Farmaci, Ssn: abbiamo speso 20 miliardi nel 2022

Gli ultimi dati pubblicati dall’Agenzia Nazionale del Farmacoevidenziano unacrescita dei costi dei medicinalidi circa1 miliardo di euro ogni anno.Un bel problema per un sistema come il nostro, dove il pay back grava sulle aziende. Partiamo da una certezza: il Servizio Sanitario Nazionale (Ssn) in Italia garantisce la cura e la tutela della salute, permettendo a ogni individuo l’accesso all’assistenza sanitaria in maniera gratuita (salvo il pagamento di un ticket). Purtroppo, però, in un Paese in cui il debito pubblico continua a salire e ifondi alla sanità continuano a subire tagli, non sempre tutto ciò è possibile. È anche per questo motivo che è diventata indispensabile l’attuazione di unapianificazione finanziaria all’insegna dell’economicità, dove quantità e livello di prestazioni sanitarie concesse siano regolate. Anche nell’ambito deimedicinaliè stato introdotto un sistema di governance che prevede2 tetti massimideilivelli assistenziali che possono essere raggiunti:il primo riguarda lafarmaceutica convenzionata, ovvero tutte quelle medicine che vengono acquistate in farmacia tramite la ricetta sanitaria; mentre il secondo è per lafarmaceutica ad acquisto diretto,legata ai medicinali ospedalieri. Lanormativafissa unapercentuale sul fabbisogno sanitario nazionale standardche è pari al 14,85%, oltre la quale è previsto un sistema dirimborso che grava tramite il pay back sulle aziendee, in parte, sulleRegioni. Ogni anno la normativa ha lapossibilità di incrementare o ridurre le singole percentualianche in relazione all’oscillazione dei prezzidei medicinali e del fabbisogno assistenziale. Analizzando approfonditamente i budget di riferimento, emerge un problema persistente: un collo di bottiglia. Se da un lato, nella farmaceutica convenzionata, una parte del budget di riferimento rimane inutilizzata (nel 2022 si sono raggiunti quasi 730 milioni di euro), dall’altro tra ifarmaci distribuiti negli ospedalisi crea un enormedisavanzo. Lo scorso anno su untetto di circa 9 miliardie mezzo di euro ne sono statispesi 12.249miliardi, con un gap in negativo di 2.694 miliardi. Una cifra che dovrà essere sostenuta per il 50%, e dunque per oltre 1,3 miliardi, dalle aziende farmaceutiche e per la parte restante dalle Regioni. Un sistema spesso al centro di dibattiti e critiche a causa dell’incertezza che grava sulle imprese, le quali finiscono per sobbarcarsi un onere del quale non hanno responsabilità; un sistema ormai arrugginito che non fa che incrementare le spese dello Stato, alle quali quest’ultimo non riesce a rispondere. Nel2022secondo l’Agenzia Italiana del Farmacosono statispesi 20.504,6 miliardi di euro,mentre nel 2021 eravamo a 19.456,7 miliardi. Una crescita che procede a ritmo decisamente troppo sostenuto e chepotrebbe, nel 2023, superare i 21 miliardi.Secondo le stime diIqvia,laspesa farmaceuticaad acquisto diretto arriverà a 13 miliardi a fronte di un tetto stimato di circa 9,7 miliardi di euro. In questo contesto, in cui gli interessi in gioco sono molteplici, diventafondamentale il ruolo delle istituzionia tutti i livelli: perché se da una parte è necessariocontenere i costi,dall’altra è fondamentalegarantire l’assistenza sanitariaa tutti i cittadini e investire sull’innovazione, incoraggiando il progresso medico. Con questi obiettivi, laCommissione Europea ha presentato unaproposta per riformare il settore farmaceutico,intervenendo sulle disposizioni per la tutela regolatoria. Infatti, l’introduzione di nuovi farmaci sul mercato è sottoposta a una tutela brevettale, che protegge l’invenzione e che è valida per 20 anni, e una tutela dei dati regolatori di 10 anni (che si dividono in 8+2). La proposta dellaCommissione è di ridurre questo lasso di tempo a 6 anni,permettendo dopo questo periodo a un’altra azienda che vuole produrre un generico o biosimilare di utilizzare i dati del farmaco e iniziarne il processo di valutazione all’Ema(Agenzia Europea per i Medicinali). Così che, previo esito positivo, dopo altri 2 anni di esclusiva del mercato il farmaco possa essere distribuito, fatta salva la presenza di periodi aggiuntivi di tutela cumulabili che permettono di arrivare fino a 12 anni per aziende particolarmente innovative. Un meccanismo che, tuttavia, necessita di trovare un equilibrio perché, se è vero che l’innovazione è fondamentale, è anche vero che sono proprio questi i farmaci con un costo maggiore. Il rischio è quello diaggravare il peso dei conti pubblicisenza incrementare l’accessibilità delle medicine rendendol’innovazione una scelta d’élite.