Il report che smaschera la repressione in Venezuela
Non è la prima volta che le organizzazioni internazionali per la tutela dei diritti umanipuntano il dito contro le politiche repressiveimpiegate in modo massiccio e sistematico del dittatore socialista Nicolas Maduro, Presidente della Repubblica Bolivariana del Venezuela dall’aprile del 2013. Una ricerca appena diffusa daAmnesty Internationalin collaborazione con Foro Penal e Centro para los defensores y la justicia (due organizzazioni umanitarie venezuelane) ha messo in luceil rapporto tra le violenze perpetrate contro qualsiasi forma di dissenso e i messaggi fuorvianti veicolati tramite i mezzid’informazionefedeli al governo Maduro. «Conosciamo le politiche repressive del governo Maduro. La nostra ricerca documenta casi in cui vi è stata un’elevata correlazione tra stigmatizzazione pubblica e arresti arbitrari politicamente motivati. Questa correlazione è un nuovo indicatore diuna sistematica politica di repressione che conduce alla persecuzione, un crimine contro l’umanità su cui il Tribunale penale internazionale è chiamato a indagare», ha dichiarato Erika Guevara-Rosas, direttrice per le Americhe di Amnesty International. Cosa si intende, però, per stigmatizzazione?Già nel 2011, il Relatore speciale delle Nazioni Unite sugli “Human Rights Defenders”, aveva definito questo fenomeno comelatendenza da parte degli organi dello Stato e dei mass media a descrivere gli attivisti per i diritti umani come “terroristi”,“nemici dello Stato” o “oppositori politici”, con l’obiettivo di delegittimarne il lavoro. Da anni ormai il Venezuela sta attraversando una drammatica crisi economica. Secondo quanto riportato dal Global Network against Food Crises, un’agenzia sovvenzionata dall’ONU, nel 2019 la crisi alimentare ha raggiunto livelli senza precedenti, attestandosi come la quarta più grave al mondo, dopo Yemen, Repubblica Democratica del Congo e Afghanistan. Dal 2015 abbiamo assistito a un vero e proprio esodo:oltre un sestodei venezuelani è fuggito dal Paese, scatenando quella che le Nazioni Unite hanno definito una delle “emergenze rifugiati” più gravi del Pianeta. Non è certo un caso quindi che negli ultimi anni il rapporto sinergico tra le testate giornalistiche vicine a Maduro e la repressione delle proteste si sia rafforzato ulteriormente: nel periodo esaminatosi sono registratipiù di 1.200 arresti arbitrari. Servendosi dei dati raccolti e applicando unaserie di modelli statistici,le due Ong sono giunte a risultanti inquietanti: nel 2019 vi sarebbe stata una correlazione tra i due fenomeni nel 29% dei casi, nel 2020 sarebbe salita al 42% e nel 2021 avrebbe sfiorato il 77%. Il nesso tra la stigmatizzazione da parte dei mezzi di comunicazione e gli arresti arbitrari per motivi politici varia di anno in anno a seconda delle diverse forze di sicurezza coinvolte. Nel 2019, nel 74% dei casi erano stati i servizi d’intelligence (Direzione generale del controspionaggio militare e Servizi segreti bolivariani nazionali);nel 2020, nel 92% degli arresti erano intervenute le unità della Polizia bolivariana nazionale, tra cui le Forze speciali d’azione;nel 2021, infine, hanno operato maggiormente organi civili e decentrati, come la polizia municipale e i Corpi d’indagine scientifica, penale e criminale. Inoltre, si è osservato che da gennaio 2019 a giugno 2021, lo stretto legame tra la narrazione discriminatoria portata avanti dal programma televisivoConel mazodandoe gli arresti di natura politica compiuti dai servizi militari è sfociatonel 94% dei casiin processi di civili davanti atribunali militari. I mezzi di comunicazione coinvolti sono sia privati che pubblici, portali web, programmi televisivi e blog: in particolare,El MazoDando,Misión VerdadeLechuguinos. Nella maggior parte dei casi si tratta dicontenuti e format finanziati dal regime,come nel caso della rete televisiva nazionale Venezolana de Televisión (VTV). Non è raro che il Ministero del Potere Popolare for Foreign Affairs (MPPRE) pubblichi i suoi servizi sul proprio sito web. Al momento ilTribunale penale internazionaleha aperto un’indagine sui crimini contro l’umanità in Venezuela. Le tre organizzazioni hanno quindi chiesto all’Ufficio del Procuratore di inserire i risultati della ricerca nel fascicolo giudiziario.