarebbe meglio essere quanto più autosufficienti. E questo non significa cominciare a trivellare i nostri mariin cerca di gas– ahimé, non solo Cingolani, il partito Democratico lo ha inserito nei punti contro il caro bolletta, alla faccia del famoso tweet di Letta contro gas e atomo nella tassonomia europea – macorrere su quello che è la nostra risorsa principale, ovvero il fotovoltaico e le altre rinnovabili.Un’altra acquisizione che potremmo fare rispetto alle materie prime è che meno importiamo e meno rischiamo di subire i costi del trasporto (ad esempio per quanto riguarda frutta e verdura). Ma c’è un’altra, importantissima consapevolezza che questa crisi può portarci a capire e interiorizzare, un tema a suo modo semplice e intuitivo, eppure ancora poco conosciuto dalle persone: ovvero l’economia circolare.Solo l’economia circolare, su ogni fronte, da quello energetico e quello alimentare, può salvarci dalla paura di risorse finite,perché in sé la circolarità è virtualmente infinita. Solo l’economia circolare può metterci al riparo dalle dipendenze. Ma attenzione. L’economia circolare richiede comunque un cambiamento di stili di vita e modelli di produzione, che sta soprattutto a chi ci governa mettere in atto, ma anche a noi. Significa anche consumare meglio ma pure – non c’è dubbio – consumare meno.Entrare in una “psicologia circolare” è certamente uno sforzo, che però ripaga in termini di sostenibilità e, anche, sollievo dall’ansia della finitezza. E dal rischio di rimanere al buio, fragili e a carico di altre economie e altri Stati che non controlliamo. Dunque, ne vale decisamente la pena, anzi forse è un passaggio ineludibile. Tutto questo, però, lo possiamo fare solo uscendo dalla logica dell’emergenza. E lo possiamo fare solo se, mentre da un lato chiediamo giusti aiuti, dall’altro domandiamo con forza a chi ci governa di portarci fuori dalla logica di una crescita che non tenga conto della finitezza delle risorse. Per questo io aspetterei ancora a riaccendere quei monumenti.Lasciamo che quel buio provochi paura.Ma anche che accenda nuove e vere soluzioni su come arginarla.